Ambra Sabatini
atleta paralimpica italiana (2002-)
Ambra Sabatini (2002 – vivente), atleta paralimpica italiana.
Citazioni di Ambra Sabatini
modificaCitazioni in ordine temporale.
- [Sull'amputazione della gamba sinistra all'età di 17 anni a causa di un incidente stradale] Smettere di correre non era un'alternativa.[1]
- Della corsa mi piace che devi contare soltanto sulle tue forze: il risultato della gara dipende unicamente da te. Il lavoro di squadra qui sta nella collaborazione con l’allenatore e i tecnici.[1]
Ambra, il sogno è realtà: «Nella nuova vita dopo l'amputazione ho trovato oro e amore»
Intervista di Claudio Arrigoni, Corriere della Sera, 5 settembre 2021.
- [Sul suo ragazzo] Alessandro, fa atletica anche lui. Ci conosciamo dalle medie, ma eravamo solo amici. Quando ero in ospedale, come regalo per il suo compleanno chiese ai suoi di farsi portare da me a Firenze.
- [Sul suo debutto agonistico] Feci una gara a Siena: caddi alla partenza e all'arrivo. La settimana dopo agli Assoluti di Iesolo incontrai Monica a Martina. Con le protesi facevo molta fatica. Cambiò tutto quando la Fispes, la Federazione paralimpica che segue l'atletica, mi permise di utilizzare una protesi fatta dall'Inail.
- [Sul podio tutto italiano nei cento metri alle Paralimpiadi di Tokyo 2020: lei prima, con record del mondo, Martina Caironi seconda e Monica Contrafatto terza] Mi ero immaginata centomila finali diversi. Così belli mai. [...] Vincere così è meraviglioso. Fra noi c'è un bel clima. In questi mesi ho passato molto tempo con Martina e Monica, siamo amiche e nello sport l'amicizia è più solida.
- [Sull'amputazione della gamba sinistra all'età di 17 anni a causa di un incidente stradale] Stavo andando agli allenamenti, l'atletica faceva già parte della mia vita. Fu fondamentale la mia famiglia: mamma, papà e mio fratello sono punti di riferimento.
- Un amico mi fece avere un video che Alex Zanardi aveva fatto per me. Fu importante. Quando ho saputo del suo incidente ho pianto. Ma lui non molla, lo so. Lo ha insegnato a me, a noi tutti.
Umberto Zapelloni, ilfoglio.it, 20 agosto 2022.
- Ho sempre amato lo sport. Da bambina facevo pattinaggio artistico, poi ho cominciato con la pallavolo perché era uno sport un po' più dinamico, ma dentro un palazzetto mi sentivo oppressa e così ho provato con l'atletica, anche perché avevo un sogno: arrivare alle Olimpiadi. Ho cominciato a correre tornando a casa dagli allenamenti di pallavolo, facevo più o meno cinque chilometri... non mi sono più fermata.
- [«Stava andando ad allenarsi in motorino dietro a suo papà quando un’auto ha invaso la corsia»] Non ho mai perso conoscenza in ambulanza fino a Careggi. In ospedale dicevo a tutti di sbrigarsi perché dovevo andare all'allenamento. Poi, quando ho capito, ho cominciato a pensare a Pistorius, a Martina [Caironi] che avevo visto in gara a Grosseto. Nella mia testa ho deciso subito che avrei continuato a fare sport e ho pensato: meglio se la amputano del tutto piuttosto che lasciarmi zoppa. Volevo tornare a correre. Sapevo che con una protesi sarebbe stato possibile. Non mi sono data per vinta. Ho solo cambiato specialità... [...] Sono stata fortunata. Molte persone dopo un incidente come il mio devono reinventarsi, trovare una via per esprimersi ancora. Io ce l'avevo lì a portata di mano. Volevo fare l'atleta e avrei continuato a farla.
- All'inizio ho avuto un periodino in cui mi preoccupavo degli sguardi addosso. Poi ho capito che non devi farti fermare dall'ipotetico giudizio di uno sconosciuto. Adesso vado al mare senza protesi perché poi quando mi tuffo mi piace sentire il mare. All'inizio la nascondevo un po', quasi mi vergognavo. Adesso invece quando non si vede cerco di farla notare anche scegliendo certi abiti. Alla fine la protesi è qualcosa in più. Non è stato facile imparare a camminare, all'inizio era tutto un saltellamento, sentivo la protesi come un corpo esterno, estraneo, pesante, non pensavo che ce l'avrei fatta, ma poi mi ci sono abituata, è stata come una magia e adesso la mia vita è più piena di prima dell'incidente.
Giuliana Lorenzo, ultimouomo.com, 14 novembre 2023.
