Carlo Tenivelli

storico e poeta italiano

Carlo Tenivelli (1754 – 1797), storico e poeta italiano.

Carlo Tenivelli

Biografia piemontese

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  • Dal felice innesto di Gisola[1], e di Adalberto venne alla luce Berengario II marchese d'Ivrea, e re d'Italia, del quale siamo ora per dire quel tanto, che di lui ci lasciarono scritto Liutprando, e altri antichi istorici, e dopo di quelli illustrarono i chiarissimi Muratori, e Denina.
    Il nostro Berengario portò seco dalla nascita quello spirito, e quelle prerogative, che constituiscono un buon sovrano, e lo rendono amabile a' suoi sudditi, e rispettabile agli stranieri. II suo padre era un dabben principe, e limosiniero, ma perché portava ai fianchi una lunga spada, e in varie contingenze mostrossi ora a pro del suocero, ed ora contrario acquistò il titolo odioso di Adalberto lunga spada, e corta fede. (Decade prima, pp. 131-132)
  • L'anno mille, e due essendo passato da questa vita Ottone III imperator de' Romani re di Germania, e d'Italia per veleno datogli, come si ebbe sospetto da Teofania, già vedova di Crescenzio Patrizio, e in ultimo concubina, o moglie del medesimo imperatore, i principali vescovi, e altri baroni Italiani radunatisi insieme e tenuto opportuno consiglio, determinarono di avere un re nazionale, e concordemente nominarono re d'Italia Ardoino marchese d'Ivrea come quegli, che era a sufficienza potente, ed avea ragione al trono come discendente dagli altri re d'Italia di nazione Italiani. Le ragioni che egli avea sopra il regno non poteano essere né più vive, né più recenti, giacché era nipote di Berengario II, e pronipote di Berengario I re d'Italia, e imperatore. Ma molto più si guadagno i voti de' grandi con la sua destrezza, e virtù, colla quale prevalse, e fu da più tenuto degli altri conti, duchi, e marchesi. (Decade prima, pp. 177-178)
  • Tale si era il concetto, che s'avea in Italia del valor di Broglia, che Bonifacio IX chiamò a se il Broglia, lo creò confaloniere, e gli diede il generalato delle armi sue Pontificie: e i cittadini d'Assisi, quella città in que' tempi così popolata, e ragguardevole sollevatisi contro Ceccolino[2], che tiranneggiavali con aggradimento del Papa, loro signor diretto si elessero a sovrano il Broglia Piemontese, come l'unico, il quale a loro giudizio potesse reggerli in buona pace, e difenderli colle armi dai loro nemici. Così Broglia dopo essere passato per tutti i gradi della milizia al capitanato, e al generalato delle armi passò anche dalla condizion di privato gentiluomo a quella di principe. (Decade terza, pp. 84-85)
  • [Ceccolo Broglia] Allo ingrandimento di lui si aggiunse, che i Fiorentini, i quali negli anni avanti lo avevano provato nemico, per soggiogar Siena, che sempre fu l'oggetto delle conquiste di quella repubblica lo crearono capitan generale del loro esercito con onorato stipendio convenevole a un tanto uomo. Così il Broglia nel seguente anno si mise in campagna contro alle città di Perugia, che erasi ribellata al Pontefice, e di Siena, che non volea sottomettersi ai Fiorentini. Fu gloriosa, e insigne la sua spedizione per molta preda, e vittoria contro ai nemici. Entrò in seguito nella Marca d'Ancona, sbaragliò i Malatesta, suoi antichi nemici, e finalmente nel Casentino diede battaglia al conte di Puppio, e ritornò trionfante, e carico di spoglie in Assisi. Ma giunto era Broglia al colmo della sua fortuna, e non dovea più inanzi progredire. (Decade terza, p. 85)
  • [Ceccolo Broglia] Lo compiansero i Fiorentini, che ne fecero portare in Duomo il cadavere dandogli onorevole sepoltura, e vestendo a lutto tutti i domestici di lui, che non doveano esser pochi. La memoria di Broglia restò in venerazione in quella città, e il santo Arcivescovo Antonino, che a quella Chiesa presiedeane avea fatta onorevole menzione. Sforza, e Tartaglia, degni allievi di Broglia fecero tanto onore al loro maestro, che passò come in proverbio il dire un uomo Brogliesco per dire un uomo, che sa distinguersi nell'arte della milizia. (Decade terza, p. 86)
  • [...] fra i capitani di questa famiglia [Cane], siccome in valor militare, così in fama, e potenza fu assai riputato Bonifacio II, ossia Bonifacino, conosciuto nelle istorie sotto il semplice nome di Facino Cane. Questi non contento della privata fortuna s'insignorì di Pavia, Como, Novara, Albiagrasso, Cassano, Varese, Monte Brianza, Romagnano, Rosato, Canturio, Valsasio, ossia Valsana Biandrate, e il lago maggiore, e terre adiacenti sino al luogo di Vogogna [...]. (Decade terza, p. 118)
  • [...] Papa Nicola intraprese un altro viaggio in Toscana a riveder la sua diletta chiesa di Firenze, che non avea pur anche rinunziata. Ma qui infermatosi passò a miglior vita circa il dì ventidue di luglio 1061 con rincrescimento di tutti i buoni, che ne compiansero la morte. Fu sepolto nella chiesa di S. Reparata; come raccontano tutti gli Storici. Il Muratori benché poco disposto a lodar pontefici lo chiamò benemerito della santa Sede, e degno di maggior vita. In altri luoghi lo chiama vigilantissimo, e il Cardinal d’Aragona dice, che sotto questo Pontefice fiorì la chiesa di Dio per santità, e dottrina. Veramente sembra incredibile, che questo nostro compatriota in due anni, e cinque mesi di Pontificato abbia avuto tempo a tenere un concilio, e tante sinodi, riunire alla Romana chiesa i vescovi Longobardi, conciliare colla medesima i Normanni, e farsegli tributarj, e fare ancora diversi viaggi nella Puglia, Calabria, Ombria, e Toscana. (Decade quarta, pp. 18-19)

