Vladimir Saveljevič Vojtinskij

sindacalista, diplomatico, economista, politico

Vladimir Saveljevič Vojtinskij (1885 – 1960), politico ed economista russo.

Una vera democrazia - La Georgia

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  • La natura fu tenera madre a questo paese, e vi prodigò senz'avarizia i migliori suoi doni. (p. 63)
  • [Su Il cavaliere dalla pelle di leopardo] Questo poema è un incomparabile monumento della letteratura georgiana. Attraverso i secoli trascorsi dal giorno in cui il cantore lo dedicò, tributo d'ammirazione e d'estasi, alla bellissima e saggia zarina Tamara, esso è penetrato nell'animo del popolo, centinaia e migliaia de' suoi versi sono ripetuti come detti e proverbi, come espressione della saggezza popolare. (p. 69)
  • [Su Il cavaliere dalla pelle di leopardo] C'è, nel poema, qualche cosa di affine alle grandi creazioni del Rinascimento, di cui per altro non ha né la sensualità né lo scetticismo. Esso è orgoglio e gloria della Georgia, e resta unico testimone di quel che fu questo paese nel secolo d'oro della zarina Tamara. (p. 70)
  • L'invasione di Tamerlano ebbe per la Georgia gli stessi effetti di una immensa, terribile tromba marina. Le fonti georgiane non ne conservan ricordo: tanto grande fu la devastazione che non restò chi potesse scriverne i particolari. (p. 70)
  • Le onde del mare mussulmano non la trascinarono seco e non lo travolsero; e la Georgia poté rimanere, in mezzo a questo mare, come un'isola di civiltà europea. (p. 72)
  • Lo zar della Georgia Iraclio II decise di rimettere agl'imperatori russi il potere sovrano sulla Georgia per incitarli ad un'attiva difesa di quel popolo: egli mandò ambasciatori a Paolo I con la proposta di annessione della Georgia alla Russia. Costoro giunsero a Pietrogrado quando era già salito al trono l'imperatore Alessandro I; e sotto questo imperatore la Georgia divenne parte della Russia.
    L'annessione avvenne così, non per conquista, ma per trattato, per accordo di ambedue le parti, e l'iniziativa non partì dalla potente Russia ma dalla piccola Georgia. (p. 76)
  • Durante migliaia di anni la storia del popolo georgiano rimase sotto l'influenza di due fattori: da una parte straordinaria fertilità di terra, vivezza e splendore di sole, ricchezza e bellezze naturali sparse d'intorno; dall'altra guerre incessanti, incessanti aggressioni di vicini, e, per secoli e secoli, una vita che pareva un'agonia.
    Ma la storia sanguinosa del paese non ha lasciato traccia nell'anima popolare: qui il sole ha vinto sulla crudeltà degli uomini. Un sereno e lieto ottimismo, una cortesia invariabile, bontà ed ospitalità formano i tratti fondamentali del carattere georgiano. (p. 81)
  • La noncuranza del georgiano pertanto non è pigrizia, ma assenza di desiderio di migliorare il proprio stato. (p. 82)
  • L'assenza di una borghesia influente si ripercuote sulla psiche del popolo, cui è ancora ignoto quel senso della gerarchia della ricchezza, che si sviluppava in ogni popolo, a misura che s'accumula il capitale e si forma la borghesia. (pp. 82-83)
  • La Georgia è un minuscolo paese, stretto dai monti. Qui tutti abitano vicino e in vista gli uni degli altri. Qui il figlio ingegnere, medico, avvocato, lavorando o essendo impiegato in città, resta per forza vicino al padre agricoltore, vignaiolo, conduttore di buoi. E qui nessun intellettuale pensa che l'istruzione formi una barriera tra lui e il suo villaggio. Ciascuno tiene al legame con la campagna, e questo legame conserva con cura, aspettando con impazienza il giorno in cui potrà finalmente abbandonare la città per il paesello nativo. (p. 85)
  • L'omogeneità di questo popolo e lo spirito di eguaglianza che vive in lui, si palesano in una particolarità bella e commovente della sua lingua: i georgiani si danno del «tu»: il «lei» non esiste nella loro lingua.
    Nella lingua georgiana mancano inoltre quelle parole che traggono la loro origine da secolari ineguaglianze sociali, da sottomissioni e oppressioni: «gospodin», «barin», «monsieur», «mein Herr», «sir», «senior», «signore», ecc. (p. 87)
  • I Georgiani bevono con inalterata allegria, sempre d'accordo, e non si ubbriacano mai: non ho mai assistito in Georgia a una lite che fosse originata dai fumi del vino. (p. 91)
  • I Georgiani sanno amare la loro patria: l'amano senza affanno, senza amarezze, ed il loro amore non è avvelenato dall'odio. È un amore placido ed estatico a un tempo, pieno di lirismo simigliante ad un'ingenua ammirazione. (p. 92)
  • [Su Noe Zhordania] Il miglior teorico marxista in Georgia, oggi capo del Governo e Presidente della Repubblica. Egli è considerato il creatore della politica del partito. Se deve a lui il rafforzarsi nella coscienza popolare dei principi dell'internazionale; si deve a lui l'unione dell'«intelligenza» col proletariato e del proletariato coi contadini. (p. 126)
  • A chi non sia stato in Georgia è difficile immaginare l'autorità di cui gode Noè Giordania. (p. 127)
  • [Su Noe Zhordania] Egli ha, è vero, un lungo e brillante passato di pubblicista. Ma in questi ultimi tempi ha scritto poco. Parla malvolentieri in pubblico, e solo quando i compagni lo ritengono necessario. La forma del suo discorso non è brillante, anche per il fatto che egli è balbuziente. Ma nonostante questo difetto organico, Giordania ha sempre una straordinaria forza di persuasività, perché sa sempre ciò che bisogna dire e quale parte della questione deve essere messa in rilievo. Ma la sua maggior forza non è nel talento del pubblicista né nell'arte dell'oratore: è nella rara prerogativa, propria del vero uomo politico, di poter scorgere qual è il cammino che meglio convenga ad un popolo. (p. 129)
  • [Sulla guerra georgiano-armena] La guerra imposta alla Georgia risultò effettivamente una guerra della democrazia inspirata agli ideali della tolleranza internazionale contro lo spirito di avventure e contro le forze dello sciovinismo. (p. 302)
  • [Sulla guerra georgiano-armena] Le truppe armene e i contadini mobilitati forzatamente non poterono opporsi con fermezza alle truppe georgiane, rese animose dalla coscienza stessa della giustizia della loro causa. (p. 302)

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