- [«Pensi di avere più talento o dedizione?»] [...] Dedizione, perché soprattutto con l'atletica è sempre stata una lotta. Ho iniziato in seconda media e ho fatto tre anni di pallavolo. Poi, mi sono dedicata alla tecnica, avevo questa corsa che era, come dire: orrenda! Le mie ginocchia erano basse, facevo mezzofondo, quindi gare lunghe e faticose con tanto lavoro di testa. Pian piano, sono migliorata tantissimo, ho corretto tutti gli errori tecnici. Penso che la mia qualità sia più la passione anche perché talento, in termini sportivi, non ne ho mai avuto tanto. Forse l'ho avuto nella fatica, nell'andarci d'accordo e nel puntare tutto su quello.
- Non sono portata per gli sport di squadra semplicemente perché mi piace che il risultato dipenda solo da me. Ho fatto pallavolo per tanto tempo e sentivo che quello che accadeva in campo non sempre era condizionato dal mio rendimento. È una cosa bella poter contare su altre persone, ma il fatto che ciò che raggiungi è merito tuo e anche ovviamente dello staff che ti sta intorno, mi fa stare meglio. Non mi sento sola perché ci sono i compagni di allenamento, il coach, il tecnico della protesi. È una sorta di lavoro "d'insieme" anche se non sembra, visto che quello che appare alla fine è l'atleta. Nel momento della gara sai che devi contare solo sulle tue forze, ma mi piace questa sensazione.
- Io non ritengo che l'atleta paralimpico sia proprio un eroe, non credo nell'eroismo. Siamo persone normali, affrontiamo sfide, abbiamo ostacoli in più da superare e lo facciamo pure durante la quotidianità. Ci sono più barriere, ma nel momento in cui si sorpassano si acquisisce più forza.
- [«Come funziona con la protesi? Io me la immagino come una scarpa che deve calzare a pennello ma forse non è così»] Non è stata una passeggiata, perché la zona è molto sensibile dopo una amputazione. Ci sono nervi che si devono ancora abituare, la gamba a volte cambia forma. Succede tutt'ora quando è estate, con il caldo, la protesi va un po' più larga e allora va aggiustata, oppure cammino e sudo di più, piccoli fastidi. Va detto che la tecnologia ha fatto dei passi in avanti immensi, un tempo era inimmaginabile pensare di poter fare tutto questo. [...] In generale, però, una persona che ha avuto un’amputazione non sa da dove iniziare. Le protesi da corsa costano meno di quelle quotidiane, almeno per adesso. Hanno componenti meccanici, non elettronici. Il mio ginocchio da cammino quotidiano è elettronico e costa 77mila euro... quello da corsa dovrebbe essere in tutto tra i 15 e i 20mila.
- Appena ho fatto l'incidente il mio unico pensiero era tornare a correre, anche perché mi trovavo in una fase della vita in cui l'unica cosa che contava era fare l'atleta. Ero mezzofondista con un livello regionale abbastanza buono, a livello nazionale potevo cavarmela e quindi pensavo soltanto a quello. Sapevo di poter gareggiare ancora perché ero a conoscenza dell'esistenza delle protesi. Durante tutto il ricovero mi sono informata su ogni cosa, così come sul percorso di Martina [Caironi, nda] e Monica [Contraffatto, nda]. Nel frattempo, quando mi hanno dimesso ho iniziato a fare quello che potevo. Prima di tutto, nuoto: [...] avevo intenzione di gareggiare ai campionati studenteschi, poi c'è stato il Covid e purtroppo non li ho potuti fare. Pian piano mi sono data al ciclismo: ho legato al pedale, con una sciarpa, il piede della protesi perché altrimenti sfuggiva. Ho iniziato a fare giri nel cortile di casa, perché in quel periodo c'era il lockdown. Poi, mi sono procurata una bici da corsa su strada [...]. Quando la situazione con il Covid si è assestata, sono andata a Budrio [dove c'è il Centro Protesi Vigorso, nda] per fare la mia prima protesi da corsa, un anno dopo l'incidente.
- [...] a me le cicatrici piacciono tantissimo, raccontano qualcosa di noi, è quasi come un tatuaggio. Tra l'altro, penso che siano un segno di vittoria: ne ho alcune sul braccio e non me ne sono mai vergognata. Inizialmente, ho fatto un po' fatica ad accettarle, ma ad un certo punto le ho viste come qualcosa che mi rendeva unica e speciale, che raccontava una storia. Questo è il mio rapporto con il mio corpo: mi sento in qualche modo speciale.
Note
modifica- ↑ a b Dall'intervista di Nadeesha Uyangoda a Vanity Fair Italia nº 51, 2021; ripubblicato in Ambra Sabatini, perfettamente imperfetta, vanityfair.it, 16 dicembre 2021.
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