Paolo Monti: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Paolo Monti==
*Arrivato a [[Milano]] nel 1953, dopo lunghi anni di assenza, per iniziare il mio nuovo lavoro di [[fotografo]] professionista, il passato di questa città mi inseguiva: una Milano in parte immaginaria e quasi [[Stendhal|stendhaliana]]. Come guarirne? Anch'io ebbi il problema delle [[Domenica|domeniche]] che in parte risolsi fotografando quelle degli altri: operai, piccoli impiegati e gli immigrati che scoprivano negli stabilimenti della Bovisa e di Baggio il fascino delle nuove cattedrali. E poi le coppie che passeggiavano al sole di Ripa Ticinese, quasi senza automobili, e nei prati divisi dalle rotaie della ferrovia, con lontane voci di giochi del calcio. Dopo quasi un quarto di secolo dal mio nuovo incontro con Milano, risuonano ancora nella mia memoria gli zoccoli dei cavalli che trascinavano le grandi barche, sul naviglio lungo le sforzesche strade Alzaia di via Senato, via Santa Sofia, via Molino delle Armi. Ma queste fotografie, per me tanto attuali, mi correggono: Leonardo è morto da un pezzo e i cavalli ci sono solo a San Siro. E altre coppie, venute anche da lontano, passano ancora la domenica così.<ref>Citato nel catalogo della mostra ''L'occhio di Milano. {{small|48 fotografi 1945/1977}}'', a cura di Cesare Colombo, Magma, Milano, 1977. Milano 1977.</ref><ref name=beic/>
*Da qualche tempo si parla con sempre maggior insistenza di una civiltà dell'[[immagine]] destinata a sostituirsi quasi interamente e presto alla millenaria civiltà della [[parola]]. Non è questo il luogo per esaminare le profezie, né per tentare una definizione di quelli che potranno essere in futuro i rapporti fra parola e immagine. Occorrerebbe anzitutto definire le possibilità espressive e i limiti di comunicazione del visibile, e non basterebbe un volume. Bisognerà rilevare invece la periodica necessità di fare confronti e di fissare qualche punto di riferimento, altrimenti l'invadente marea delle immagini destinate al consumo immediato ci impedirebbe di "vedere" quello che merita di essere ricordato. A questo servono le esposizioni di fotografia: selezionare per conoscere, giudicare e conservare il meglio. [...] Dopo tanto parlare di fotografie vogliamo chiudere con un ammonimento di [[Emilio Cecchi]] che in ''America Amara'', dopo aver visitato una enorme collezione di fotografie della Biblioteca civica di New York, scriveva: "Nella igiene e nella salute del mondo ha gran parte, forse la parte suprema, il trascurare, il distruggere, semplificare e dimenticare. Le antiche civiltà erano vigorose e vitali perché generosamente distruggitrici e si affidavano spavaldamente all'oblio." Siamo d'accordo, purché si aggiunga che occorre distruggere con giudizio per poter conservare secondo giustizia e nel nostro caso con quel giudizio critico che può lentamente formarsi attraverso mostre come questa dove ci è quasi consentito di essere posteri di noi stessi.<ref>Citato nel catalogo della mostra ''Quarta Mostra Biennale Internazionale della Fotografia'', Edizioni Biennale Fotografica, Venezia, 1963.</ref><ref name="beic" />
*Il paese non riconosce un fotogiornalista come [[Giornalismo|giornalista]].