Mario Rigoni Stern: differenze tra le versioni

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*[[Sergej Aleksandrovič Esenin|Sergej Esenin]], il poeta arcangelo-contadino che passò attraverso il bene e il male dell'esistenza per lasciarci un dolce messaggio.<ref name=Esenin>Da ''Arboreto Salvatico'', Einaudi, 2006, p. 50.</ref>
*Un giorno ricevetti una lettera da San Pietroburgo (allora si chiamava Leningrado): di un uomo che, avendo letto il mio libro tradotto in russo, mi scriveva: "so chi mi ha sparato la notte del 26 gennaio. Quando gli Alpini ruppero l'accerchiamento a Nikolajewka. In quella notte ci siamo sparati, ma per fortuna siamo tutti e due vivi".<ref name=chetempo/>
 
==''Il bosco degli urogalli''==
===[[Incipit]]===
Sono passati vent'anni e ancora gli sembra ieri. Anche perché il tempo, nella vita di un uomo, non si misura con il calendario ma con i fatti che accadono; come la strada che si percorre non è segnata dal contachilometri ma dalla difficoltà del percorso. La Nord del [[Cervino]] è molto più lunga dell'autostrada del Sole.
 
===Citazioni===
*Una mattina ne alzammo uno {{NDR|[[gallo cedrone|urogallo]]}} che dal rumore del volo doveva essere maestoso come un'aquila. Pareva che al suo passaggio gli alberi dovessero schiantare come tagliati da una scure magica. (p. 33)
*Tutto era calmo nella notte calda e profonda e la terra era tiepida e madre anche se nelle buche stagnava l'odore delle granate e gli occhi bruciavano. Le quaglie cantavano da distanze senza misura: da su verso [[Leningrado]] fin giù al mar d'Azov. Come le [[stelle]]. E la campagna era tutta piana: erba verde, campi di frumento e girasoli che da mesi aspettavano di essere raccolti. Gli uomini, al posto di falci e trattori, usavano mitragliatrici e carri armati e chi raccoglieva era la [[Morte]]. (p. 50)
*Passarono le [[stagioni]]: la [[primavera]] con il disgelo, l'[[estate]] con il fieno e le malghe, l'[[autunno]] con la legna e i funghi, l'[[inverno]] con i morbidi piumini sui letti tiepidi e la [[neve]] sulle finestre. Tutte le cose mutano in fretta. Troppo in fretta. (p. 99)
*[[Lavoro|Lavorare]] bisogna. Lavorare se si vuole essere contenti nella vita. (p. 102)
*Abeti, betulle, paesi, città, betulle, paesi, corsi d'acqua gelati, ragazzi sui pattini, una slitta nella pianura, una casupola, abeti. Allegria portava la vista di una grossa lepre che sbucava spaurita dalle siepi paraneve che fiancheggiavano la ferrovia; stupore e poesia i piccoli branchi di [[capriolo|caprioli]] che dall'orlo dei boschi guardavano passare il nostro treno coperto di ghiaccioli e pareva impossibile che nel mondo ci fosse la [[guerra]] e noi armati. (p. 131)
*Quando venne sera accendemmo i lumi a nafta e il treno penetrò nella notte del Nord passando foreste d'abeti curvati dalla neve per lande battute dal libero vento, sfiorando villaggi addormentati, portando nel suo ventre uomini giovani e stranieri che andavano alla guerra.<br>Intanto, sdraiati nella paglia uno a fianco all'altro, dormivano sognando montagne e ragazze. Ma uno quella notte non dormì. In un angolo del vagone, accompagnato dal ritmo delle ruote sulle rotaie, pensava, per la prima volta in vita sua, al destino della povera gente, alla guerra che pretende che la povera gente s'ammazzi a vicenda e si chiedeva:<br>Chi ritornerà di quanti siamo su questo treno? Quanti compaesani uccideremo? E perché?<br>Giacché al mondo siamo tutti paesani. (p. 135)
 
===[[Explicit]]===
La sera ci colse di sorpresa seduti sotto un abete dove avevamo finito la borraccia della grappa. Lontano, giù in fondo, si vedeva il paese illuminato. Dalla linea delle luci indovinavo le strade e le contrade. Sopra le case si stendeva il fumo dei camini. I camini che fumano: case calde, latte fumante, patate e zuppa bollente, bambini assonnati. Finita la caccia.
 
==''Il sergente nella neve''==
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*Una [[mela]] guasta può far marcire una mela sana, ma una mela sana non può sanare una mela guasta.
*Qualcuno mi mette in mano un rasoio di sicurezza e un piccolo specchio. Guardo queste cose nelle mie mani e poi mi guardo nello specchio. E questo sarei io: Rigoni Mario di GioBatta, [...]. Una crosta di terra sul viso, la barba come fili di paglia, i baffi sporchi di muco, gli occhi gialli, i capelli incollati sulla testa dal passamontagna, un pidocchio che cammina sul collo. Mi sorrido.
 
==''Il bosco degli urogalli''==
===[[Incipit]]===
Sono passati vent'anni e ancora gli sembra ieri. Anche perché il tempo, nella vita di un uomo, non si misura con il calendario ma con i fatti che accadono; come la strada che si percorre non è segnata dal contachilometri ma dalla difficoltà del percorso. La Nord del [[Cervino]] è molto più lunga dell'autostrada del Sole.
 
