Tristan Tzara

poeta rumeno

Tristan Tzara, pseudonimo di Samuel Rosenstock (1896 – 1963), poeta e saggista rumeno di lingua francese e rumena.

Tristan Tzara in un dipinto di Robert Delaunay

Incipit di alcune opere

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Manifesto Dada 1918

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  • Per lanciare un manifesto bisogna volere: A. B. C., scagliare invettive contro 1, 2, 3.
    Eccitarsi ad aguzzare le ali per conquistare e diffondere grandi e piccole a, b, c firmare, gridare, bestemmiare, imprimere alla propria prosa l'accento dell'ovvietà assoluta, irrefutabile, dimostrare il proprio non-plus-ultra e sostenere che la novità somiglia alla vita tanto quanto l'ultima apparizione di una cocotte dimostra l'esistenza di Dio...[1]
  • L'opera d'arte non deve rappresentare la bellezza, che è morta: né gaia né triste né chiara né oscura, non deve divertire né maltrattare le singole personalità servendogli i pasticcini delle sante aureole o i sudori di una corsa inarcata attraverso le atmosfere. Un'opera d'arte non è mai bella per decreto legge, obbiettivamente, all'unanimità […] Strappiamo, come un vento furioso, il bucato delle nuvole e delle preghiere, e prepariamo il grandioso spettacolo di un cataclisma, l'incendio, la decomposizione […] Io proclamo l'opposizione di tutte le facoltà cosmiche alla blenorragia del putrido sole che viene fuori dalle fabbriche del pensiero filosofico, la lotta accanita, con tutti i mezzi, DISGUSTO DADAISTA […] Libertà: DADA DADA DADA, urlo di colori contratti, groviglio degli opposti e di tutte le contraddizioni, del grottesco e dell'incongruenza: La vita.[2]
  • Qualsiasi prodotto del disgusto suscettibile di trasformarsi in negazione della famiglia è Dadà; protesta a suon di pugni di tutto il proprio essere teso nell'azione distruttiva: DADÀ; presa di coscienza di tutti i mezzi repressi finora dal sesso pudibondo del comodo compromesso e della buona educazione: DADÀ; abolizione della logica, balletto degli impotenti della creazione: DADÀ; di ogni gerarchia ed equazione sociale di valori stabilita dai servi che bazzicano tra noi: DADÀ; ogni oggetto, tutti gli oggetti, i sentimenti e il buio, le apparizioni e lo scontro inequivocabile delle linee parallele, sono armi per la lotta: DADA; abolizione della memoria: DADÀ; abolizione dell'archeologia: DADÀ; abolizione dei profeti: DADÀ; abolizione del futuro: DADÀ; fede assoluta irrefutabile in ogni dio che sia il prodotto immediato della spontaneità: DADÀ; salto elegante e senza pregiudizio da un'armonia all'altra sfera; […] sputare come una cascata luminosa l'idea scortese o amorosa, oppure accarezzarla — con la sensazione altamente compiaciuta che tanto è lo stesso — con uguale intensità nel cespuglio, non contaminato da insetti per il sangue nobile e dorato dai corpi degli arcangeli, dalla sua anima.[3]

Manifesto del Dadaismo

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  • La magia d'una parola — DADÀ — che ha aperto ai giornalisti le porte di un mondo insospettato, non ha per noi la minima importanza.[4]
  1. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937
  2. Citato in Storia della bruttezza, a cura di Umberto Eco, Bompiani, Milano, p. 374. ISBN 978-88-452-7389-6
  3. Citato in Storia della bruttezza, a cura di Umberto Eco, Bompiani, Milano, p. 374. ISBN 978-88-452-7389-6
  4. Citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993.

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