Benedetto Croce: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Benedetto Croce==
*Accade, d'altra parte, che, pur nella poco alacre vita civile e politica, l'umana virtù si affermi nei particolari, contrastando al generale, e talora negli episodi, e perfino essa sorga dal mezzo stesso dei vizi, come loro correlativo. Onde un popolo che non ha bastevole affetto per la cosa pubblica potrà avere assai vivo quello per la famiglia, per la quale sarà disposto a ogni sacrificio; un popolo indifferente avere la chiaroveggenza dell'indifferenza; un popolo poco operoso nei commerci e negli affari valer molto nella contemplazione dell'arte e nelle indagini dell'intelletto; un popolo privo di spirito di gloria saper ben cogliere il gonfio e il falso delle umane ambizioni e operare nel riso un lavacro di verità. E via discorrendo.<br/>Sulla logica di queste considerazioni, il popolo napoletano è stato perfino più volte difeso, e il suo atteggiamento verso la vita ha suscitato simpatie [...] [[Napoli]] è apparsa come un'oasi nella quale sia possibile ritrarsi per obliare, riposare e respirare in mezzo a un popolo che di politica non cura o, tutt'al più, la prende a mera materia di chiacchiera, e, chiacchierandone senza riscaldarsi, spesso la giudica con spregiudicato acume.<ref>Da ''Un paradiso abitato da diavoli'', a cura di [[Giuseppe Galasso]], Adelphi, Milano, 2006<sup>2</sup>, p. 25. ISBN 88-459-2036-4</ref>
*E stimo un tal grande beneficio la cura a cui il [[fascismo]] ha sottoposto l'Italia che mi do pensiero piuttosto che la convalescente non si levi troppo presto dal letto a rischio di qualche grave ricaduta.<ref>Citato in [[Denis Mack Smith]], ''Storia d'Italia dal 1861 al 1997'', Laterza, Bari, 1997, p. 415.</ref>
 
*Il monumento parlato del buon senso si trova nella stessa letteratura popolare, e sono i [[proverbio|proverbi]], la sapienza (come la chiamano) di tutte le età, la sapienza del mondo di cui tante volte è stata lodata l'incrollabile saldezza; e tuttavia nessuno, pur ridicendoli con assenso, li scambierà mai con la serie delle opere della critica, della scienza e della filosofia, con le indagini, le discussioni, i trattati e i sistemi. Molte indagini filosofiche si possono conchiudere con la formola di qualche antico e comune detto o proverbio; ma questo proverbio, fungendo da conclusione di un'indagine, non è più l'antico e comune.<ref>Citato in Giovanni Battista Bronzini, ''Cultura popolare, {{small|Dialettica e contestualità}}'', Dedalo Libri, 1980, [https://books.google.it/books?id=SPewvtQsm_UC&lpg=PP1&dq=Giovanni%20Battista%20Bronzini&hl=it&pg=PA102#v=onepage&q&f=false p. 102 Anteprima Google].</ref>
*E stimo un tal grande beneficio la cura a cui il [[fascismo]] ha sottoposto l'Italia che mi do pensiero piuttosto che la convalescente non si levi troppo presto dal letto a rischio di qualche grave ricaduta.<ref>Citato in [[Denis Mack Smith]], ''Storia d'Italia dal 1861 al 1997'', Laterza, Bari, 1997, p. 415</ref>
*[...] se ancor oggi noi accettiamo senza proteste o per nostro conto rinnoviamo in diversa forma l'antico biasimo<ref>Il riferimento è al proverbio: Napoli è un paradiso abitato da diavoli.</ref>, e se, anzi, non lasciamo che ce lo diano gli stranieri o gli altri italiani ma ce lo diamo volentieri noi a noi stessi, è perché stimiamo che esso valga da sferza e da pungolo, e concorra a mantener viva in noi la coscienza di quello che è il dover nostro. E, sotto questo aspetto, c'importa poco ricercare fino a qual punto il detto proverbiale sia vero, giovandoci tenerlo verissimo per far che sia sempre men vero.<ref>Da ''Un paradiso abitato da diavoli'', a cura di [[Giuseppe Galasso]], Adelphi, Milano, 2006<sup>2</sup>, pp. 26-27. ISBN 88-459-2036-4</ref>
 
*Il monumento parlato del buon senso si trova nella stessa letteratura popolare, e sono i [[proverbio|proverbi]], la sapienza (come la chiamano) di tutte le età, la sapienza del mondo di cui tante volte è stata lodata l'incrollabile saldezza; e tuttavia nessuno, pur ridicendoli con assenso, li scambierà mai con la serie delle opere della critica, della scienza e della filosofia, con le indagini, le discussioni, i trattati e i sistemi. Molte indagini filosofiche si possono conchiudere con la formola di qualche antico e comune detto o proverbio; ma questo proverbio, fungendo da conclusione di un'indagine, non è più l'antico e comune.<ref>Citato in Giovanni Battista Bronzini, ''Cultura popolare, {{small|Dialettica e contestualità}}'', Dedalo Libri, 1980, [https://books.google.it/books?id=SPewvtQsm_UC&lpg=PP1&dq=Giovanni%20Battista%20Bronzini&hl=it&pg=PA102#v=onepage&q&f=false p. 102 Anteprima Google]</ref>
