Giacomo Lercaro

cardinale italiano (1891-1976)

Giacomo Lercaro (1891 – 1976), cardinale e arcivescovo italiano.

Giacomo Lercaro

Citazioni di Giacomo Lercaro modifica

  • E comincia così il Concilio, comincia con la Costituzione di Liturgia e finisce con la "Gaudium et spes"; la Costituzione con cui la Chiesa dice al mondo: "Io sono al mondo, condivido le vostre speranze, le vostre gioie, i vostri timori e le vostre pene, io non posso risolvere tutti i vostri problemi, ma quello che ho di doni da Dio, di verità e di grazia, io sono qui per mettermi a vostra disposizione per la risoluzione dei problemi che travagliano il mondo". E ultimo di questi problemi la "Gaudium et spes" esamina il problema della guerra e della pace. Così il Concilio senza volerlo – direi, per un "gioco" della Provvidenza che tante volte ha giocato nel Concilio – comincia con la gloria di Dio e finisce con la pace degli uomini; come "Gloria in excelsis Deo et in terra pax hominibus". Queste due frasi degli angeli sulla capanna di Betlemme, racchiudono, formano l'introduzione e la conclusione del Concilio.[1]
  • Quando la comunità cristiana saprà trovare la sua ragione di essere raccogliendosi attorno all'altare, noi assisteremo indubbiamente ad un suo notevole riaffermarsi e ad una sua immensa valorizzazione spirituale.
    Ma sarà anche, siamone certi, un passo decisivo verso l'incontro con i nostri fratelli separati, e soprattutto con le Chiese d'Oriente, che hanno sempre posto nella liturgia il centro della loro vita, riconducendo tutto verso di essa e attingendo tutto da essa.
    Le opere caritative, l'istruzione religiosa, la vita comunitaria, la teologia... che altro c'è nell'Oriente cristiano che non sia inserito nella liturgia? Forse, potremmo dire, attraverso la circolazione di grazie e di doni che c'è, malgrado le nostre divisioni, all'interno del Corpo del Signore, l'Oriente non è del tutto estraneo al merito di questa riscoperta.
    Sarà perciò attraverso un approfondimento nella vita liturgica che noi diverremo capaci di meglio comprendere l'anima dei nostri fratelli orientali: e questo ci potrà preparare infine ad un incontro con loro che non sia fittizio o effimero. E poi, anche al di là di ciò che potremmo verificare o di ciò che crediamo di sapere, non è forse nella preghiera liturgica che già si realizza misteriosamente l'unità di tutta la Chiesa? E non è forse soprattutto attraverso questa preghiera che si può affrettare il compimento visibile di questa unità?[2]
  • [...] se la Chiesa è «sacramentum», essa possiede certamente un corpo, un «di fuori». Ma, proprio come nel Cristo e nei riti sacramentali, questo corpo e questo «di fuori» sono soltanto il segno di una più profonda realtà misteriosa. A questa realtà invisibile – che è l'azione esercitata in essa da Dio – debbono essere completamente subordinate la sua struttura visibile e le sue istituzioni; esse trovano infatti la loro ragione di essere soltanto nella misura in cui esse sono conformi all'invisibile e poste al suo servizio. E questo non rappresenta poca cosa, dal punto di vista ecumenico, perché i nostri fratelli separati ci rimproverano spesso – e non sempre a torto! – il nostro giuridismo: e cioè l'eccesso di esteriorità – di istituzionalità – che caratterizza il nostro modo di concepire e di vivere la Chiesa.[3]

Note modifica

  1. Da Panoramica sul Concilio Vaticano II , raccoltalercaro.it, 17 giugno 2019.
  2. Da La Costituzione liturgica e l'ecumenismo , § 21, raccoltalercaro.it, 22 giugno 2019.
  3. Da La Costituzione liturgica e l'ecumenismo, § 27.

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