Christian De Sica: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Christian De Sica==
{{cronologico}}
*Mio [[padre]] mi ha sempre insegnato a fare tutto. Quando gli ho detto che volevo fare l'[[attore]], mi ha detto di studiare [[doppiaggio]], perché secondo lui era la scuola migliore. Non l'Accademia di Arte Drammatica, che sforna a volte pessimi attori di [[teatro]]. "Gli attori di teatro – mi diceva – parlano il 'birignao'. Invece bisogna parlare il dialetto, che è il vero italiano".<ref>Citato in Gabriele Rifilato, ''Dizionario degli attori: Gli attori del nostro tempo'', a cura di Gabriele Rifilato, Rai-Eri, 2005, Roma. ISBN 8839712895</ref>
*Papà è spirato tra le mie braccia il 13 novembre 1974 all'ospedale di Neuilly-sur-Seine, vicino a [[Parigi]]. Io recitavo in teatro a [[Milano]]. Mia madre mi ha chiamato. Ho preso il primo aereo. Sono arrivato all'ospedale, ho visto papà. Il vestito attaccato alla stampella. Quello blu. Gessato. Elegante. Non aveva più voce. Mi disse: "Christian, molla tutto e vieni via con me, mi faccio un ultimo ciclo della cura, poi torniamo a Montecarlo. Stai vicino a mamma, Christian, e soprattutto guarda che bel culo che c'ha quell'infermiera".<ref>Citato in ''Acchiappafilm'', dicembre 2008.</ref>
*{{NDR|Sulla madre [[Maria Mercader]]}} Una donna d'altri tempi, molto simpatica e spiritosa, completamente incosciente. I fascisti le hanno buttato giù la casa in Spagna, è andata in Francia a recitare, aveva più successo di mio padre, era molto bella, elegante. Poi mio padre l'ha chiusa in casa e lei ha vissuto tutta la vita innamorata di lui, tra il parrucchiere, le partite a carte coi miei zii e noi figli. È stata un po' vittima. In parte è stata lei a spingere mio padre a diventare regista, anche per allontanarlo dal teatro e dalla prima moglie.<ref>Dall'intervista di Arianna Ravelli, ''[http://www.corriere.it/cultura/14_ottobre_02/christina-de-sica-d9e5717c-4a63-11e4-9fe4-a545a65e6beb.shtml Christian De Sica: "Voglio fare un film su mia madre"]'', ''Corriere.it'', 2 ottobre 2014.</ref>
 
{{intestazioneint|Dall'intervista a ''Corriere del Mezzogiorno'', 9 aprile 2006|Riportata su ''[http://win.cinemaepsicoanalisi.com/de_sica_christian_intervista.htm Cinemaepsicoanalisi.com]''.}}
*[[Napoli]] [...] è l'unica città dove le persone ti salutano ancora con il "buongiorno" e non con un laconico "notte" o "giorno".
*I nostri divi erano persone semplicissime, non era come in [[Stati Uniti d'America|America]] che per parlare con uno di loro dovevi prima passare per agenti e segretarie. Quando volevo telefonare ad [[Alberto Sordi]] o a [[Peppino De Filippo]] componevo il loro numero telefonico e parlavo direttamente con loro. In [[Italia]], adesso, i divi sono quelli che fanno i reality o i calciatori. Il divismo è finito negli Anni Cinquanta e nacque dopo la guerra perché c'era la fame e la gente voleva sognare un mondo che non era la realtà. C'era un'ingenuità diversa da oggi.