*[...] se ancor oggi noi accettiamo senza proteste o per nostro conto rinnoviamo in diversa forma l'antico biasimo<ref>Il riferimento è al proverbio: Napoli è un paradiso abitato da diavoli.</ref>, e se, anzi, non lasciamo che ce lo diano gli stranieri o gli altri italiani ma ce lo diamo volentieri noi a noi stessi, è perché stimiamo che esso valga da sferza e da pungolo, e concorra a mantener viva in noi la coscienza di quello che è il dover nostro. E, sotto questo aspetto, c'importa poco ricercare fino a qual punto il detto proverbiale sia vero, giovandoci tenerlo verissimo per far che sia sempre men vero.<ref>Da ''Un paradiso abitato da diavoli'', a cura di [[Giuseppe Galasso]], Adelphi, Milano, 2006<sup>2</sup>, pp. 26-27. ISBN 88-459-2036-4</ref>
*A questi poveri e fallaci teorizzamenti si deve l'origine dell'erronea credenza che liberalismo sia individualismo utilitario (o, come lo si definisce, riecheggiando Hegel, «atomismo»), e che abbassi lo Stato a strumento dell'edonismo dei singoli.<ref>Da ''La religione della libertà'', a cura di Girolamo Cotroneo, Rubbettino, Catanzaro, 2002, p. 115.</ref>
*Abbiamo deciso di dare il voto di fiducia. Ma, intendiamoci, fiducia condizionata. Nell'ordine del giorno che abbiamo redatto è detto esplicitamente che il Senato si aspetta che il Governo restauri la legalità e la giustizia, come del resto [[Benito Mussolini|Mussolini]] ha promesso nel suo discorso. A questo modo noi lo teniamo prigioniero, pronti a negargli la fiducia se non tiene fede alla parola data. Vedete: il [[fascismo]] è stato un bene; adesso è divenuto un male, e bisogna che se ne vada. Ma deve andarsene senza scosse, nel momento opportuno, e questo momento potremo sceglierlo noi, giacché la permanenza di Mussolini al potere è condizionata al nostro beneplacito. (giugno<ref>Giugno 1924; citato in G. Levi Della Vida, ''Fantasmi ritrovati'', Venezia, 1966).</ref>
*[[Carmine Crocco]], che ebbe sotto di sé numerose bande di contadini e di soldati del disciolto esercito, nel 1862 depose ogni maschera politica e continuò a fare alla scoperta quello che in sostanza aveva fatto sempre, puro brigantaggio, e poi dal grosso brigantaggio discese al piccolo, e finalmente abbandonò la sua provincia nativa e l'Italia meridionale, passando il confine e rifugiandosi a Roma nell'agosto del 1864. Le sue posteriori vicende non meritano l'attenzione dello storico. Il governo italiano lo ritrovò a Roma, prigione, nel 1870, e lo sottopose a processo, nel quale egli, pur mentendo quanto poteva, non si atteggiò a campione politico, e disse chiaro che egli era, e non poteva essere, se non un capo di briganti.<ref>Da (''Uomini e cose della vecchia Italia'', Laterza, 1927, p. 337).</ref>
*Che cosa sta facendo, che cosa sta facendo l'esercito italiano, che combatte sotto la guida energica e sapiente del [[Luigi Cadorna|Cadorna]]? Nientedimeno che questo: sta redimendo in modo definitivo il popolo italiano da una taccia quindici volte secolare. Sta provando cioè col fatto che il popolo italiano ha raggiunto ormai la compattezza nazionale e politica, la cui espressione è la forza dell'esercito. (citato<ref>Citato in [[Giuseppe Fumagalli]], ''[[s:Chi l'ha detto?|Chi l'ha detto?]]'', Hoepli, 1921, p. 667).</ref>
*Chi ha ricercato le storie d'Italia senza appagarsi della superficiale e convenzionale cognizione che se ne somministra nelle scuole, non ignora che una delle taccie più antiche e persistenti, anzi la principale e quasi unica taccia, data agli Italiani dagli altri popoli d'Europa, e specie dai francesi e dai tedeschi, era quella d'"imbelli". Questo giudizio si formò sopratutto sul cadere del secolo decimoquinto, per effetto della resistenza nulla o fiacca opposta agli stranieri, nelle loro calate nel nostro paese, che divenne il loro campo di battaglia; ma se ne trovano i segni precursori nel medioevo, quando, tra l'altro, era divulgato in Europa l'apologo del "Lombardo e la lumaca", e i duri e ferrei feudatari d'oltr'Alpe spregiavano gli italiani borghesi, "che cinsero pur ieri – Ai lor mal pingui ventri l'acciar de' cavalieri". Né esso poteva essere cancellato dallo spettacolo che generalmente offrirono gli Italiani nella nuova calata francese, non più regia ma repubblicana, sul finire del settecento e nelle vicende della restaurazione; e di poco fu modificato dalle guerre, non sempre concordi, tenaci o fortunate, del nostro Risorgimento. (da<ref>Da ''La guerra italiana, l'esercito e il socialismo'', in ''Pagine della guerra'', Napoli, 1919, p. 220-229).</ref>
