Fescennino

verso o canto popolare e satirico in uso nell'Antica Roma

Citazioni sul fescennino, verso o canto popolare e satirico in uso nell'Antica Roma.

  • Da principio la satira scenica era semplice maldicenza, quale apparve l'antico fescennino italico, quale si mantenne la pasquinata romana. (Angelo De Gubernatis)
  • I Fescenini presero il loro nome da Fescennio, villaggio posto a mezzodì dell'Etruria, ma sono generalmente proprii dell'Italia media. Essi erano un elemento di un divertimento campagnuolo, venivano rappresentati in liete occasioni, e quelli che vi prendevano parte uscivano in reciproci motteggi, in rudi arguzie secondo il gusto grossolano del popolo e simili. Quest'uso che si praticò in origine anche nelle feste villereccie (p. es. dopo la messe, alla festa della dea Tellure e del dio dei boschi), si vide a poco a poco ridotto in più breve cerchia e limitato alle nozze. Quando, caduta la repubblica, la poesia artistica si appropriò i Fescennini, essa li tolse in parte dal loro lato burlesco, in parte dal loro uso nelle nozze. (Wilhelm Siegmund Teuffel)
  • M. Catone soprannominava Fescennino un tal Cecilio, pel suo spirito mordace; e Ottaviano, triumviro[1], scrisse fescenninos contro Asinio Pollione, ai quali questi non osò replicare per la ragione che non est facile in eum scribere qui potest proscribere[2]. D'altra parte il petulante diverbio fescennino venne dalla campagna anche in città, o era comune alla città e alla campagna, come parte della festa nuziale; e il fescennino designò (anzi questo è il significato più comune) la licenza libertina (procax fescennina, locutio), i licenziosi carmina nuptialia, coi quali, secondo il noto costume, si festeggiavano e insieme si pigliavan di mira gli sposi. (Carlo Giussani)
  1. Gaio Giulio Cesare Ottaviano, detto l'Augusto, triumviro dal 43 al 33 a.C. e primo imperatore romano.
  2. Non è facile scrivere a chi può proscrivere.

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