Carlo Marenco
scrittore e drammaturgo italiano (1800-1846)
Carlo Marenco (1800 – 1846), scrittore e drammaturgo italiano.

Citazioni su Carlo Marenco
modifica- Carlo Marenco fu uomo di retta e generosa indole; giusto, leale e sincero, padre di famiglia così affettuoso e pio che l'amor della gloria, benché sia il maggior bene di un poeta, non antipose a quello della prole; cittadino integerrimo, savio, operoso, fu de' suoi provvido amministratore; pieno di affetto per gli amici, semplice di modi e cortese, in lui avresti facilmente veduto l'animo altamente virtuoso. Gran concetto egli ebbe della poesia e del culto delle lettere, e fu uno de' più nobili e virtuosi intelletti de' tempi nostri in Italia. (Felice Daneo)
- Era di giusta e proporzionata statura, la fronte avea quasi sfuggente, inarcate le ciglia e l'occhio parlante; capelli quasi scomposti, sime le nari[1] e le labbra sporgenti, ma tale un complesso cha a sé traeva e a stima e venerazione invitava. Tale di lui fecero testimonianza quanti lo conobbero. (Felice Daneo)
- Nelle prove giovanili aveva seguito la scuola e l'arte dell'Alfieri; ma dopo letto il Carmagnola e l'Adelchi di Alessandro Manzoni, prese anch'egli a coltivare il dramma storico, cercando di temperare il concetto alfieriano con quello della nuova scuola romantica. Togliendo da questa l'ampio svolgimento dell'azione senza tener conto delle unità convenzionali di tempo e di luogo, evitò la troppo studiata semplicità e parsimonia dell'Alfieri nei personaggi e nelle particolarità varie, non senza però trascorrere talvolta nel vizio opposto; ma restò a lui fedele nell'arte di formare, avviluppare e scioglier l'intreccio. (Giovanni Mestica)
- Non ebbe dell'Alfieri la forza dei concetti, l'impeto delle passioni e la nervosità dello stile; né ebbe, quanto è necessario, il profondo senso storico più proprio del genere drammatico a cui s'era messo; ma seppe dare esplicazione all'elemento popolare, ben rappresentare gli aspetti, specialmente nelle donne, e lumeggiare il patriottismo temperato per lo più nel sentimento domestico e religioso, con intento morale cercato spesso anche a scapito degl'intrinseci pregi dell'arte. All'altezza veramente tragica non salì; le sue produzioni più che tragedie son drammi nel senso comune della parola. L'ingegno di lui era per questo genere medio; e migliori sono le sue produzioni, dove l'argomento meglio a ciò rispondeva. Anche lo stile è piuttosto per dramma che per tragedia; nell'elocuzione poi spiacciono certi latinismi, arcaismi[2] e durezze varie, stonanti con l'ordinaria andatura piana di essa. (Giovanni Mestica)
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