*{{NDR|Su [[Francesco Mazzarella Farao]]}} Ciascuno ha i suoi passatempi, e, il tuo, erano le cattive etimologie.<ref>Da ''Un paradiso abitato da diavoli'', a cura di [[Giuseppe Galasso]], Adelphi, Milano, 2006<sup>2</sup>, p. 89. ISBN 88-459-2036-4</ref>
*{{NDR|[[Gotthold Ephraim Lessing]]}} Con le sue polemiche ha strappato a un meritatissimo oblio più di un nome. Egli ha avviluppato, per così dire, molti minuscoli scrittorelli in una rete di spiritosi motteggi, di prezioso umorismo, e ora essi si conservano in eterno nelle opere di Lessing come insetti rimasti chiusi in un pezzo d'ambra.<ref>Citato in [[Paolo Chiarini]], ''Parola e immagini'', introduzione a Heinrich Heine, ''Dalle memorie del Signor von Schnabelewopski'', Marsilio Editori, Venezia 1991. ISBN 88-317-5548-X</ref>
*Credo che, a guerra finita, si giudicherà che il suolo d'Europa, non solo ha tremato per più mesi o per più anni sotto il peso delle armi, ma anche sotto quello degli spropositi. E Francesi, Inglesi, Tedeschi e Italiani si vergogneranno e chiederanno venia poi giudizi che hanno pronunciati, e diranno che non erano giudizi ma espressioni di affetti. E anche più arrossiremo noi, neutrali, che molto spesso abbiamo parlato, come di cosa evidente, della "barbarie germanica". Fra tutti gli spropositi, frutti di stagione, questo otterrà il primato, perché certo è il più grandioso. (da<ref>Da ''Giudizi passionali e nostro dovere'', in ''L'Italia dal 1914 al 1918. Pagine sulla guerra'', Laterza, Bari 1950, pp. 11-12).</ref>
*È appunto l'opposizione che [[ringiovanimento|ringiovanisce]]. Se fossi rimasto senatore, avrei avuto una vita troppo comoda, sarei da un pezzo diventato di mente pigra ed inconseguente. Nulla è di danno all'intelletto quanto la mancanza di opposizione; solo da quando sono solo e non ho più giovani intorno a me, mi sento costretto a ringiovanire io stesso. (<ref>Citato in [[Stefan Zweig]], ''Il mondo di ieri'', traduzione di Lavinia Mazzuchetti, Mondadori, p. 292).</ref>
*È stato detto che il ''[[Giordano Bruno#Candelaio|Candelaio]]'' è una fosca rappresentazione pessimistica; ma né il [[Giordano Bruno|Bruno]] in quanto filosofo può dirsi pessimista, né in questa sua commedia c'è la poesia del pessimismo. E sebbene si usi ora discorrerne come di una possente creazione d'arte, il giudizio del [[Francesco De Sanctis|De Sanctis]] [...] mi pare che, se non in ogni deduzione, nella sua conclusione, debba rimaner saldo, per quel che concerne il ''Candelaio'': un uomo come il Bruno (egli dice) «era destinato a speculare sull'uno e sul medesimo, non certo a fare un'opera d'arte».<ref>Da ''Poesia popolare e poesia d'arte'', Laterza, Bari, 1933; citato in ''Giudizi critici'', in Giordano Bruno, ''Candelaio'', BUR, Milano, 2002, p. 96. ISBN 88-17-12104-5</ref>
*Eliminando le [[casa di tolleranza|case chiuse]] non si distruggerebbe il male che rappresentano, ma si distruggerebbe il bene con il quale è contenuto, accerchiato e attenuato quel male.<ref>Citato in Armando Torno, [https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/2007/maggio/18/Cavour_alla_Merlin_prostitute_strada_co_7_070518002.shtml ''Da Cavour alla Merlin. Le prostitute in strada? Regole, non moralismi''], ''Corriere della Sera'', 18 maggio 2007.</ref>
*{{NDR|[[Raimondo di Sangro]] fu}} enciclopedico, misterioso, sempre intento a esperienze di chimica, sempre annunziatore di suoi ritrovati mirabili che nessuno vide mai in atto, o che in ogni caso non ebbero capacità di sopravvivere al loro inventore, un po' fantastico e appassionato e un po' altresì divertentesi a canzonare il prossimo [...]. (da<ref>Da ''Leggende di luoghi ed edifizi di Napoli'', p. 329).</ref>
