Antonmaria Bonetti

militare, giornalista e scrittore italiano

Antonmaria Bonetti (1849 – 1896), militare, giornalista e scrittore italiano.

Antonmaria Bonetti

Il volontario di Pio IX

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Citazioni

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  • Passato Corese si trova la stazione di Monterotondo. Mi ricordai della vergognosa e vigliacca vittoria ottenuta dai Garibaldini l'anno innanzi[1], e la tremenda disfatta toccata loro, un chilometro più lungi sulle colline di Mentana[2]. Dopo Monterotondo non s'incontra più altro che isolati casali come la Marsigliana, nelle vicinanze dei quali accampò l'eroe dei due mondi, e che fu poi da una mano di valorosi, cui voleva stritolare col calcio de' suoi fucili, cacciato al di là del confine, mentre proprio si credea di stringere in pugno la vittoria di Roma. (cap. 3, Il Zuavo, pp. 21-22)
  • [dialogo tra zuavi pontifici]
    — E Garibaldi (chiese il Visconte di Lassere) lo vedeste mai durante il combattimento?
    — Chi? Garibaldi? Puh! l'avessimo pur visto, che avremmo provato di essere più bersaglieri di quelli di Pallavicino, o dei cacciatori del Tirolo; ma l'amico, da quell'uomo prudente ch'egli è, dopo le prime fucilate credette bene di eroicamente ritirarsi a spron battuto a Monterotondo, donde poi la sera andò a Corese per provvedere a presiedere alla fuga de' suoi campioni. Non è vero tromba, disse il vecchio Sergente Leutermens, uno dei veterani di Castelfidardo?
    — Verissimo: e poi basta dimandarlo ai paesani di Mentana e di Monterotondo, ché tutti sel sanno e vel dicono, fino a' gatti, che io credo gli fischiasser dietro all'eroe in quella giornata. Chi aggiunge anzi che era più bianco del fazzoletto con cui s'asciugava il sudore, e v'è fin qualche maligno che giura di averlo visto piangere.
    —Di dolore forse per la strage de' suoi?
    —Che dolore e che strage, se vi dico che era allora allora cominciata la zuffa.
    —Allora di che piangeva?
    —Di paura forse?
    —Oibò! Di coraggio!
    —Bene!
    —Bravo!
    —Bravissimo! (cap. 6, Monterotondo e Mentana, pp. 51-52)
  • Pensare ad una seria resistenza [contro le truppe italiane che si preparavano ad invadere lo Stato Pontificio] era follìa, ché non v'era da sperare con fondamento in alcuno umano soccorso. Doveasi dunque cedere senza colpo ferire, senza almeno una protesta solenne ed incontestabile? No: sarebbe stato un disertare dalla bandiera del diritto e della giustizia, dalla bandiera innalzata da tutti i Successori di S. Pietro fino a Pio IX, su cui sta scritto – Non possumus! – Del resto poi aprendo le porte alle truppe italiane sarebbe stato uno schiudere l'adito a tutte le calunnie, le menzogne gl'inganni della Carboneria. È vero che facendo resistenza si griderà contro l'inutile spargimento di sangue, il procedere troppo odioso per un Vicario di un Dio di pace e di conciliazione; ma a questi sciocchi e sacrileghi latrati di Cerbero non daranno ascolto che gli empi e i ciechi. (cap. 16, La Guerra Franco-Germanica. Timori ed Apparecchi, pp. 140-141)
  • Spuntavano i primi albori del 20 Settembre 1870[3], giorno di lutto, di strazio, di desolazione per tutti i fedeli, che sarà incancellabile negli annali delle umane iniquità, finché il Giudice supremo dei vivi e dei morti, chiamerà al suo cospetto nella valle fatale tutti i creati a rendergli conto delle loro opere, dei loro delitti. (cap. 20, L'Attacco e la Resa, p. 165)

Lettore, io non mi dilungo più innanzi, premendomi di non abusare della tua pazienza. Io non ti chieggo che compatimento; felice se con questa mia povera, ma non lieve fatica, avrò saputo procurarti un qualche ricreamento, di mezzo ai tempi tristissimi in cui viviamo. Da tre anni uso a maneggiare solamente la spada e il moschetto, non posso avere, e non ho, la pretensione con questo mio racconto di offrirti qualcosa di istruttivo e di elegante; ma unicamente ho voluto dare pubblicità alle notizie degli episodi, che io stesso, per avervi preso parte, o per averle attinte dalla viva voce de' testimoni oculari, posso garantire, non ostante la mancanza di dati positivi e di documenti ufficiali, sopra la più grande catastrofe, il più nefando, delitto che siasi perpetrato ai nostri giorni, in onta e scherno a tutte le leggi divine e umane, di tutti i secoli e di tutte le nazioni. La tua indulgenza supplisca dove vedrai aver io mancato al mio assunto, e vivi felice!

Bibliografia

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  1. Il 26 ottobre 1867.
  2. Il 3 novembre 1867.
  3. Giorno della breccia di Porta Pia e della presa di Roma.

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