Carlo Lapucci: differenze tra le versioni
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'''Carlo Lapucci''' (
{{intestazione|Citato in Beatrice Manetti, ''[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2006/09/03/proverbi-il-cosmo-in-due-parole.html Proverbi, il cosmo in due parole]'', ''la Repubblica'', 3 settembre 2006.}}
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*Il [[proverbio]] era legato in larga parte alla civiltà agricola: sparita quella, le sue metafore diventano incomprensibili. I giovani, che non sanno più cosa sia la fermentazione del vino o la differenza tra un gallo e una gallina, non li capiscono. Però è proprio quando una cosa sta morendo che incuriosisce di più. Se incontrano un proverbio, i ragazzi si fermano e chiedono spiegazioni. Ne sono attratti, un po' perché la metafora è l'aspetto creativo della lingua, un po' perché la sua sintesi e la sua ricchezza espressiva sono in perfetta sintonia con il modo di comunicare di oggi. È lo stesso meccanismo che riempie i diari dei ragazzi di aforismi o di frasi celebri del cinema.
*In Toscana il proverbio era usato di continuo. Pensi a quel verso della "''Commedia''" che dice "''poca favilla gran fiamma seconda''": [[Dante Alighieri|Dante]] trova un proverbio all'interno della sua lingua, lo formalizza e alla fine soppianta quello che c'era prima. Anche [[Francesco Petrarca|Petrarca]] è un grande utilizzatore di proverbi, e la cosa non sorprende. Entrambi vivevano ancora a diretto contatto con la cultura popolare, prima che l'Umanesimo e il Rinascimento chiudessero la cultura dentro le stanze del principe
*La prima caratteristica del mondo toscano è un realismo crudo, legato al quotidiano, che non risparmia neanche la sfera del sacro e del sublime. Tra gli innumerevoli proverbi sulle suocere, tutti ugualmente feroci, ce n'
[[Categoria:Scrittori italiani]]
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