*{{NDR|Subito dopo la Liberazione}} Gli uomini nuovi verranno. Bisogna non lasciarsi scoraggiare dal feticismo delle competenze. Gli uomini onesti assumano con coraggio i posti di responsabilità, e attraverso l'esperienza gli adatti non tarderanno a rivelarsi.<ref>Citato da [[Piero Calamandrei]] nel discorso tenuto il 28 febbraio 1954 al Teatro Lirico di Milano, alla presenza di Ferruccio Parri.</ref>
*I ''lazzari'' erano dunque l'infima classe dei proletari di [[Napoli]], quella classe che i sociologi moderni contrappone spesso al proletariato industriale, del quale infatti forma l'antitesi e il nemico, col nome di proletariato cencioso (''Lumenproletariat''). Naturalmente, codesti proletari napoletani, oltre i caratteri comuni dei proletari in generale, e in specie di quelli della grande città, hanno alcuni caratteri speciali, determinati dalle condizioni speciali del nostro paese. Qui il clima è mite, la vita relativamente facile, si può dormire all'aria aperta e nutrirsi di poco, si può essere sobri, e per conseguenza disposti alla spensieratezza: i bisogni morali e intellettuali della plebe non sono troppo grandi, la spingono di rado alla ribellione. (da<ref>Da ''Varietà intorno ai lazzari'',; in ''Napoli nobilissima'', Napoli, XIV, fasc. XI, ottobre-novembre 1905; citato in ''Napoli città d'autore'', vol. I, a cura di Daniela De Liso, Ilaria di Leva, Aldo Putignano, Edizioni cento autori, Napoli, 2008).</ref>
*I teatri di [[Napoli]] (mi suggerisce qui il nostro maestro [[Giuseppe De Blasiis]]) hanno a capo della loro storia perfino una grande memoria classica, le recite che vi venne a fare di persona l'imperatore [[Nerone]]. E, sebbene un'introduzione "archeologica" sembri ora di tanto cattivo gusto quanto una volta di ottimo, sia ricordato dunque che Nerone, avido di popolari applausi, e non osando presentarsi dapprima sulle scene di Roma, preferì pel suo esordio la nostra città, ''quasi graecam urbem''. Napoli, che possedeva, allora un ampio teatro scoperto, ricco di marmi e di statue, del quale ancora restano i ruderi, e la cui scena sorgeva di sbieco alle spalle della presente chiesa di San Paolo e la ''cavea'' volgeva verso la presente strada dell'Anticaglia; e un teatro coperto, un Odeo, posto probabilmente tra l'Anticaglia e gl'Incurabili, nelle vicinanze del luogo dove è adesso l'ex monastero di Santa Patrizia.<ref>Da ''I teatri di Napoli'', Bari, 1926<sup>3</sup>; citato in ''Il San Carlo e i Teatri della Campania'', ''(Monumenti e Miti della campania Felix, Il Mattino)'', 1997, Pierro, p. 10.</ref>
*I versi, che [[Isabella di Morra]] scrisse, sono di carattere assai personale e privato, e non erano tali da circolare tra letterati e accademie [...] Sparsene le copie in Napoli, furono letti con pietà e ammirazione [...] Il nome d'Isabella di Morra rimase oscuramente raccomandato che nessuno dei contemporanei (salvo, nel secolo seguente, il nipote nella storia della famiglia) scrisse un ricordo di lei [...] Il carattere personale dei versi della Morra e il non vedervisi segno alcuno di esercitazione o bellurie letteraria formano la loro prima attrattiva. L'autrice possedeva certamente buoni studi, aveva letto poesie classiche e aveva pratica del verseggiare e della forma italiana; ma mise in opera questa abilità, acquistata con l'educazione e con la scuola, all'unico fine di dare qualche placamento o mitigazione al suo affanno e travaglio, e a questo fine la piegò e asservì del tutto. (da<ref>Da ''La Critica, Volume 27'', Laterza, 1929, p. 30-31).</ref>
*{{NDR|[[Paul Valéry]]}} Fa a volte bei versi, ma li fabbrica con la macchina dell'intelletto... Ma anche l'intelletto suo è disorganico, frammentario. È un dilettante dell'intelligenza. (citato<ref>Citato in [[Giovanni Titta Rosa]], ''Una visita di Croce'', ''La Fiera Letteraria'', n. 5, 14 marzo 1971).</ref>
*Il bisogno pratico, che è nel fondo di ogni giudizio storico, conferisce a ogni [[storia]] il carattere di "storia contemporanea", perché, per remoti e remotissimi che sembrino cronologicamente i fatti che vi entrano, essa è, in realtà, storia sempre riferita al bisogno e alla situazione presente, nella quale quei fatti propagano le loro vibrazioni.<ref (daname=storia>Da ''La storia come pensiero e come azione'', Laterza).</ref>
*Il [[filosofia|filosofo]], oggi, deve non già fare il puro filosofo, ma esercitare un qualche mestiere, e in primo luogo, il mestiere dell'uomo. (da<ref>Da ''Lettere a Vittorio Enzo Alfieri (1925-1952)'', premessa, pagg. X-XI, Edizioni Spes, 1976).</ref>
