Francesca Marciano

attrice, scrittrice e sceneggiatrice italiana

Francesca Marciano (1955 – vivente), scrittrice, sceneggiatrice e attrice italiana.

Francesca Marciano nel 2013

Storie dal mondo

Intervista di Valentina Pigmei, minimaetmoralia.it, 25 giugno 2015.

  • [Come molti tuoi personaggi, sei stata attratta da luoghi lontani, esotici, misteriosi. Anche tu "ostaggio della bellezza"?] Da bambina fantasticavo avventure in luoghi lontani, esotici, misteriosi. Ho cominciato leggendo Salgari, per poi innamorarmi di Conrad. Sono andata via dall'Italia appena finito il liceo, partita d'impulso per New York, senza sapere bene perché, pensando che avrei studiato cinema per un semestre e invece ci sono rimasta per sette anni. Poi dieci anni in Kenya, quando ero già grande. Ripensandoci ora penso che la cosa che mi ha sempre attratto — e ancora mi attrae — all'idea di cambiare paese e cambiare vita, è quella di trovarmi in quello stato a metà tra l'incertezza e l'eccitazione, la vulnerabilità e l'euforia, che mi ha sempre fatto sentire viva, vigile, più me stessa che mai.
  • [Il titolo originale della tua raccolta The Other language (L’altra lingua) a cosa si riferisce?] In tutti i racconti i personaggi si muovono in realtà che non sono le loro, in culture diverse di cui devono imparare le regole e il "linguaggio". Io stessa ho scritto il mio primo libro in inglese perché vivevo in Kenya, ma da sempre ho sentito che possedere due lingue mi ha dato una grandissima libertà: è come assumere due diverse personalità. La prima è quella della propria lingua madre, legata all'infanzia, ai genitori, al proprio paese, mentre la lingua acquisita diventa la lingua della vita adulta, dove non ci sono testimoni, e dunque si è più liberi, meno inibiti dalle convenzioni della propria cultura. Per me scegliere di scrivere in inglese è stato una specie di tradimento che mi ha permesso però di essere più sincera. Almeno io l'ho vissuta così. Credo che anche per Nabokov, Conrad, Beckett debba essere stato un processo simile. Forse anche loro nel tradire le loro lingue madri si sono sentiti più liberi, più "nuovi".
  • [In sostanza è la ricerca di un altro punto di vista?] Sì. È uno spostamento impercettibile che però inquadra la realtà in un modo diverso, come possedere un grandangolo. O forse un dolly. A volte mi pesa leggere i giornali italiani, specialmente in questi anni difficili. Siamo troppo attorcigliati su noi stessi, sulle nostre beghe politiche, le polemiche, i risentimenti. Il resto del mondo è completamente sparito dal nostro immaginario, e dunque anche i temi più vasti, più importanti, quei temi che riguardano tutti, come i diritti umani, la conservazione del pianeta, le guerre. A noi interessa solo il nostro condominio. Questo rimpicciolimento mi fa paura, temo che sia come una mancanza di ossigeno. Toglie energia, e finisce per soffocarci.
  • [Oggi abiti in Italia, cosa ti manca degli Usa e dell'Africa dove hai abitato a lungo?] Dell'Africa mi manca tutto: gli spazi, i colori, la sensazione di essere solo un puntino insignificante, le relazioni che nascono in posti dove ci si sente esposti alla natura, gli animali, i pericoli. Dell'America mi manca la vitalità, ma anche quello sguardo largo, che abbraccia un orizzonte più grande del nostro. Un paese dove si parla ancora animatamente di etica, letteratura, arte, dove '’è posto per tutti. Dove la tolleranza è una cosa seria.
  • [E dell'Italia cosa ti manca quando non ci sei?] Nuotare nel Mediterraneo, i cornetti e il cappuccino, le stagioni che cambiano, l'amichevolezza, il calore. Gli amici, gli amici, gli amici.

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