Alberto Moravia: differenze tra le versioni

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*{{NDR|Su [[Pier Paolo Pasolini]]}} La sua fine è stata al tempo stesso simile alla sua opera e dissimile da lui. Simile perché egli ne aveva già descritto, nei suoi romanzi e nei suoi film, le modalità squallide e atroci, dissimile perché egli non era uno dei suoi personaggi bensì una figura centrale della nostra cultura, un poeta che aveva segnato un'epoca, un regista geniale, un saggista inesauribile.<ref>Da ''Ma che cosa aveva in mente?'', ''L'Espresso'', 9 novembre 1975; citato in Antonio Tricomi, ''Pasolini: gesto e maniera'', Rubbettino, Soveria Mannelli, 2005, [https://books.google.it/books?id=4GEbLBR4nGUC&pg=PA129#v=onepage&q&f=false p. 129]. ISBN 88-498-1310-4</ref>
*Le [[Esperienza|esperienze]] che contano sono spesso quelle che non avremmo mai voluto fare, non quelle che decidiamo noi di fare.<ref>Da ''Breve autobiografia letteraria'', in ''Opere 1927-1947'', a cura di G. Pampaloni, Bompiani, Milano, 1986.</ref>
*[[Michelangelo Antonioni]], con ''[[Professione: reporter]]'' ha fatto il suo film più rigoroso ed essenziale.<ref name=Antonioni/>
*Niente ha successo come il [[successo]].<ref>Da ''Breve autobiografia letteraria''.</ref>
*Non tutti i [[delitti]] hanno riflessi [[società|sociali]]. [...] Ma ci sono delitti, invece, in cui tutto è sociale, dall'arma usata all'ambiente fisico, dai caratteri dei protagonisti al loro modo di vita, tutto, perfino il dolore, perfino il peccato, perfino la riparazione, perfino il pentimento.<ref>Da ''L'Europeo'', 1952, n. 2, p. 7.</ref>
*{{NDR|Su ''[[La dolce vita]]''}} Pur tenendosi costantemente a un alto livello espressivo, Fellini pare cambiar maniera secondo gli argomenti degli episodi, in una gamma di rappresentazione che va dalla caricatura espressionista fino al più asciutto neorealismo. In generale si nota un'inclinazione alla deformazione caricaturale dovunque il giudizio morale si fa più crudele e più sprezzante, non senza una punta, del resto, di compiacimento e di complicità, come nella scena assai estrosa dell'orgia finale o in quella della festa dei nobili, ammirevole quest'ultima per sagacia descrittiva e ritmo narrativo.<ref>Da ''L'Espresso'', 14 febbraio 1960; citato in Claudio G. Fava, Aldo Viganò, ''I film di Federico Fellini'', Gremese, Roma, 1995, [https://books.google.it/books?id=DNMSsPUpWnoC&pg=PA96&lpg=PA96#v=onepage&q&f=false p. 96]. ISBN 88-7605-931-8</ref>
*Questa storia di ''[[Professione: reporter]]'', ultimo film di [[Michelangelo Antonioni]], a tutta prima fa pensare al ''[[Luigi Pirandello#Il fu Mattia Pascal|Fu Mattia Pascal]]'' di [[Luigi Pirandello|Pirandello]]. Ma Pirandello vuole dimostrare, in maniera sarcastica e paradossale, che l'identità è un mero fatto sociale, cioè che esistiamo in quanto gli altri riconoscono la nostra esistenza; mentre Antonioni sembra pensare giusto il contrario e cioè che esistiamo, sia pure come grumo di dolore, anche e soprattutto fuori della società.<ref name=Antonioni>Da ''Una bella bara a due piazze'', ''L'Espresso'', 9 marzo 1975.</ref>
*Ricordo un mio viaggio in Israele. A Gerusalemme mi ha fatto da guida il sindaco Teddy Kollek. Mentre percorrevo la [[Via Crucis]], a un certo punto mi ha detto: "Qui Lui è caduto sotto la Croce!". Non nascondo che mi è venuto un nodo alla gola. Non riesco ad avere l'idea di un Dio Padre astratto; per me Dio è Gesù. Nessuno ha parlato come Lui: beati quelli che non contano, i poveri, gli infelici...<ref>Citato in [[Mario Canciani]], ''Vita da prete'', Mondadori, Milano, 1991, p. 88.</ref>
*[[Roma]] ha l'[[osteria]], luogo popolaresco, un po' [[buio]], bonario, con tavole di marmo, boccali di [[vino]], belle insegne rossastre con le scritte: «Vino dei Castelli a tanto il litro».<ref>Da ''Viaggio in Inghilterra'', p. 21.</ref>