*[...] il [[Raimondo di Sangro|principe di Sansevero]], o il «Principe» per antonomasia, che cosa è altro in [[Napoli]], per il popolino delle strade che attorniano la Cappella dei Sangro, ricolma di barocche e stupefacenti opere d'arte, se non l'incarnazione napoletana del dottor Faust o del mago salernitano Pietro Barliario, che ha fatto il patto col diavolo, ed è divenuto un quasi diavolo esso stesso, per padroneggiare i più riposti segreti della natura o compiere cose che sforzano le leggi della natura? (da<ref>Da ''Leggende di luoghi ed edifizi di Napoli'', pp. 327-328).</ref>
*Intimorito per le minacce fatteli dallo scrivano fiscale Not. Antonio di Sauro, con una crasta di piatto si aperse il ventre,; essendosi confessato, dopo sei ore morì, il dì 10 febbraio 1755, nelle carceri del Ponte di Tappia. (da<ref>Da ''La morte del commediografo [[Pietro Trinchera|P. Trinchera]]'',; citato in Enzo Grana, prefazione a Pietro Trinchera, ''La moneca fauza'' o ''La forza de lo sango'', Attività Bibliografica Editoriale, Napoli, 1975).</ref>
*Io, modestamente, so di vivere in un continuo colloquio con Dio, così serio e intenso che molti cattolici e molti preti non hanno mai sentito nella loro anima. (da<ref>Da ''Dialogo su Dio: carteggio 1941-1952'', Archinto, Milano, 2007, p. 22).</ref>
*L'impedimento che urge rimuovere è la persona del re, [[Vittorio Emanuele III]], che ha aperto le porte al fascismo, lo ha favorito, sostenuto, servito per oltre vent'anni, lo ha seguito in tutte le sue azioni e persecuzioni più contrarie alla moralità... Pretendere che l'Italia conservi il presente re, è come pretendere che un redivivo resti abbracciato con un cadavere. (citato<ref>Citato in ''Corriere della seraSera'', 9 febbraio 2010).</ref>
*{{NDR|Riferendosi a [[Benito Mussolini]]}} [...] l'uomo, nella sua realtà, era di corta intelligenza, correlativa alla sua radicale deficienza di sensibilità morale, ignorante di quella ignoranza sostanziale che è nel non intendere e non conoscere gli elementari rapporti della vita umana e civile, incapace di autocritica al pari che di scrupoli di coscienza, vanitosissimo, privo di ogni gusto in ogni sua parola o gesto, sempre tra il pacchiano e l'arrogante. (dai<ref>Dai ''Taccuini'', 2 dicembre 1943)<ref>Citato; citato in [[Walter Barberis]], ''Il bisogno di patria'', Giulio Einaudi editore, Torino, 2010, p.88. ISBN 978-88-06-20464-8</ref>
*La [[conoscenza]] umana ha due forme: è o conoscenza ''intuitiva'' o conoscenza ''logica''; conoscenza per la ''fantasia'' o conoscenza per l<nowiki>'</nowiki>''intelletto''; [...] è, insomma, o produttrice d'''immagini'' o produttrice di ''concetti''. (citato<ref>Citato in [[Fruttero & Lucentini]], ''Íncipit'', Mondadori, 1993).</ref>
*La [[critica]] è un fucile molto bello: deve sparare raramente! (citato<ref>Citato in [[Gino Doria]], ''Venticinque aneddoti crociani scelti e pubblicati in occasione del 75. compleanno dalla nascita di Benedetto Croce'', SIEM, Napoli, 1936).</ref>
*La [[giustizia]] vera è fatta di compassione. (da<ref>Da ''Etica e politica'', G. Laterza & figli).</ref>
*{{NDR|Sulla rivoluzione di luglio francese}} La inesperienza o la troppo breve pratica della vita libera non aveva permesso ancora la formazione di quel senso del cangiamento e della continuità ad una, che il popolo inglese possedeva, non certo per dono di natura, ma per la formazione storica. (da<ref>Da ''Storia d'Europa nel secolo decimonono'' (1932), Laterza, Bari, 1965, p. 142).</ref>
*La [[iettatura]] è una cosa che non esiste, ma della quale bisogna tener conto.<ref>Citato in [[Camilla Cederna]], ''Giovanni Leone'', Feltrinelli, 1978. p. 35.</ref>
*La [[libertà]] al singolare esiste soltanto nelle libertà al plurale. (da<ref>Da ''Storia d'Europa nel secolo decimonono'').</ref>
*La morte sopravverrà a metterci in riposo, a toglierci dalle mani il compito a cui attendevamo; ma essa non può fare altro che così interromperci, come noi non possiamo fare altro che lasciarci interrompere, perché in ozio stupido essa non ci può trovare. (da<ref>Da ''Quaderni della critica''; citato in Giovanni Casoli, ''Novecento letterario italiano ed europeo: autori e testi scelti'', vol. 1, Città Nuova, 2002, [https://books.google.it/books?id=pZW2cd1Te-AC&pg=PA120 p. 120]).</ref>
