Carmelo Pittera

allenatore di pallavolo italiano

Carmelo Pittera (1944 – vivente), allenatore di pallavolo italiano.

Citazioni di Carmelo Pittera

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  Citazioni in ordine temporale.

  • Il problema che dobbiamo affrontare oggigiorno è la scomparsa dell'educazione fisica "informale". Oggi i bambini non giocano più sulla strada, non entrano in relazione l'uno con l'altro in modo casuale, le strutture sono sempre quelle di gruppi fissi e, sfortunatamente, i genitori, pur coscienti che i loro figli necessitano di movimento, li portano nei vari clubs dove trovano scuole sportive, ma non è questo ciò di cui hanno realmente bisogno i bambini. Essi hanno bisogno di giocare in attività che permettano loro di prepararsi per quando si troveranno nelle condizioni psicologiche, sociali e fisiche per entrare nel mondo dello sport. [«E quale sarebbe quest'età?»] Fino ai 10 anni non è il mondo dello sport ciò di cui ha bisogno un bambino. Un bambino di 5 anni fa tennis in un club e sta male. Che interesse potrebbe esserci? Non è che un bambino di 5 anni non debba entrare in un club. Deve andarci, ma si dovrebbe dare ai ragazzi ciò che un tempo dava loro la strada: il gioco.[1]
  • [«Come fanno [...] i genitori a decidere che sport far fare ai propri figli?»] Non sono i genitori a doverlo decidere. Sono i bambini stessi che lo devono fare. La saggezza propria dei ragazzi garantisce che la scelta che prenderanno poi sarà quella giusta.[1]

Intervista di Maurizio Nicita, gazzetta.it, 30 novembre 2017.

  • Quando allenavo la Paoletti [primo club siciliano a vincere uno scudetto, era il 1978, ndr] appena finivo correvo in altre palestre di Catania o anche nelle scuole e sui campi di calcio per vedere bambini allenarsi. Mi ha sempre affascinato il movimento, lo sviluppo degli schemi motori, come il cervello lavora per elaborarli.
  • Papà ripeteva sempre: "In casa ho un asino e una chitarra". Il metaforico suono della chitarra era quello di mio fratello, medico e poi primario. L'asino ovviamente ero io perché mi occupavo di sport, ritenuto inferiore.
  • Studi neuroscientifici hanno confermato che da 0 a 10 anni il movimento è responsabile del cognitivo, mentre da 11 anni il cognitivo diventa responsabile del motorio. Quando si va verso la terza età c'è una nuova inversione, come un cerchio che si chiude e si torna a essere come da bambini. Ecco perché ora si comincia a parlare dell'attività cognitivo-motoria da 0 a 99 anni. Stiamo sperimentando a vari livelli. Dai bambini agli anziani. Ai primi sarebbe bene, fino almeno agli 8 anni, non insegnare una disciplina sportiva, ma far sviluppare loro schemi motori attraverso strade ludiche e cognitive connesse a linguaggi e simboli di diversa natura, che possano aiutare a pensare da soli e migliorare i sistemi percettivi, utili allo sviluppo successivo di una attività agonistica.
  • Non so cosa significhi vecchio. Io nella mia vita ho sempre esplorato, imparato e a volte qualcosa ho pure insegnato. Sono stato sempre avanti nelle mie scelte, spesso anche non capite.
  • Far crescere bene i nostri ragazzi, al di là della disciplina che poi praticheranno una volta cresciuti, significa anche avere un Paese più sano che spende meno per la sanità.

Da un'intervista a Repubblica Sport; citato in volleynews.it, 10 settembre 2018.

  • La pallavolo è uno sport semplice ma anche complessissimo da giocare. Ci sono dei meccanismi esatti, come quelli di un orologio.
  • [Sul mondiale di pallavolo 1978, primo importante risultato della nazionale italiana col secondo posto finale] Il PalaEur era impressionante. Molti ragazzi li avevo portati in nazionale da Catania, avevamo vinto quell'anno il primo scudetto di una squadra siciliana nella storia dello sport italiano. I giocatori erano identificati con le città nelle quali erano nati: i catanesi giocavano a Catania, i torinesi a Torino, i milanesi a Milano. Creammo in due settimane un seguito formidabile. Ma era talmente fuori dal mondo che l'Italia potesse giocare bene a pallavolo che durante la finale, tale era l'impreparazione anche della Rai, interruppero il collegamento per mostrare una corsa ippica.
  • In un certo senso, è attraverso lo sport che il comunismo ha iniziato a sfarinarsi, gli atleti erano i pochissimi sovietici che potevano viaggiare, informarsi, vedere con i loro occhi quanto accadeva nel nostro mondo.
  • [«[...] quel Mondiale fu la nostra fortuna»] Iniziammo a studiare. E creammo il programma Volley '85, con Alexander Skiba e altri grandi allenatori dell'area sovietica. La Generazione di Fenomeni nacque così, Velasco arrivò a lavoro completato e si trovò in mano una squadra di ragazzi selezionati e impostati dal nostro lavoro febbrile, che non viene molto spesso ricordato, purtroppo.
  1. a b Da un'intervista al Clarín; citato in "Oggi i ragazzi non giocano sulla strada", fundacionpittera.com, 24 ottobre 2017.

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