Antonino Trizzino

giornalista italiano (1899-1973)

Antonino Trizzino (1899 – 1973), giornalista italiano.

Antonino Trizzino nel 1954

Navi e poltrone modifica

Incipit modifica

Lo storico futuro dovrà spiegare come l'Italia, possedendo il segreto di un mezzo d'offesa formidabile, l'aerosiluro, non credette di doverlo sfruttare e preferì, invece, entrare nel conflitto[1] senza aver pronta una sola di queste armi, particolarmente idonee alla guerra marittima. L'indirizzo della politica estera italiana, assecondato dalle sfere militari, portava, prima o poi, all'urto con l'Inghilterra. Il che significava: quattro quinti delle frontiere metropolitane esposti alla invasione dal mare, centinaia di migliaia di italiani e posizioni strategiche da difendere oltremare. Era sul mare, dunque, che bisognava rafforzarsi con ogni mezzo. Ciò non accadde per incompetenza, per interessi personali, per mancanza di senso di responsabilità e per ignoranza.

Citazioni modifica

  • Mentre l'aviazione italiana boicottava il siluro, arma, a parere dei suoi capi, dispendiosa e superflua, quella inglese, invece, studiava il modo di eliminare il grosso della flotta italiana, nel golfo di Taranto, proprio con una bene aggiustata salva di siluri da lanciare con gli aerei. (cap. 2, p. 14)
  • La disfatta subìta senza combattere dalla marina italiana, nella notte dall'11 al 12 novembre 1940, decise le sorti della guerra tra l'Italia e la Gran Bretagna. Taranto fu la Trafalgar italiana. (cap. 4, p. 28)
  • Non si può ricordare senza un senso di umana pietà l'ammiraglio Campioni, trucidato, dopo un mostruoso processo, durante la guerra civile che insanguinò il paese[2]. Si è tentati di passare oltre, senza soffermarsi su quanto lo riguarda, commossi dalla sua tragica fine. Ma per la verità, non si può omettere di dire che la sua condotta, come comandante in capo delle forze navali, non fu esente da gravi mende. E stupisce che dopo Taranto, che per il Campioni fu una sconfitta, o comunque un insuccesso di vaste proporzioni, avendo perduto tre delle sei corazzate che gli erano state affidate, egli sia stato assunto a un posto di più alta responsabilità. Infatti, il 10 dicembre 1940, fu nominato sottocapo di stato maggiore della marina: egli divenne il supremo ispiratore e il coordinatore delle operazioni navali, perché il capo si stato maggiore, nello stesso tempo sottosegretario di stato, era assorbito dall'attività politica. (cap. 4, p. 33)
  • Nel tirare le somme degli errori che portarono a tanti disastri non è possibile ignorare la responsabilità di chi accentrò nelle sue mani la preparazione militare del paese: cioè di Mussolini, che dopo essere stato per una quindicina d'anni ministro allo stesso tempo della guerra, della marina e dell'aviazione, pretese di essere anche il supremo comandante in guerra delle tre armi. (cap. 13, p. 129)
  • Onusto di gravi responsabilità per il disastro di Taranto del 12 novembre [1940] e di discredito per i fatti ingloriosi di capo Teulada avvenuti quindici giorni dopo, [Inigo Campioni] andava ad assidersi nella poltrona di sottocapo di stato maggiore della marina, dove si installò, come abbiamo detto il 10 dicembre successivo, prendendo nelle sue mani la direzione della guerra marittima, in compartecipazione con l'ammiraglio Riccardi.
    Ciò conferma, dunque, che si poteva mancare al proprio dovere non solo senza pericolo di sanzioni, ma con la probabilità di riceverne una ricompensa. (cap. 14, p. 151)

Explicit modifica

Occorre liberarsi dall'eredità del recente passato; non lasciare che nelle nostre tradizioni militari entrino usi ed esempi rovinosi; voci, sospetti e dubbi non debbono esistere su coloro a cui si affidano le vite di milioni di persone e l'avvenire del paese. Nessun cittadino può sentirsi sicuro se non è certo che l'onore militare ispira i suoi difensori.

Note modifica

  1. Nella seconda guerra mondiale.
  2. Imputato di tradimento per aver obbedito agli ordini del Regno del Sud e aver difeso Rodi dall'invasione tedesca, Campioni fu condannato a morte dal Tribunale speciale per la sicurezza dello Stato e fucilato il 24 maggio 1944 a Parma.

Bibliografia modifica

  • Antonino Trizzino, Navi e poltrone, I super pocket, volume 26, Longanesi, Milano, 1968.

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