Emerson Fittipaldi
dirigente sportivo ed ex pilota automobilistico brasiliano
Emerson Fittipaldi (1946 – vivente), pilota automobilistico brasiliano.

Citazioni di Emerson Fittipaldi
modificaCitazioni in ordine temporale.
- Dal quasi disinteresse per le corse passammo in un attimo alla massima attenzione. Il lunedì mattina, in qualunque bar di San Paolo, ci si chiedeva: "Com'è andato ieri Emerson nel tale Gran Premio in Europa?". [...] La grande passione per i Gran Premi, improvvisa e fortissima come tutte le passioni del Brasile, imposero in pratica una gara sul nostro territorio. E a quei tempi l'unico circuito possibile per una gara iridata era Interlagos, che il mondo scoprì subito come un circuito eccezionale. Era lungo quasi otto chilometri [...], continuamente in salita o discesa a eccezione dei lunghi rettilinei che consentivano velocità pazzesche. La curva 1 e la 2, due sinistre molto veloci, erano paraboliche, più inclinate che a Indy. La Ferradura un tornante sinistro largo, estremamente veloce. E la Curva do Sol un'altra curva di oltre 180 gradi, destra e velocissima: si chiamava così perché quando eri a metà curva ti trovavi il sole in faccia, e per un paio di secondi era impossibile mantenere la vista a fuoco perfetto. Dopo il Nurburgring, che era senza dubbio il tracciato più difficile e affascinante al mondo, Interlagos aveva subito il suo posto.[1]
Intervista di Roberto Boccafogli, formulapassion.it, 11 febbraio 2021.
- [Sul Gran Premio d'Italia 1970] Venerdì [...] Chapman mi affidò per le prove libere una Lotus completamente nuova [...]. L'avrei dovuta rodare: il sabato l'avrebbe presa Jochen per puntare alla pole, alla vittoria in gara e quindi, in pratica, assicurarsi il titolo senza aspettare la tripla trasferta americana [...]. Ricordo ogni secondo di quella sessione. La mia Lotus era praticamente senza alettoni: a quei tempi a Monza si raggiungevano velocità folli in rettilineo. Ci stavo prendendo le misure quando a un certo punto mi trovai Jack Brabaham in scia: non volevo che mi superasse, ritardai la frenata e persi completamente il punto, tanto che scavalcai di slancio la Ferrari di Giunti ma andai mostruosamente lungo, finendo fuori pista e distruggendo la Lotus nuova. Non mi feci male, ma avevo il terrore di tornare ai box. Colin, in occasioni di quel tipo, sapeva essere durissimo. Invece mi venne incontro e chiese: "Cosa è successo?. Non commetti mai errori del genere: ha ceduto qualcosa?". Lo rassicurai: errore totalmente mio. Provammo tutti sollievo. Rindt dovette però scendere in pista con una monoposto usata: il giorno dopo si ammazzò con quella. [...] probabilmente, senza il mio errore, avrei dovuto correrci io... Ma sono ragionamenti del dopo: quel giorno tutto fu distrutto dalla morte di Jochen.
- Accadde tutto per caso. Merzario stava provando in Italia, mi pare sul circuito di Balocco, e la Firestone non aveva fatto in tempo a completare la produzione dei suoi pneumatici. Quel test era gestito dall'ingegner Carlo Chiti: seppe del ritardo Firestone e per non perdere la sessione impose che inviassero comunque i pneumatici. Quando arrivarono, si rivelarono senza scanalature: erano completamente lisci. Arturo venne invitato a girare con grande attenzione, ma demolì subito il record della pista. Le slick nacquero così.