Citazioni su Carlo Tenivelli

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  • Come, secondo che bene osserva il Botta, i popoli sollevati, nei primi impeti loro prima che gli scaltri e i tristi abbiano fatto i loro maneggi per tirare a sé le cose, sogliono ricorrere a personaggi autorevoli per dottrina e per bontà; così quegli incauti e scapigliati popolani corsero alla casa del buon Tenivelli, che era veramente amico del popolo e per cittadino di libero sentire tenuto, e con preghiere e minacce e grida, lui inscio[3] e a suo malgrado, secondo alcuni, fra cui il Botta, oppur connivente benché con moderati intendimenti di libertà fautore, trassero, nuovo Masaniello in piazza affinché in lode del popolo e della libertà perorasse e le tasse dei comestibili condannasse. Io non credo che così semplice e delle cose ignaro fosse invero, come il Botta afferma, il povero Tenivelli, perché ciò è inconcepibile in un uomo d'ingegno dato in particolar modo agli studi storici e avvezzo a trattar mutazioni, ravvolgimenti di principi e popoli; credo sì che ei dovette ad ogni modo acconciarsi ai voleri della plebe che nei tumulti de' ciompi, la è sempre una fiera scatenata. Tanto bastò perché fosse arrestato, giudicato e condannato ferocemente a morte; onde vittima degli altrui falli venne fucilato il 13 agosto 1797, alle ore cinque di mattina. (Felice Daneo)
  • Sebbene il Tenivelli mostri non mediocre acume e discernimento critico nel giudicare degli storici che lo precedettero e singolare diligenza metta nella ricerca dei fatti e nell'esame dei fonti e documenti; non si può dire tuttavia che un rigoroso pregio istorico abbiano le sue narrazioni in cui talvolta s'incontrano delle incoerenze e anco delle amplificazioni retoriche, come si suol dire, e per amore di municipio si pregiudica talvolta alla realtà storica. (Felice Daneo)
  • Viveva a questi tempi in Moncalieri un uomo dottissimo, e tanto buono, quanto dotto, dico Carlo Tenivelli, autore elegante di storie piemontesi. Questi, alieno dalle opinioni dei tempi, avverso per natura, siccome quegli, che italianissimo era, da quanto venisse d'oltre Alpi, ed oltre a ciò di costume molto indolente, e non curante, non avendo attività alcuna, se non per iscrivere storie, non aveva a niun modo mente a muover cose nuove, e molto meno quelle, che si assomigliassero alle francesi[4]. Devoto alla Casa di Savoia, dedito, anche con singolare compiacenza, ai nobili, non era uomo, non che a fare, a sognar rivoluzioni. Per me, quando considero la natura sua, e quella del Lafontaine, celebrato favolatore di Francia, mi pare, che non mai chi crea tutto, abbia creato due nature tanto l'una all'altra somiglianti, quanto quelle di Tenivelli, e di Lafontaine, solo ed unicamente in ciò differenziandogli, che l'uno era formato per aver ad essere uno storico egregio, l'altro un favolatore eccellente. (Carlo Botta)
  1. Gisla del Friuli (876 circa-913) figlia di Berengario I, re d'Italia dall'888 al 924.
  2. Ceccolino dei Michelotti, detto anche Ceccolino da Perugia (ca. 1353-1419), fonte DBI.
  3. Dal latino inscius, ignaro, contrario di conscio.
  4. Si allude ai coevi eventi della rivoluzione francese.

Bibliografia

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