Andrea De Carlo: differenze tra le versioni

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*I [[Libro|libri]] sono di chi li legge.<ref>Da ''Tecniche di seduzione''.</ref>
*Sospesi sulla superficie salata, si lasciano oscillare, con gli occhi socchiusi e gocce d’acqua sulle ciglia. Macno dice “ti rendi conto?” <br />“Sì”, dice Liza, senza sapere esattamente a cosa si riferisce ma pensando che si rende conto. <br />[…] ”Ti rendi conto? Come siamo schiacciati dalla forza di gravità di solito? Come siamo contratti per resistere alla pressione? La ''fatica'' terribile che facciamo per stare in piedi e camminare e sollevare oggetti, sostenere un ruolo e convincere e sedurre, far stare insieme gli elementi di un modo di essere, il punto di vista e l’angolazione e tutto il resto?” La sua voce riverbera rallentata e acquatica, ma ansiosa, anche. <br />Liza lo guarda, e le sembra di capire quello che lui dice indipendentemente dalle sue parole. <br />Macno dice “Ti rendi conto dello schifo di vita ''rigida'' che dobbiamo fare di solito, di come tutto quello che si costruisce è fatto di materiali duri e freddi, di linee violente. Da quando nasciamo siamo scaraventati tra piani angolati privi di flessibilità, noi che siamo così morbidi ed elastici di natura. Pensa a cos'é una città, o una strada, o una casa. Per trovar scampo non facciamo che passare da un sedile di automobile a una poltrona a un letto. Possiamo lasciarci andare solo lì, in spazi inerti e confinati.” <br />“E non siamo mai abbastanza vicini all'acqua”, dice Liza, le labbra a pelo d’acqua. <br />“No”, dice Macno. Scrolla la testa, si lascia galleggiare. Dice “In epoche lontane ci sono state civiltà d’acqua. C’erano vasche, piscine, fontane nelle città e nelle case. Un tempo anche questa città era piena di luoghi d’acqua, e ci si andava anche per discutere di politica, prendere decisioni e altro.” […] “Poi è venuto il cristianesimo” […] “I cristiani avevano orrore dell’acqua. Avevano orrore della natura morbida ed elastica dell’uomo. Così ci sono stati secoli e secoli di sporco rigido e asciutto. La gente era tenuta dalla religione lontano dai fiumi e dai laghi e dal mare, non poteva più usare l’acqua nemmeno per lavarsi.”[…]”Ci pensi , l’orrore sporco del Medioevo, del Quattrocento, del Cinquecento, del Seicento e del Settecento e dell’Ottocento, di questo secolo fino a pochi anni fa?” <br />Liza respira immersa nel liquido tiepido, attenta all'ansia di Macno e ai suoi pensieri.<br />Macno dice “Pensa a cosa sono ancora oggi i bagni nelle case della gente. Le piccole stanze rigide dove adempiere alle necessità corporali e rimuovere in fretta lo sporco. Pensa a come tutti cercano di strappare il piacere che possono dalle vasche strette e corte e poco profonde. A come a volte due amanti ci si infilano insieme e cercano di rimanerci più a lungo possibile, schiacciati tra i bordi, con le ginocchia sollevate, senza riuscire a muoversi né girarsi, guardando le piastrelle fredde e il gabinetto poco lontano. E fuori ci sono pavimenti e muri, mobili e scale e marciapiedi e strade duri e privi di flessibilità. E rumori violenti e aria difficile da respirare.” <br />Stanno immobili nell'acqua, assorti nel leggero ronzìo delle lampade, nello sgocciolio lento.<br />Liza si avvicina a Macno; gli dice “Ma adesso siamo qua, e siamo scampati.”<ref>Da ''Macno''.</ref>
* Uno ci mette un po' a capire che fare un film è come scoprire durante una passeggiata un angolo che ti piace, e metterti in testa di volerci riportare un intero pullman di turisti paganti. E prima ci sono i proprietari del pullman da convincere, quelli che comprano la benzina e pagano l'assicurazione e gonfiano le gomme. Devi trasferire i tuoi percorsi mentali su mappe millimetrate e allegare foto e didascalie, dare garanzie sulla percorribilità dell'itinerario e la bellezza della regione, sulla replicabilità e accessibilità delle tue impressioni originali. E alla fine se non ti sei del tutto logorato nell'attrito puoi tornare nell'angolo che ti era tanto piaciuto e lasciarlo invadere e calpestare e riempire di carta straccia.<ref>Da ''Yucatan''. Einaudi, nuova edizione, 1996, p. 62.</ref>
*Vivrei solo negli stadi intermedi, se potessi, senza punti di partenza e di arrivo o scopi da raggiungere; me ne starei immerso in un continuo traballamento provvisorio riparato dal mondo, con pensieri circolanti non focalizzati, in attesa di niente. (O in attesa di tutto: cambiamenti e trasformazioni e aperture di nuovi orizzonti sorprendenti da un secondo all'altro.)<ref>Da ''Uto'', Bompiani.</ref>
 