- [Sull'addio alla Lotus] La goccia che fece traboccare il vaso fu a Monza. Vincendo in Italia, sarei stato più che in corsa per il titolo. La pole andò a Ronnie; Stewart e la Tyrrell faticavano. Ci mettemmo d'accordo affinché nelle battute finali, se Ronnie fosse stato davanti a me, mi avrebbe fatto passare. A poco più di dieci giri dalla fine, lo avvicino per preparare il sorpasso. Ma lui niente. Cerco qualche segnale dal nostro muretto ma non ne trovo. Spingo ancora di più, mi faccio vedere nei suoi specchietti. Ma la mia monoposto non era più perfetta: avevo vibrazioni, problemi in frenata. Lui tenne duro e vinse; io a otto decimi; Stewart quarto a oltre mezzo minuto. Arrivai ai box imbufalito: il team non seppe darmi una spiegazione valida. Si ruppe un'atmosfera. Decisi di andare in McLaren.
- [Sul campionato mondiale di Formula 1 1974] La Philip Morris [...] voleva un nuovo team, sul quale investire. La McLaren era giovane ma molto promettente. Era agile, piena di gente motivata. [...] Il team non aveva grandi ricchezze economiche ma lavorava molto bene. Io portai la mia esperienza [...]. La monoposto era nata bene, ma soprattutto progrediva cambiando moltissimo quasi di gara in gara. Eravamo fortissimi sulle curve veloci, anche se la Ferrari, nostra rivale numero uno, aveva i cavalli in più del suo 12 cilindri. Ma noi cambiavamo, cambiavamo. Anche sulle piste più lente [...] trovavamo sempre la quadra giusta, spesso durante le stesse prove per il Gran Premio. A fine anno vinsi il titolo anche grazie agli errori Ferrari [...]. Ma noi eravamo fortissimi e facemmo tutto giusto. Non si vince un Mondiale [...] se non si sfrutta il massimo del proprio potenziale: monoposto, team, pilota. Noi lo facemmo, e fu una soddisfazione gigantesca. La Ferrari di quella stagione era molto forte. Niki Lauda l'aveva resa grande con la sua capacità di analisi, di test. E poi diventò presto molto veloce. Ma io ero due volte campione del mondo. Quando tornai in Brasile, ero un eroe.
Citato in Roberto Boccafogli, formulapassion.it, 8 dicembre 2021.
[Sul Gran Premio degli Stati Uniti d'America 1974]
- Quel weekend in America lo ricordo come il mio massimo stress da pilota. Venivamo da un rush incredibile nell'ultima parte di campionato; era la prima occasione iridata per la McLaren [...]. La pressione era altissima. Neanche per i GP a casa mia in Brasile, o a Monza 1972 dove mi ero giocato il primo titolo, avevo sofferto una tensione del genere. La notte prima della gara avevo dormito soltanto tre ore, e male: insolito, per me. [...] Ma quello fu un weekend strano. L'atmosfera era tesa [...] fra noi piloti, nonostante io avessi rapporti ottimi sia con Clay sia con Niki [...] ci sfuggivamo l'un l'altro. Cercavamo di non incontrarci. Che la Ferrari non fosse in grande forma si vedeva dai tempi; ma neanche noi lo eravamo, e ci concentrammo [...] su ogni piccolo dettaglio. Dopo la qualifica deludente, lavorammo fino a tardissimo per montare tutti pezzi nuovi [...]. Non ci avrebbe aiutato più di tanto sui dossi del circuito, che ci mettevano in difficoltà; ma per arrivare davanti a Clay dovevo per prima cosa tagliare il traguardo. Un ritiro mi avrebbe quasi certamente tagliato fuori dalla lotta per il titolo [...]
- Passai ogni ora, ogni minuto con il team. Anche in albergo: eravamo al Glen Motor Inn, vicino al lago. Non era una reggia, ma tutto il paddock era lì. E del resto i dintorni erano anche peggio. La gara a Watkins Glen non era soltanto un Gran Premio: era un evento locale, quasi un raduno all'interno del grande camp che circondava il circuito. Mentre noi cenavamo al sicuro del nostro hotel, sui prati intorno migliaia di persone bevevano. Ascoltavano musica a volume proibitivo e accendevano fuochi; ricordo che venne bruciato qualche bus, la situazione non era proprio sicurissima...