*La [[poesia]] solo in piccola parte si trova negli innumeri libri detti di poesia.<ref (da ''La name=storia come pensiero e come azione'')/>
*La [[storia]] non è mai giustiziera, ma sempre giustificatrice; e giustiziera non potrebbe farsi se non facendosi ingiusta, ossia confondendo il pensiero con la vita, e assumendo come giudizio del pensiero le attrazioni e le repulsioni del sentimento. (da<ref>Da ''Teoria e storia della storiografia''; citato in Adelelmo Campana, ''Benedetto Croce: filosofia e cultura'', Calderini, 1976, p. 150).</ref>
*La rappresentazione della realtà e la bellezza sono in arte la stessa cosa, e [...], dove si sente che manca la bellezza, manca nient'altro che la perfezione stessa del rappresentare. (''Balzac'', da ''Poesia e non poesia'')
*La storia nostra è storia della nostra anima; e storia dell'anima umana è la storia del mondo.<ref (da ''La name=storia come pensiero e come azione'')/>
*La [[storia]] non è mai giustiziera, ma sempre giustificatrice; e giustiziera non potrebbe farsi se non facendosi ingiusta, ossia confondendo il pensiero con la vita, e assumendo come giudizio del pensiero le attrazioni e le repulsioni del sentimento. (da ''Teoria e storia della storiografia''; citato in Adelelmo Campana, ''Benedetto Croce: filosofia e cultura'', Calderini, 1976, p. 150)
*La [[violenza]] non è forza ma debolezza, né mai può essere creatrice di cosa alcuna, ma soltanto distruggerla.<ref (da ''La name=storia come pensiero e come azione'')/>
*La storia nostra è storia della nostra anima; e storia dell'anima umana è la storia del mondo. (da ''La storia come pensiero e come azione'')
*Le verità definite dai filosofi non si abbattono a vicenda, ma si sommano e si integrano le une con le altre, e dominano il pensiero e la vita, se anche il volgo di questo non si avveda e non si avvede di esserne anch’essoanch'esso dominato.<ref>Da (da "''Intorno al mio lavoro filosofico"''; in "''Filosofia Poesia Storia"'', Riccardo Ricciardi, Napoli, 1955, p. 4).</ref>
*La [[violenza]] non è forza ma debolezza, né mai può essere creatrice di cosa alcuna, ma soltanto distruggerla. (da ''La storia come pensiero e come azione'')
*Le verità definite dai filosofi non si abbattono a vicenda, ma si sommano e si integrano le une con le altre, e dominano il pensiero e la vita, se anche il volgo di questo non si avveda e non si avvede di esserne anch’esso dominato. (da "Intorno al mio lavoro filosofico" in "Filosofia Poesia Storia", Riccardo Ricciardi, Napoli, 1955, p. 4)
*Lottano metallurgici e magistrati, ferrovieri e professori universitari, tranvieri e ufficiali di marina, e, perfino i pensionati dello Stato, perfino gli scolaretti delle scuole secondarie contro lo sfruttamento che eserciterebbero sopra di essi i loro maestri. [...] Lo Stato è concepito come una lotteria, alla quale tutti giocano e nella quale si può vincere studiando un libro meno mistico di quello della Cabala, facendo chiasso sui giornali, agitandosi, minacciando e premendo su deputati e ministri.<ref>Citato in Italo De Feo, ''Croce: l'uomo e l'opera'', Mondadori, Milano, 1975, p. 453.</ref>
*Molta parte dell'anima nostra è [[dialetto]]. (citato<ref>Citato in [[Renato de Falco]], ''[http://www.tecalibri.info/D/DEFALCO-R_parlar.htm#p002 Del parlar napoletano]'', p. 13, Colonnese, Napoli, 2007 [1997]. ISBN 978-88-87501-77-3)</ref>
*{{NDR|Su [[Giovanni Cotta]]}} Né gli mancano più forti corde, quali vibrano nell'ode all'[[Bartolomeo d'Alviano|Alviano]] per la guerra che conduceva in difesa della Serenissima.<ref>Da ''Poesia popolare e poesia d'arte'', Laterza, Bari, 1933, p. 457; citato in Gabriele Banterle, introduzione a Giovanni Cotta, ''I carmi'', a cura di Gabriele Banterle, Edizioni di "Vita veronese", Verona, 1954.</ref>
*Noi vogliamo, in fatto di scuola, a preferenza di sterminati eserciti di Serse, piccoli eserciti ateniesi e spartani, di quelli che vinsero l'Asia e fondarono la civiltà europea. (da<ref>Da ''Discorsi parlamentari'', Il Mulino, Bologna, 2002, p. 75.)</ref>
*Non possiamo distaccarci dal bene e dal male della nostra [[Patria]], né dalle sue vittorie né dalle sue sconfitte. (da<ref>Da ''Scritti e discorsi politici (1943-1947)'', Laterza) .</ref>
