Arthur Schopenhauer: differenze tra le versioni

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*[...] l'antichissima sapienza indiana dice: «È Maya, il [[Velo di Māyā|velo]] ingannatore, che avvolge gli occhi dei mortali e fa loro vedere un mondo del quale non può dirsi né che esista, né che non esista; perché ella rassomiglia al sogno, rassomiglia al riflesso del sole sulla sabbia, che il pellegrino da lontano scambia per acqua; o anche rassomiglia alla corda gettata a terra, che egli prende per un serpente» (Questi paragoni si trovano ripetuti in luoghi innumerevoli dei Veda e dei Purana).
*L'unica origine dell'[[arte]] è la conoscenza delle idee; e il suo unico fine è la comunione di tale conoscenza.<ref name=cic>Citato in [[Vincenzo Cicero]], ''Introduzione a «La nascita dell'estetica moderna da Kant a Schopenhauer»'', Colonna Edizioni, Milano 2002; traduzione di Vincenzo Cicero.</ref>
*L'[[stoicismo|etica stoica]], presa nel suo insieme, è in effetti un pregevolissimo e rispettabilissimo tentativo di utilizzare il grande privilegio dell'uomo, la ragione, per uno scopo importante e salutare, cioè per elevare l'uomo al di sopra delle sofferenze e dei dolori, a cui ogni vita è commessa [...] e per renderlo appunto con il sommo grado partecipe della dignità che gli spetta. come essere razionale, in contrasto con l'animale, e della quale comunque s può parlare in questo senso, ma non in un altro. [...] Ma per quanto sia raggiungibile sia in certo grado quello scopo, con l'impiego della ragione e con un'etica meramente razionale [...]; moltissimo tuttavia manca perché si possa addivenire in tale modo a qualcosa di perfetto e perché la ragione rettamente usata possa realmente sottrarci a tutto il peso e a tutte le sofferenze della vita e condurci alla beatitudine. [...] [N]eanche nella sua stessa rappresentazione il suo ideale, vale a dire il sapiente stoico, poté mai acquistare vita o intima verità poetica; egli rimane un rigido manichino di legno, di cui non si sa cosa fare, che non sa egli stesso che cosa farsi della sua saggezza, e di cui la perfetta calma, contentezza e beatitudine contraddicono addirittura la natura dell'umanità e non ci fanno pervenire a nessuna rappresentazione intuitiva di essa. (2010; I, 16)
*La causalità non può di per sé essere rappresentata in modo intuitivo: simile rappresentazione non è possibile che per una relazione causale determinata. D'altra parte, invece, ogni fenomeno dell'idea, poiché assume, come tale, la forma del principio di ragione, o del ''principium individuationis'', deve manifestarsi nella materia e come qualità della materia.
*La mia opinione invero è (e perciò trova qui posto la mia spiegazione) che ogni errore è una conclusione dall'effetto alla causa, conclusione che ha valore. Quando si sa che l'effetto può avere quella causa e nessun'altra; ma non in altri casi. Chi sbaglia, o attribuisce all'effetto una causa, che quello non può punto avere; nel che dimostra vera mancanza di intelletto, ossia incapacità di conoscer direttamente il nesso tra [[causa ed effetto]]: oppure, come accade più spesso, dato l'effetto determina bensì una causa possibile, ma alla maggior premessa del sillogismo, con cui va dall'effetto alla causa, aggiunge che codesto effetto costantemente proviene dalla causa attribuitagli. (§ 15; tomo I, pp. 153-154)