- Mi trovai per la prima volta vicino a Clay soltanto quando ci schierammo per il via. La sua Ferrari era poco più indietro rispetto a me: la sentivo, più che vederla. [...] non partii bene, alla prima curva passò prima Clay. [...] ma gli presi subito la scia. Alla esse successiva lo attaccai [...] all'interno: lo affiancai quasi ma lui fu durissimo, mi fece andare sull'erba [...]. Mi sorprese quel suo comportamento: era uno corretto. Quindi capii che tutto si sarebbe deciso presto. Riuscii a non girarmi fuori pista, tornai sull'asfalto e lo attaccai nuovamente, anch'io forzandolo verso l'esterno. Lui vide il muso della mia McLaren affiancato al suo, ma io avevo il vantaggio della maggiore velocità presa in scia e lo superai. Da quel momento, mi obbligai a non girare più lo sguardo dal mio alettone anteriore: spinsi come in qualifica per due-tre giri, senza degnare di attenzione neanche il mio muretto. Ma sentivo che la Ferrari era dietro, e che non riusciva ad avvicinarsi. [...] tenni la concentrazione esclusivamente sui rumori della mia McLaren, sulle vibrazioni, su segnali strani. Niente era perfetto, ma non arrivò neanche un allarme e ce la feci ad arrivare quarto. [...] Reutemann e Pace erano imprendibili, là davanti. Pochi secondi davanti a me c'era Hunt, ma non pensai neppure per un secondo a provare di avvicinarmi. [...] delle Ferrari nessuna traccia. Sotto la bandiera a scacchi la stanchezza mi prese all'improvviso. [...] Avevamo vinto.
Citazioni su Emerson Fittipaldi
modifica- Attualmente la mia stima è per Emerson Fittipaldi, perché è il classico pilota che, oltre ad essere veloce, sa cavarsela anche quando la sua vettura non è all'altezza di quella degli avversari, emergendo alla distanza. (Arturo Merzario)
- Il segreto di Emerson Fittipaldi [...] era il binario di Fangio. Fu proprio il suo grande scopritore, Colin Chapman, fondatore e anima della Lotus, a farmi questa rivelazione nel 1972, anno della corona iridata. Eravamo al Gran Premio del Belgio, che si correva sulla nuova pista di Nivelles. "Vai a osservarlo alla Curva 2 o alla Curva 3 e scopri dove mette le ruote, tutte all'interno del cordolo, a grande velocità". Era la grande invenzione di Juan Manuel Fangio, che utilizzava su tracciati da brivido, come Reims. Infatti, quel metodo era proprio detto il suo binario. E a Nivelles, per la prima volta, fui colpito dalla bravura di Emerson, che percorreva le curve più veloci come il campionissimo argentino. Ne parlammo a fine prove, ma lui, sempre modesto, a venticinque come a quarant'anni, si limitò a dire che era tutto merito della Lotus 72, una grandissima regina della Formula 1, con doti di stabilità, di deportanza e di efficienza strabilianti. Era l'effetto-Chapman, come devozione e riconoscenza al suo grande scopritore. [...] Sempre con il suo sorriso aperto, che spalancava con semplicità a ogni elogio, senza mai un commento a sostegno. Fiumi di parole soltanto per la macchina, che considerava sempre la componente principe di tante sue vittorie. Ditelo ai giovani campioni del giorno d'oggi. Spiegate loro quanto si possa restare modesti anche dopo i più grandi successi mondiali. (Enrico Benzing)
Note
modifica- ↑ Citato in Roberto Boccafogli, Il ragazzo venuto dal Brasile, formulapassion.it, 14 novembre 2021.
Voci correlate
modifica- Christian Fittipaldi – figlio
Altri progetti
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