Alberto Luca Recchi

fotografo italiano

Alberto Luca Recchi (1955 – vivente), esploratore, fotografo, giornalista e scrittore italiano.

Citazioni di Alberto Luca Recchi modifica

  • [«[...] dalla finanza ai fondali, dai bilanci alle barriere coralline... Come ci sei arrivato?»] Come ho raccontato spesso, la scintilla è scoccata in Sardegna nel 1961. Osservavo un tizio che riaffiorava di continuo portando a riva delle enormi cernie. Pensavo: guarda un po' quali grandi creature si nascondono pochi metri più giù dei nostri piedi. Il "tizio" in questione si chiamava Mike Bongiorno. Io lo osservavo o, meglio, ammiravo quei grandi pesci misteriosi che, fino a qualche minuto prima, scorrazzavano in acqua con tutta la loro imponenza senza far rumore, senza inutili esibizionismi. Un mondo intero; una popolazione dalle mille sfaccettature che volli, assolutamente, conoscere; dialogare con "lei".[1]
  • Credo che tutti noi dentro siamo esploratori, poi c'è chi supera più facilmente la sua zona di confort e chi ci rimane. Sono attratto dall'ignoto, sono sicuramente predisposto al rischio; d'altronde se non si ha il coraggio di lasciare la spiaggia non si scopriranno mai nuovi orizzonti. Però, contemporaneamente, mentre ne sono particolarmente affascinato sono anche molto consapevole che di vita ce n'è una sola; quindi non sono spavaldo né spericolato, anzi sono pauroso anche in mare, e quindi prudente. Il mio rapporto con la paura è di estremo rispetto, perché il coraggio non mi ha mai salvato la vita, ma la paura tante volte! Quindi il mio suggerimento è di seguirla la paura — non necessariamente di vincerla — ma quella motivata, quella dei rischi concreti; sono molto svizzero quando vado sott'acqua, sono molto attento. Temo che mi passino sopra con l'elica, che mi perdano in mezzo al mare, di impigliarmi in una rete o di fare un errore quando do da mangiare agli squali, ma non il fatto che ci siano — non li considero così pericolosi — perché hanno di meglio di cui cibarsi.[2]
  • Di squali, in mare, ne ho incontrati tanti in vita mia, ma quelli più pericolosi e feroci si trovano senz'altro sulla terraferma.[3]
  • Il mare ci dà sostanzialmente tre grandi doni: mitiga il clima, e questo lo farebbe sia un mare in salute che un mare malato; però gli altri due sono legati soltanto ad un mare sano e sono l'assorbimento dell'anidride carbonica — perché noi emettiamo un'infinità di gas serra, molti più di quanti siano tollerati da un ambiente sano, come i combustibili fossili che bruciamo per le macchine, per le industrie, per il riscaldamento; e come l'allevamento, perché anche gli animali contribuiscono; i bovini e i ruminanti emettono infatti metano — e tutto questo va a finire nel mare che lo assorbe, lo purifica e ce lo restituisce sotto forma di ossigeno. Il mare è come una sorta di grande Foresta Amazzonica sommersa, e questa è una funzione importantissima. Infine ci sono tre miliardi di persone che vivono delle proteine che vengono dal mare, dalla pesca. Ci sono navi fattoria che stanno in mare per mesi, magari con l'aiuto di un piccolo aereo che individua i tonni, e che con enormi reti catturano tutto il branco, e arrivano a terra già con il prodotto finito. Madre Natura continua a fare le stesse uova e gli stessi figli di 100 anni fa, quindi penso che questo tipo di economia basata sull'uccisione industriale di animali selvatici sia arrivata ad un punto di non ritorno. Credo che dovremmo iniziare a considerare il mare solo come un'immensa riserva di meraviglie e non di cibo. Magari faremo l'agricoltura in mare coltivando piante alofite che sopportano l'acqua salata...![2]
  • Il mare è la vita, non è solo fonte di cibo. Ci cura, ci dà l'ossigeno: ogni due respiri che facciamo uno viene dal mare, grazie a delle piccolissime alghe che catturano anidride carbonica e ridanno ossigeno. Siccome poi è l'ambiente che decide la nostra esistenza con il premio della sopravvivenza o con la punizione della morte, si può affermare che il mare non è la medicina ma la fonte della vita.[4]