===Citazioni===
*Una mattina ne alzammo uno {{NDR|[[gallo cedrone|urogallo]]}} che dal rumore del volo doveva essere maestoso come un'aquila. Pareva che al suo passaggio gli alberi dovessero schiantare come tagliati da una scure magica. (p. 33)
*Tutto era calmo nella notte calda e profonda e la terra era tiepida e madre anche se nelle buche stagnava l'odore delle granate e gli occhi bruciavano. Le quaglie cantavano da distanze senza misura: da su verso [[Leningrado]] fin giù al mar d'Azov. Come le [[stelle]]. E la campagna era tutta piana: erba verde, campi di frumento e girasoli che da mesi aspettavano di essere raccolti. Gli uomini, al posto di falci e trattori, usavano mitragliatrici e carri armati e chi raccoglieva era la [[Morte]]. (p. 50)
*Passarono le [[stagioni]]: la [[primavera]] con il disgelo, l'[[estate]] con il fieno e le malghe, l'[[autunno]] con la legna e i funghi, l'[[inverno]] con i morbidi piumini sui letti tiepidi e la [[neve]] sulle finestre. Tutte le cose mutano in fretta. Troppo in fretta. (p. 99)
*[[Lavoro|Lavorare]] bisogna. Lavorare se si vuole essere contenti nella vita. (p. 102)
*Abeti, betulle, paesi, città, betulle, paesi, corsi d'acqua gelati, ragazzi sui pattini, una slitta nella pianura, una casupola, abeti. Allegria portava la vista di una grossa lepre che sbucava spaurita dalle siepi paraneve che fiancheggiavano la ferrovia; stupore e poesia i piccoli branchi di [[capriolo|caprioli]] che dall'orlo dei boschi guardavano passare il nostro treno coperto di ghiaccioli e pareva impossibile che nel mondo ci fosse la [[guerra]] e noi armati. (p. 131)
*Quando venne sera accendemmo i lumi a nafta e il treno penetrò nella notte del Nord passando foreste d'abeti curvati dalla neve per lande battute dal libero vento, sfiorando villaggi addormentati, portando nel suo ventre uomini giovani e stranieri che andavano alla guerra.<br>Intanto, sdraiati nella paglia uno a fianco all'altro, dormivano sognando montagne e ragazze. Ma uno quella notte non dormì. In un angolo del vagone, accompagnato dal ritmo delle ruote sulle rotaie, pensava, per la prima volta in vita sua, al destino della povera gente, alla guerra che pretende che la povera gente s'ammazzi a vicenda e si chiedeva:<br>Chi ritornerà di quanti siamo su questo treno? Quanti compaesani uccideremo? E perché?<br>Giacché al mondo siamo tutti paesani. (p. 135)
 
===[[Explicit]]===
La sera ci colse di sorpresa seduti sotto un abete dove avevamo finito la borraccia della grappa. Lontano, giù in fondo, si vedeva il paese illuminato. Dalla linea delle luci indovinavo le strade e le contrade. Sopra le case si stendeva il fumo dei camini. I camini che fumano: case calde, latte fumante, patate e zuppa bollente, bambini assonnati. Finita la caccia.
 
==''L'ultima partita a carte''==
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===[[Explicit]]===
Lassú la montagna è silenziosa e deserta. Lungo la mu­lattiera che gli austriaci costruirono per giungere nei pres­si dell'Ortigara, dove un giorno raccolsi la punta ferrata del Bergstock che è qui sulla libreria, ora non passa piú nessuno. La neve che in questi giorni è caduta abbondan­te ha cancellato i sentieri dei pastori, le aie dei carbonai, le trincee della Grande guerra, le avventure dei [[caccia|cacciato­ri]]. E sotto quella neve vivono i miei ricordi.
 
==''Uomini, boschi e api''==
*Mai come oggi l'uomo che vive in Paesi industrializzati sente la mancanza di «natura» e la necessità di luoghi: montagne, pianure, fiumi, laghi, mari dove ritrovare serenità ed equilibrio; al punto che viene da pensare che la violenza, l'angoscia, il malvivere, l'apatia e la solitudine, siano da imputare in buona parte all'ambiente generato dalla nostra civiltà. (nota all'edizione tascabile; p. VI)
*Vorrei che tutti potessero ascoltare il canto delle coturnici al sorgere del sole, vedere i caprioli sui pascoli in primavera, i larici arrossati dall'autunno sui cigli delle rocce, il guizzare dei pesci tra le acque chiare dei torrenti e le api raccogliere il nettare dai ciliegi in fiore. (nota all'edizione tascabile; p. VI)
*[...] uccide piú la curiosità maldestra che il fucile. (da ''{{sic|«con il cielo e le selve»}}'', ''Caprioli a maggio''; p. 85)
 
==Citazioni su Mario Rigoni Stern==
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==Bibliografia==
*[[Carlo Mazzacurati]] e [[Marco Paolini]], ''Ritratti:. Mario Rigoni Stern'', Fandango Libri, Frosinone, 2006.
*Mario Rigoni Stern, ''IlAspettando sergentel'alba nellae nevealtri racconti'', Giulio Einaudi Editore, Torino, 19652004. ISBN 88-06-16817-7
*Mario Rigoni Stern, ''Uomini,Il boschibosco edegli apiurogalli'', Giulio Einaudi Editore, Torino, 19802000.
*Mario Rigoni Stern, ''SentieriIl sottosergente lanella neve'', Giulio Einaudi Editore, Torino, 19981965. ISBN 88-06-14900-8
*Mario Rigoni Stern, ''IlL'ultima boscopartita deglia urogallicarte'', Giulio Einaudi Editore, Torino, 20002009. ISBN 978-88-06-19647-9
*Mario Rigoni Stern, ''AspettandoSentieri l'albasotto ela altri raccontineve'', Giulio Einaudi Editore, Torino, 20041998. ISBN 88-06-1681714900-78
*Mario Rigoni Stern, ''L'ultimaUomini, partitaboschi ae carteapi'', Giulio Einaudi Editore, Torino, 20091999. ISBN 978-88-06-1964714873-97
 
 
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