Mario Giovana
partigiano, giornalista e storico italiano
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Mario Giovana (1925 – 2009), giornalista e storico italiano.
Storia di una formazione partigiana – Resistenza nel Cuneese
modifica- In Varaita, si forma il «gruppo guastatori» GL, al comando di Vittorio Giuliani (Ciüio), già accademista di Modena che proviene da Paralup e che sarà protagonista di alcune imprese memorabili della guerra partigiana cuneese. (pag. 183)
- A Vittorio Giuliani è stata concessa la medaglia d'argento al Valor Militare per le sue gesta partigiane. Il reparto guastatori di Valle Varaita venne costituito con alcuni «veterani» di Paralup tra i quali: Giovanni Formento (Nanin), Carlo Alberto Casavecchia (Veda), Romolo Pedrali (Adolfo), un giovanissimo partigiano che cadrà a Bagot (Bernezzo) il 30 novembre 1944.
- L'attacco alla Varaita iniziò, dicevamo, il 21 agosto. Tra l'altro, per quanto è dato saperne, i tedeschi possedevano informazioni errate sulla consistenza delle forze partigiane in valle, che facevano ammontare a diverse migliaia d'uomini muniti di cannoni. Presumibilmente queste valutazioni si basavano sulle voci correnti, sull'incessante attività partigiana in pianura e sugli attacchi portati al presidio di Piasco. Un episodio che doveva aver contribuito a rafforzare l'ipotesi di grandi ammassamenti di volontari in Varaita, era avvenuto il 6 agosto. In piena notte, nella cittadina di Saluzzo una serie di esplosioni violente aveva squassato l'aria. Una carica di esplosivo aveva danneggiato la Casa Littoria, nel centro della città, altre cariche avevano abbattuto due pali del telegrafo nella stazione, distrutto tratti di binario, sfasciato una locomotiva, dei carri merci ed una «littorina»; infine il posto di blocco all'uscita di Saluzzo era stato attaccato e fatto anch'esso saltare. I nazifascisti ritenevano che l'azione fosse frutto di un attacco in forze dei partigiani, non supponendo che pochi arditi avessero potuto penetrare in una città dove stazionavano ingenti reparti di truppa. Invece, il colpo di mano era stato opera di quattro volontari della sezione guastatori GL della brigata Varaita, al comando di Vittorio Giuliani. (pagg. 231 e 232)
- I partigiani, aggrappati alle alture circostanti, rispondevano al fuoco nutrito del nemico e lo scontro si protrasse fino all'imbrunire, quando la resistenza dei volontari fu all'estremo. L'interruzione di molti collegamenti ed il consumo delle scorte di munizioni obbligavano lo schieramento delle formazioni a ritrarsi. Per ritardare ancora la marcia degli assalitori, si fece saltare il ponte, minato in precedenza dai guastatori. Giuliani, sotto l'imperversare della reazione avversaria, scese lungo il greto del torrente per far brillare il grosso proietto d'artiglieria posto a mo' di mina sotto i piloni. La miccia però, avariata, si spense quasi subito. Il comandante dei guastatori, allora, incurante del fatto che gli rimanesse soltanto un corto spezzone della cordicella incatramata, ritornò sotto il ponte e diede fuoco a quel frammento di miccia rimanendo quasi sepolto sotto le macerie ma riuscendo a salvarsi ed a raggiungere i compagni sulla montagna. Sarebbero occorse almeno alcune ore ai genieri tedeschi per gettare una passerella sul Varaita e ciò avrebbe consentito di sfollare con maggior calma i distaccamenti e le squadre della zona, gli uffici dei comandi di Sampeyre, i feriti, ecc. ecc. (pag. 236)
- Il mattino seguente [...], i tedeschi riprendono ad avanzare. Sorpresi da un'imboscata dei volontari di «Raimondo», che provoca loro alcune perdite, essi si vendicano bruciando due case di civili. Davanti a Rore, la battaglia si riaccende con la resistenza preparata dai volontari della I banda. Giuliani, imbattutosi in una pattuglia tedesca e ferito al polso, ferma gli assalitori a bombe a mano e si salva con un acrobatico ripiegamento.
- Una squadra di arditi, al comando di Giuliani, si porta verso la villa in cui abitano il comandante e gli ufficiali del presidio tedesco: il rimanente della forza irrompe nella caserma. Colti nel sonno, gli elementi che non sono partecipi della congiura, vengono immobilizzati: un caporal maggiore, certo Leonardi, che la relazione sul fatto definisce «criminale di guerra», oppone resistenza ed è ucciso a colpi di calcio di fucile («Questo procedimento contrario alle nostre norme di guerra – precisa il documento partigiano – è stato reso necessario per il fatto che non era possibile far uso delle armi da fuoco... per non destare l'allarme fino a che nella villa del comando l'azione non fosse portata a termine»). Giuliani, entrato nella camera dove dorme l'ufficiale tedesco, riesce solo a ferirlo e deve ingaggiare con lui un corpo a corpo disperato finché ne ha ragione; al piano superiore della villa, comandante e ufficiali della compagnia si arrendono senza resistere. (pag. 333)
Bibliografia
modifica- Mario Giovana, Storia di una formazione partigiana – Resistenza nel Cuneese, Torino, 1964.
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