Vanni Santoni

scrittore e giornalista italiano

Vanni Santoni (1978 – vivente), scritttore italiano.

Vanni Santoni nel 2015

Citazioni di Vanni Santoni

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  • [Sul significato del genere letterario Weird] [...] deragliamento, visione allucinata, fusione dei piani temporali, superamento del dualismo realistico-fantastico.[1]
  • Ho sempre usato le voci più disparate in termini di genere, età e qualunque altra caratteristica: il mio primo libro, Personaggi precari, presenta diverse centinaia di personaggi, molti dei quali scritti in prima persona, e almeno la metà sono donne; Se fossi fuoco arderei Firenze è una "ronda" tra ventitré personaggi di generi ed età differenti; tutte le protagoniste di Terra ignota sono ragazze; uno dei personaggi chiave dei Fratelli Michelangelo, Cristiana, è una donna, eccetera eccetera.[2]
  • Una cosa che mi fa sempre sorridere è quando qualcuno – avviene infatti ciclicamente, a tutti i livelli del campo letterario – arriva e dice che bisogna "superare il postmodernismo" oppure tornare a prima di esso. Non funziona così. Ogni periodo importante della storia della letteratura porta nuovi dispositivi e nuovi approcci, e non è che quando quel periodo finisce quei dispositivi e quegli approcci si esauriscono con lui. Viceversa, entrano nella cassetta degli attrezzi di tutti gli scrittori.[2]
  • ...e Melusine si alzava in piedi e guardava verso la conca, un poco voltata sulla sinistra, verso il soundsystem più lontano, un muro di amplificatori uniforme e lievemente concavo, davanti alla cui nera lunghezza ristavano solo due persone: una ragazza, le gambe bianche che da una minigonna zebrata andavano a ficcarsi in due grosse scarpe da skateboard, che ondeggiava piano, facendo figure come di quadrati con le braccia e le mani, e, più vicino al muro, quasi a contatto con esso eppure immobile, un ragazzo, o ragazza, o donna, o uomo, tutto nero per la felpa nera col cappuccio tirato su e i pantaloni e lo zaino pure neri, piantato davanti al rimbombare violentissimo delle casse. Ore prima, quel sound aveva visto i suoi bei baccanali, ma adesso tutto, come seguendo un processo di transizione osmotica o secondo un programma dispiegatosi da solo secondo gli usi e la sensibilità della massa dei partecipanti e di ciascuno di loro, si era spostato al muro di casse principale, più grande e frontale rispetto al tumulo su cui stavate, una parete di una dozzina di metri decorata sulla sommità da televisori fermi sulla danza di puntini grigi dell’assenza di segnale, e lì davanti infatti si agitava una massa di tre o quattrocento persone, la quale appariva omogenea sotto cassa, una legione scura e organica, un’emanazione del muro stesso, i più dei suoi componenti che ballavano compatti con quel caratteristico movimento che assomiglia al remare, e più multiforme e agitata in mezzo, un ribollire di braccia e teste e volti, prima dello sfrangiamento, sgranato nei colori e negli occhi, di folle varianza nella babele di abiti e capelli e ninnoli e stati di coscienza dei gruppetti ridenti, urlanti, saltanti, abbraccianti, che costituiva il bordo di quella massa, la quale pure, presa tutta assieme, ondeggiava secondo un suo altro più uniforme e lento passo, simile a un telone o a un’ampissima bandiera agitata dal vento, fino poi ai singoli che ne punteggiavano l’intorno, le due ragazzine coi cappucci di peluche colorato che tenendosi per mano raggiungevano saltellando il banco delle birre, il tizio seduto a terra nella polvere come in meditazione e quello in sandali che ballava secondo un proprio ritmo scardinato, il bozzolo in fondo a sinistra attorno a cui si azzuffavano i cani, che era certamente una persona addormentata (si poteva mai dormire in quel casino? Forse sì, visto che vi eravate appena svegliati), la donna che poco più in là si fumava tranquilla una sigaretta guardando gli altri ballare, e ancora un vecchio con la zucca tatuata, che si abbassava fin quasi a terra a ogni calo di velocità della traccia per poi schizzare su, come rianimato, a ogni ripartenza, e ancora più a lato il ragazzino con la maglia da hockey troppo larga che armeggiava col marsupio tra banconote e buste mentre con le spalle seguiva il ritmo brutale della techno che ovunque rimbombava...[3]
  1. Citato in Edoardo Rialti, Né realismo né fantasie. Allo scrittore piace farlo strano, Il Foglio Quotidiano, 29 aprile 2023.
  2. a b Dall'intervista di Dario De Marco, «La verità su tutto non si può dire», esquire.com, 4 aprile 2022.
  3. Estratto da Muro di casse, Laterza 2015, riportato in minima & moralia

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