Apelle

pittore greco antico

Apelle (375-370 a.C. circa – fine IV secolo a.C.), pittore greco antico.

Tiepolo: Apelle ritrae Campaspe, favorita di Alessandro Magno, (1740 circa)

Citazioni di Apelle modifica

  • Nessun giorno senza una linea.[1] [Così Apelle intendeva dire che non trascorreva nessun giorno senza esercitarsi nella pittura.]
Nulla dies sine linea.

Citazioni su Apelle modifica

  • Nei soggetti che concedevano libera facoltà al genio di Apelle, egli amava trattare di preferenza, conforme al sistema di Zeusi[2] suo predecessore, quelli che non ammettevano gran numero di personaggi. Una Diana circondata da un coro di vergini, destò grandissima ammirazione: ma la sua Venere Anadiomene[3], si tenne come un capo d'opera cui null'altro poteva essere paragonato. (Pierre Toussaint de Chazelle)
  • Nessuno meritò meno di lui di essere scopo alle calunnie della malevolenza: affabile con chicchessia, la sua borsa era sempre aperta agli amici, e le grandi ricchezze che aveva ammassate alla corte di Alessandro, gli diedero frequente occasione di spargere i suoi beneficii sopra artisti poco agiati. Soleva d'altronde assisterli coi suoi consigli, e parlare con lode delle loro opere, per facilitarne lo smercio. (Pierre Toussaint de Chazelle)
  • Sebbene Zeusi abbia avuto al tempo suo fama di pittore eccellente, tale non fu se non paragonato a quelli che lo precedettero, o anche, se si voglia, di alcuni che fiorirono di poi, ma non mai al paragone di Apelle, che fu eccellente nelle sue opere, come nella riputazione di tutti. (Guglielmo Della Valle)

Carlo Roberto Dati modifica

  • Aveano la natura e l'arte in diversi soggetti fatto ogni loro sforzo per sollevar la pittura a quella suprema altezza di perfezione alla quale arrivar potesse la mano e l'ingegno dell'uomo, e se avessero in Zeusi in Parrasio e in Timante fermati i progressi loro, ciascheduno senza dubbio avrebbe stimato che meglio di costoro non si potesse operare. Ma quando ambedue in Apelle s'unirono, dotandolo d'uno spirito e d'una grazia, che pareva trascender l'umanità, e con lungo, assiduo, e diligente esercizio lo corredarono d'una pratica e d'un amore, che franchissimo lo rendevano e indefesso, e che per terza a favorirlo s'aggiunse la fortuna di quel felicissimo secolo, in cui furono in tanto pregio le scienze e l'arti più nobili, chiaramente si vide che tutti gli altri, i quali senza questo paragone apparivan perfetti, erano stati studj ed abbozzamenti per disegnare e colorire questo vivo ritratto della perfezione celebrato e magnificato dagli scrittori di tutti i secoli, perché non ebbe l'antichità (bench'egli pure fosse in verità superabile) niuno che giammai l'agguagliasse.
  • Anche in quell'opere sì ben condotte che fecero stupire il Mondo, soleva con titolo sospeso e imperfetto scrivere, APELLE FACEVA, come se fossero sempre abbozzate, né mai finite, lasciandosi un certo regresso all'emenda. E fu atto di gran modestia, che quasi sopra tutte scrivesse, come se fossero state l'ultime, e che sopraggiunto dalla morte non l'avesse potute perfezionare, giacché di radissimo o non mai vi pose, APELLE FECE.
  • Dopo aver condotto l'opere, usava metterle a mostra sopra lo sporto, non a pompa, perch'era modestissimo, ma per ascoltare, stando dietro, i mancamenti censurati dal volgo, da lui stimato miglior giudice di sé medesimo. E si dice che notandolo un calzolajo, per aver fatto ne' calzari un orecchino o fibbia di meno, insuperbitosi, perché Apelle tale errore avesse emendato, il giorno seguente cavillò non so che della gamba. Sdegnatosi Apelle s'affacciò e disse: il calzolajo non passi oltre la scarpa: che pure andò in proverbio.
  • Ebbe per costume inviolabile che per occupatissimo ch'egli fosse, non passò giorno nel quale egli non tirasse qualche linea, per mantenersi su l'esercizio, e non infingardirsi la mano. Onde nacque il proverbio: Niun giorno senza linea.

Note modifica

  1. Citato in Plinio il Vecchio, Nat. hist., lib. XXXV, cap. 36, § 12. Traduzione di Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, Milano, 1921, p. 360, § 1090.
  2. Pittore greco antico vissuto nella seconda metà del V secolo a.C.
  3. Anadiomene vale sorgente dal mare. Atenéo riferisce che Apelle concepì l'idea di dipingere Venere nata dal seno delle onde, scorgendo la cortigiana Frine, di cui era innamorato, arrossire di esser veduta senza velo uscir dal bagno. [N.d.A.]

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