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*Mi venivano delle riflessioni sulla lentezza degli esseri umani a piedi rispetto alle loro necessità o alle loro ambizioni di spostamento. Pensavo che qualsiasi altro animale ha un rapporto più equilibrato tra la propria velocità e l’estensione del territorio di cui ha bisogno o voglia. Pensavo a come si muove rapida una formica attraverso una stanza che per lei è grande quanto la distesa dei pascoli lo era per me; e a come per converso è contento un bradipo di starsene quasi fermo sui rami del suo albero a mangiare foglie. Avevo la testa piena di salti di scoiattoli e di scimmie, corse di lepri e leoni e daini ed elefanti e gazzelle e zebre e topi, indugiamenti di lumache e di tartarughe. Pensavo al modo orgoglioso in cui avevo esplorato gli stessi identici spazi in groppa a un cavallo, alto e a mio agio sopra il terreno, padrone della distanza a un semplice tocco di talloni. Pensavo a tutti i panzoni e le culone e le magrette secchette e i tozzi inquartati che si sentivano nobili e agili come centauri e amazzoni mentre mi venivano dietro su zampe altrui; me li immaginavo a piedi come me, schiacciati dalla pressione atmosferica e limitati dalla pretesa di camminare eretti, umiliati dai loro stessi corpi. Mi veniva da ridere, ma questo non attenuava la mia infelicità né il mio malessere fisico né la mia sensazione di svantaggio profondo, la frustrazione che mi si distillava insieme al sudore mentre andavo avanti come se avessi le gambe in una corrente contraria.<br>Pensavo a quanto la storia degli esseri umani è stata influenzata dal desiderio di affrancarsi da questa frustrazione di fondo, in una linea ossessiva che ha portato grado a grado all’addomesticamento dell’asino all’invenzione della ruota alla scoperta della staffa alle orde barbariche dell’Asia alle crociate all’invasione delle Americhe al motore a scoppio alle guerre mondiali al turismo di massa al dominio delle macchine alla cementificazione del mondo alla sua distruzione progressiva. Mi chiedevo come sarebbero andate le cose se la nostra specie avesse avuto in dotazione una velocità naturale più gratificante: se avremmo fatto meno danni o invece ancora di più; se la lentezza era un tentativo patetico della natura di tenere a freno le nostre tendenze aggressive e devastatorie.
 
==[[Incipit]] di alcune opere==
===''I veri nomi''===
Damiano Diamantini<br>
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Quando avevo ventitré anni una tipa di nome Enrica Rivatti con le labbra pallide e gli occhi acquosi e i capelli fritti color paglia mi ha telefonato una sera tutta concitata per dirmi di chiamare al più presto il suo amico Damiano Diamantini che cercava un esperto di rock per una collana di libri sulla musica. L'avevo conosciuta all'università, e dovevo essere l'unica persona associabile al rock che le era venuta in mente, per come manifestavo estraneità tutto il tempo e per come ogni tanto mi portavo dietro una brutta chitarra acustica giapponese con le corde troppo alte e la suonavo nei chiostri tra una lezione e l'altra.
 
===''Yucatan''===
===[[Incipit]]===
È abbastanza tipico aspettare Dru Resnik, qui a Heathrow, adesso.<ref>Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, ''Incipit'', Skira, 2018. ISBN 9788857238937</ref>
===Citazioni===
* Uno ci mette un po' a capire che fare un film è come scoprire durante una passeggiata un angolo che ti piace, e metterti in testa di volerci riportare un intero pullman di turisti paganti. E prima ci sono i proprietari del pullman da convincere, quelli che comprano la benzina e pagano l'assicurazione e gonfiano le gomme. Devi trasferire i tuoi percorsi mentali su mappe millimetrate e allegare foto e didascalie, dare garanzie sulla percorribilità dell'itinerario e la bellezza della regione, sulla replicabilità e accessibilità delle tue impressioni originali. E alla fine se non ti sei del tutto logorato nell'attrito puoi tornare nell'angolo che ti era tanto piaciuto e lasciarlo invadere e calpestare e riempire di carta straccia.<ref>Da ''Yucatan''. Einaudi, nuova edizione, 1996, p. 62.</ref>
 
==[[Incipit]] di alcune opere==
===''Uccelli da gabbia e da voliera''===
Alle tre di pomeriggio sto guidando la mia MG bianca lungo Goldfinch Avenue verso le colline, con una cassetta dei Rolling Stones a tutto volume sullo stereo, e salto uno stop senza accorgermene. Vedo una Chevette verde chiaro che mi arriva da destra, scivola verso me come un piccolo cetaceo sott'onda. Non cerco di frenare, o di girare il volante, o. Guardo il verde chiaro che si avvicina, senza togliere il piede dall'acceleratore.
 
===''Yucatan''===
È abbastanza tipico aspettare Dru Resnik, qui a Heathrow, adesso.<ref>Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, ''Incipit'', Skira, 2018. ISBN 9788857238937</ref>
 
==[[Explicit]] di ''Treno di panna''==