  • La pesca [...] costituisce una criticità evidente di fronte alla quale non è più possibile voltare lo sguardo. Nei mari si consumano violenze ingiustificabili nei confronti degli animali, crudeltà inimmaginabili e raccapriccianti che alimentano un'industria della pesca multimilionaria. Io non sono né vegano né vegetariano. Però, quella vita che anima il mare, e che troppo spesso noi chiamiamo risorse o stock, è fatta di organismi viventi. Un pesce non è qualcosa, è qualcuno. Anche se la loro faccia non li aiuta, perché non possono sorridere, aggrottare la fronte o strillare, sono individui. E chi ha un acquario in casa lo sa. Sono creature che si riconoscono tra di loro, imparano e ricordano. Non esagero dicendo che, sotto alcuni aspetti, alcuni pesci, sono anche più intelligenti di alcuni primati. Gli scienziati hanno fatto diversi test in proposito con i pesci pulitori, gli oranghi e gli scimpanzé. Le piante del mare e gli organismi marini, poi, sono in grado di assorbire l'anidride carbonica e restituire ossigeno alla specie umana. Distruggere le specie animali del mare significa, quindi, distruggere l'essere umano. [...] Le specie a cui diamo la caccia sono le stesse che nel delicato equilibrio dell'ecosistema tengono pulito l'oceano, che diversamente diventerebbe una palude. Eppure, continuiamo a pescare. Quando poi lo facciamo con lo strascico siamo davvero irresponsabili. È come se andassimo a cacciare cinghiali in un bosco con il bulldozer.[5]
  • [«Il mare è un ambiente silenzioso come si pensa?»] No, affatto. Il suono viaggia cinque volte più veloce che nell'aria. Sott'acqua è come avere un paio di amplificatori nelle orecchie. Senti i gamberetti che sgranocchiano, senti che si fischia e si soffia per segnalare il territorio o un corteggiamento. Il clic di un sommergibile in Sicilia arriva in Costa Azzurra.[6]
  • [Sulla plastica] Non è il demonio, non è "lei" la strega cattiva. Grazie alla plastica abbiamo smesso di saccheggiare foreste per costruire mobili o cruscotti di auto; abbiamo finito di massacrare tartarughe per fare stanghette per occhiali. La plastica è stata una grande invenzione. Basta saperla usare, saperla riciclare e "compostare". Troppo tardi l'abbiamo imparato; qualcuno, ancora, non ha nemmeno aperto il libro...[1]
  • [Su Piero Angela] Una volta andammo a presentare un libro in una libreria di Roma. L'editore non aveva fatto promozione all'evento e in sala c'era solo una signora. Un solo spettatore per chi era abituato ad avere milioni di telespettatori. Con un certo imbarazzo, chiesi a Piero: "Che facciamo, ce ne andiamo?". Mi rispose: "Perché mai? Questa signora si è disturbata per venire, quindi facciamo la nostra presentazione. Glielo dobbiamo". Dopo un po' si sparse nel quartiere la notizia che c'era Piero Angela e la sala si riempì oltre misura. Una lezione di vita e di umiltà che non dimenticherò.[7]

Note modifica

  1. a b Dall'intervista Protagonisti: Alberto Luca Recchi, bedifferentmagazine.it, 6 agosto 2021.
  2. a b Da Il Mare è Vita – Intervista ad Alberto Luca Recchi, victorycoaching.it, 1º giugno 2020.
  3. Citato in Roberta Beta, Alberto Luca Recchi, scoprire il Mare e non lasciarlo più, ilgiornaleoff.it, 1º ottobre 2019.
  4. Dall'intervento al forum "La medicina del mare" nell'ambito del Festival della Salute di Siena, 15 novembre 2020; citato in Festival della Salute, intervista ad Alberto Luca Recchi: "Ecosistema marino: una risorsa da proteggere", canale3.tv.
  5. Da Lo sfruttamento del mare: sul fondo degli oceani e dello stomaco, huffingtonpost.it, 24 settembre 2021.
  6. Dall'intervista di Valerio Cappelli, Alberto Luca Recchi: «Con Piero Angela sveliamo i segreti del mare», roma.corriere.it, 4 gennaio 2022.
  7. Da «Il mio amico Piero Angela e quel suo ultimo libro scritto a mano con la biro», corriere.it, 14 agosto 2022.

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