Arrigo Solmi

storico e giurista italiano

Arrigo Solmi (1873 – 1944), storico, giurista e accademico italiano.

Arrigo Solmi

Stato e Chiesa

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  • Il problema teorico dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa poté essere proposto solo dopo che la Chiesa si costituì di fronte allo Stato, come potere autonomo, dopo che la Chiesa si manifestò come una forza ultrapolitica, svolgentesi nello Stato e contro lo Stato. Sotto l'impero romano, la Chiesa, divenuta, dopo la conversione, istituto di diritto pubblico, è considerata come autorità dipendente dall'imperatore, il quale vi esercita il pieno potere sovrano. Essa andava tuttavia raccogliendo gli elementi della sua futura grandezza; e a questi fu dato di operare all'aperto e di estrinsecare le attività avverse a tale asservimento politico, appena intervenne la caduta dell'impero d'Occidente e appena la fondazione degli stati ariani, per opera dei barbari vincitori, trasformò sostanzialmente il rapporto ch'era intercorso fin qui tra lo Stato e la Chiesa. (cap. I, p. 2)
  • Ovunque si costituì uno Stato ariano, ivi si determinò per la prima volta una tendenza rivolta a disciogliere la Chiesa dai legami, che l'avevano fino allora avvinta all'impero, e a segnare i limiti di una separazione netta e recisa tra la Chiesa e lo Stato. Quel gruppo ariano di barbari, militarmente organizzato, che gravò da prima sulla società romana dissoluta, ebbe, dalla diversità della religione, un forte impulso per mantenersi immune dall' azione dell' organismo romano, per proclamarsi indipendente, in materia di fede, dal pontefice e dall'imperatore, per sottrarsi all'influsso potente del clero. (cap. I, p. 8)
  • Nella seconda metà del secolo IX, la soggezione della Chiesa allo Stato viene apertamente oppugnata, e Incmaro di Rheims (806-882), che ebbe posto eminente nella vita politica di Francia, riassume le tendenze e i propositi del tempo, in numerosi scritti politici, ove si giunge talvolta a scientifica efficacia, e che portarono l'ultimo colpo alla decadente autorità regia. (cap. II, p. 30)
  • L'ideale carolingio di un impero universale, ove il potere del re investe tutto l'ordinamento temporale ed ecclesiastico, era declinato rapidamente. La regalità è divenuta ora una forza a servizio della Chiesa, e i limiti all'autorità regia non sono dati soltanto dai doveri morali che il re ha verso Dio e verso i suoi rappresentanti terreni, ma sono affermati e contrapposti dalla gerarchia ecclesiastica stessa, la quale detta al re, per mezzo delle norme canoniche e dei vescovi, le regole del governo. Qui la sottoposizione dello Stato alla Chiesa è chiaramente proclamata. Il re è una forza, un mezzo tra le mani della Chiesa, che gli è superiore e lo dirige [...]. (cap. II, p. 32)
  • Wezilo di Magonza nega il potere di ribellarsi all'autorità politica, poiché, se il re viene designato dall'elezione popolare, esso è tuttavia, nell'essenza, di origine divina; e, una volta eletto, non può essere deposto dalla sua dignità, poiché acquista carattere necessario. Così al potere assoluto del re, si fa corrispondere un dovere, nel popolo, di assoluta obbedienza; e al concetto dì Stato sì accompagna necessariamente l'immagine di un potere illimitato e teocratico [...]. (cap. VI, pp. 109-110)
  • Nel sistema ierocratico di Gregorio VII, ogni resistenza agli ordini del pontefice costituiva una violazione del diritto; e il concetto di giustizia sembrava quindi risolversi nel concetto di ubbidienza a quanto ordina il papa. (cap. VI, p. 126)
  • Una differenza sostanziale e profonda, tra il concetto agostiniano dello Stato e quello del medio evo, si era generalmente insinuata nella essenza stessa della vita medievale, in virtù delle nuove teorie, che gli scrittori del periodo carolingio avevano create o rappresentate. Dove lo Stato, per S. Agostino, non è che opera ed interesse della città mondana[1]; per i politici del secolo IX, lo Stato rappresenta già l'effettuazione del regno divino da uno dei suoi lati, e consegue perciò il valore d'un organo di giustizia e di pace entro la cristianità. (cap. VII, p. 142)
  • Nel concetto di Pietro Crasso, la legge canonica e la legge civile tendono a conseguire, rispetto alla loro validità, una parificazione; e si differenziano soltanto, per l'indole della materia che trattano e per gli scopi specifici cui sono rivolte. L'una e l'altra sono di origine divina: il diritto canonico è emanazione degli apostoli e dei loro successori, e si rivolge alle persone e ai negozi ecclesiastici; il diritto civile è opera degli imperatori e dei re e attende alla vita umana e agli interessi secolari; ma l'uno e l'altro devono essere rispettati in comune dal clero e dal popolo, sotto pena di incorrere nel sacrilegio. (cap. VIII, p. 203)

Incipit di alcune opere

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Il pensiero politico di Dante

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Per comprendere il pensiero politico di Dante, giova richiamarsi, anche con fuggevole cenno, alla realtà storica dei suoi tempi; poiché, è noto, Dante, che fu sommo poeta, perché fu uomo nel più profondo senso della parola, non derivò soltanto dagli studi la sua coscienza civile, ma principalmente dalla vita, a cui si mescolò con impeto nella sua città e nell'esilio.
Venuto da famiglia di antica nobiltà cittadina, tradizionalmente gelosa delle libertà comunali, allorché le divisioni politiche in Firenze si erano fatte più profonde, nel contrasto degli interessi e degli ideali, L'Alighieri era stato naturalmente guelfo, quando il guelfismo voleva dire opposizione aperta e tenace alle velleità di dominio di una riottosa e orgogliosa nobiltà terriera, che, forte per il possesso degli aviti castelli e di larghe rendite fondiarie, si era accampata nella città, costruendovi torri minacciose, e avendo preteso di legare la vita cittadina agli interessi di un feudalesimo d'origine barbarica e straniera.

Storia del diritto italiano

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La storia del diritto italiano studia il diritto del popolo italiano nel suo svolgimento storico, e ne dà una scientifica trattazione. Essa muove dal momento che segna il sicuro inizio della formazione e della storia del popolo italiano, sorto dalla serie degli antichi popoli ormai commisti ai nuovi invasori; lo segue, salendo, nei varî atteggiamenti assunti allorché esso giunge ad una più omogenea costituzione, finché lo adduce alle forme della sua vita odierna. Limiti estremi di tempo di questa storia sono, dunque, conformemente ai termini accolti nella definizione suesposta, da una parte l'anno 476 d, C., che, con la fine dell'Impero di Occidente, indica la rovina del mondo romano e il nascere d'un popolo nuovo, e dall'altra i tempi nostri. I limiti di spazio sono chiaramente segnati dai confini geografici, che chiudono il territorio, dove si maturarono le creazioni della civiltà italiana. Lungo il corso di questa civiltà si mostrano singolarmente evidenti i vincoli, che collegano alla vita del diritto quella di ogni altra manifestazione sociale: arte, lingua, letteratura, pensiero, costume.

  1. Onde deriva il senso dispregiativo dello Stato, che emana più volte dalle opere di S. Agostino. [N.d.A.]

Bibliografia

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Altri progetti

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