*Non è vero, ma ci credo. (citato<ref>Citato in Camillo Albanese, ''Un uomo di nome Benedetto: la vita di Croce nei suoi aspetti privati e poco noti'').</ref>
*Non possiamo non essere [[cristianesimo|cristiani]], anche se non seguiamo più le pratiche del culto, perché il cristianesimo ha modellato il nostro modo di sentire e di pensare in guisa incancellabile; e la diversità profonda che c'è fra noi e gli antichi [...] è proprio dovuta a questo gran fatto, il maggior fatto senza dubbio della storia universale, cioè il verbo cristiano. (da<ref>Da ''Storia dell'Idea di Europa'', pp. 162-63)163.</ref>
*Non sarebbe il tempo di smettere di aver fiducia nelle opposizioni e distinzioni dei partiti politici, tanto più che l'esperienza politica ci mostra che il partito che governa o governa è sempre uno solo e ha il consenso di tutti gli altri, che fanno le finte di opporsi? Non sarebbe meglio contare sugli uomini saggi, lavoratori e consapevoli del loro dovere verso la patria, i quali in Italia sono in maggior numero che non credano i pessimisti?<ref>Citato in Daniela Colli, [http://www.loccidentale.it/node/8906 ''La "religione della libertà" per Benedetto Croce''], ''l'Occidentale.it'', 11 novembre 2007</ref>
*Non si poteva aspettare e neppure desiderare che il fascismo cadesse a un tratto. Esso non è stato un infatuamento o un giochetto. Ha risposto a seri bisogni e ha fatto molto di buono.<ref>Citato in Emilio Gentile, ''Novecento italiano'', Laterza, Bari, 2008, p. 75.</ref>
*Ogni vera [[storia]] è sempre autobiografica. (da<ref>Da ''Il carattere della filosofia moderna''; citato in [[Leo Valiani]], ''La filosofia della libertà'', Edizioni di Comunità, 1963).</ref>
*{{NDR|Su [[Giustino Fortunato]]}} Portò la questione meridionale a chiarezza di coscienza e di definizione, iniziandone la discussione in termini politici e storici, fino a farla riconoscere come la questione massima dello Stato italiano unitario. (citato<ref>Citato in Gerardo Raffaele Zitarosa, ''Giustino Fortunato storico'', L. Pellegrini, 1970, p. 15).</ref>
*[[Gaetano Salvemini|Salvemini]] fu ossessionato da un odio ferocissimo contro Giolitti e non vedeva altra via per il popolo italiano che il suffragio universale. Nel cervello di Salvemini vi è caos.<ref>Citato in Daniela Coli, ''Il filosofo, i libri, gli editori: Croce, Laterza e la cultura europea'', Editoriale scientifica, Napoli, 2002, p. 63</ref>
*Scocciatore è uno che ti toglie il piacere della solitudine e non ti dà quello della compagnia. (citato<ref>Citato in [[Roberto Gervaso]], ''Ve li racconto io'', Milano, Mondadori, 2006, p. 132. ISBN 88-04-54931-9)</ref>
*Si sostenne, oltre alle guerre, la lunga e dolorosa guerriglia del [[brigantaggio]], inacerbitosi nell'Italia meridionale, come di solito nelle rivoluzioni e nei passaggi di governo, e che fu domato finalmente e per sempre: cosicché la parola "brigantaggio" poté a poco a poco dissociarsi dal nome del paese d'Italia, al quale era stata congiunta forse più che ad altra parte di Europa, almeno nei tempi moderni. (da<ref>Da ''Storia d'Italia dal 1871 al 1915'', Napoli, 1927).</ref>
*{{NDR|Su [[Martin Heidegger]]}} Scrittore di generiche sottigliezze, arieggiante a un Proust cattedratico, egli che, nei suoi libri non ha dato mai segno di prendere alcun interesse o di avere alcuna conoscenza della storia, dell'etica, della politica, della poesia, dell'arte, della concreta vita spirituale nelle sue varie forme – quale decadenza a fronte dei filosofi, veri filosofi tedeschi di un tempo, dei Kant, degli Schelling, degli Hegel! –, oggi si sprofonda di colpo nel gorgo del più falso storicismo, in quello, che la storia nega, per il quale il moto della storia viene rozzamente e materialisticamente concepito come asserzione di etnicismi e di razzismi, come celebrazione delle gesta di lupi e volpi, leoni e sciacalli, assente l'unico e vero attore, l'umanità. [...] E cosi si appresta o si offre a rendere servigi filosofico-politici: che è certamente un modo di prostituire la filosofia. (da<ref>Da ''Conversazioni Critiche'', Serie Quinta, Bari, Laterza, 1939, p. 362).</ref>
*{{NDR|La cultura e più di ogni altra la cultura greca}} si era spenta, suscitando continuatori altrove: quel monaco calabrese {{sic|Barlaamo}} e quel suo scolaro, [[Leonzio Pilato]], [che insieme ad] altri traduttori ... operosi alla corte dei sovrani angioini, rappresentano l'ultima trasfusione della cultura normanno-sveva e meridionale nell'incipiente umanesimo. (da<ref>Da ''Storia del Regno di Napoli'', Bari, 1958, pp. 88-89.<ref>Citato; citato in Tobia Cornacchioli, ''Nobili, borghesi e intellettuali nella Cosenza del Quattrocento, L<nowiki>'</nowiki>''academia'' parrasiana e l'Umanesimo cosentino'', Edizioni Periferia, Cosenza, stampa 1990, p. 45.</ref>)
*{{NDR|Su [[John Ruskin]]}} Temperamento d'artista, impressionabile, eccitabile, volubile, ricco di sentimento dava tono dommatico e forma apparente di teoria, in pagine leggiadre ed entusiastiche ai suoi sogni e capricci. (da<ref>Da ''Estetica come scienza dell'espressione e linguistica generale: Teoria e storia'', Laterza, 1908).</ref>
*Un'altra manifestazione della volgare inintelligenza circa le cose della politica è la petulante richiesta che si fa della "[[onestà]]" nella vita politica. [...] L'onestà politica non è altro che la capacità politica: come l'onestà del medico e del chirurgo è la sua capacità di medico e di chirurgo, che non rovina e assassina la gente con la propria insipienza condita di buone intenzioni e di svariate e teoriche conoscenze.<ref>Da ''La religione della libertà'', a cura di Girolamo Cotroneo, Rubbettino, Catanzaro, 2002, p. 207.</ref>
*{{NDR|Su [[Diego Sandoval de Castro]]}} [...] un petrarchista garbato e, come allora piaceva dire "soave" [...].<ref>Da ''[[Isabella di Morra]] e Diego Sandoval de Castro'', Sellerio, Palermo, 1983, p. 21 (saggio di introduzione ristampato da ''Vite di avventure, di fede e di passione'', Laterza, Bari, 1947); citato in Diego Sandoval de Castro, ''Rime'', a cura di Tobia R. Toscano, Salerno Editrice, Roma, 1997, p. 21. ISBN 8884022169</ref>
*Un velo di mestizia par che avvolga la [[Bellezza]], e non è velo, ma il volto stesso della Bellezza. (da ''La poesia'', Laterza)
*{{NDR|Su [[José Borjes]]}} Uno dei più rinomati cabecillas delle guerre carliste, coraggioso, esperto di guerra, sincero e devoto uomo. (da<ref>Da ''Uomini e cose della vecchia Italia: serie seconda'', Laterza, 1956).</ref>
*{{NDR|Su [[Francesco Mazzarella Farao]]}} Uno di quei dotti a cui la dottrina nuoce.<ref>Da ''Un paradiso abitato da diavoli'', a cura di [[Giuseppe Galasso]], Adelphi, Milano, 2006<sup>2</sup>, p. 88. ISBN 88-459-2036-4</ref>
*Vedete un po' se vi riesce di far che un gruppo di artisti collabori a un monumento. Questo che si otteneva sessanta o settant'anni fa, da scultori e pittori che avevano frequentato l'accademia e si recavano a messa la domenica (ossia si sottomettevano interiormente a qualcosa o qualcuno), ora è inconseguibile: [...] I nostri monumenti saranno per i posteri i documenti della nostra convulsione morale.<ref>Citato in Adelina Bisignani, ''Croce: il partito politico'', Palomar, Bari, 2000, p. 45</ref>
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*Gli umili e gli oppressi vedendo i dolori e le ingiustizie della vita, era ben difficile che la concezione ultronea di questa non fosse pessimistica.
*Non è possibile disputare su ciò che è stato dichiarato di per sè inesistente, e cioè sul pensiero e sulla verità.
 
==''Poesia e non poesia''==
*La rappresentazione della realtà e la bellezza sono in arte la stessa cosa, e [...], dove si sente che manca la bellezza, manca nient'altro che la perfezione stessa del rappresentare. (cap. XIX, ''Balzac'',; dap. ''Poesia e non poesia''247)
 
==''Storia d'Europa''==
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==Bibliografia==
*Benedetto Croce, ''Breviario di estetica'', G. Laterza e Figli, Bari, 1912.
*Benedetto Croce, ''[https://archive.org/details/poesiaenonpoesia18crocuoft Poesia e non poesia. {{small|Note sulla letteratura europea del secolo decimonono}}]'', G. Laterza e Figli, Bari, 1923.
*Benedetto Croce, ''Filosofia, poesia, storia'', Riccardo Ricciardi, Napoli, 1955.
*Benedetto Croce, ''Leggende di luoghi ed edifizi di Napoli'', in ''Storie e leggende napoletane'', a cura di [[Giuseppe Galasso]], Adelphi, Milano, 1990. ISBN 978-88-459-1487-4
*Benedetto Croce, ''Storia d'Europa nel Secolo Decimonono'', Laterza, Bari, 1965.
*Benedetto Croce, ''Nuove pagine sparse'', G. Laterza e Figli, Bari, 1966.
*Benedetto Croce, ''Ariosto, Shakespeare e Corneille'', Laterza, Bari, 1968.
 
==Voci correlate==