Muriel Barbery: differenze tra le versioni

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*Nella nostra società essere povera, brutta e per giunta intelligente condanna a percorsi cupi e disillusi a cui è meglio abituarsi quanto prima. Alla [[bellezza]] si perdona tutto, persino la volgarità. E l'[[intelligenza]] non sembra più una giusta compensazione delle cose, una sorta di riequilibrio che la natura offre ai figli meno privilegiati, ma solo un superfluo gingillo che aumenta il valore del gioiello. La [[bruttezza]], invece, di per sé è sempre colpevole, e io ero già votata a quel tragico destino, reso ancora più doloroso se si pensa che non ero affatto stupida. (Renée, p. 39)
*[...] la funzione del [[gatto]] è di essere un totem moderno, una specie di incarnazione emblematica e protettrice del focolare, un riflesso benevolo di quello che sono gli inquilini della casa. (Paloma, p. 44)
*Pare che questa compresenza di talento e cecità sia il tratto distintivo dell'[[autoformazione|autodidatta]]. (ReéeRenée, p. 45)
*Giacché nutro per [[Immanuel Kant|Kant]] un'incrollabile ammirazione, e questo per il duplice motivo che il suo pensiero è una mirabile fusione di genio, rigore e follia e che, per quanto la sua prosa sia spartana, non ho incontrato grosse difficoltà a coglierne il senso. (Renée, p. 46)
*''Quelli più forti | tra tutti gli uomini | non fanno nulla | parlano solamente | parlano di continuo.'' (Paloma, p. 48) {{NDR|[[poesie dai libri|poesia]]}}
*[...] non c'è nessuno più puerile del [[cinismo|cinico]], perché il cinico crede ancora con tutte le sue forze che il mondo abbia un senso e non riesce a rinunciare alle sciocchezze dell'infanzia tanto che assume l'atteggiamento opposto. (Paloma, p. 48)
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*Fuori il mondo ruggisce o si addormenta, scoppiano le guerre, gli uomini vivono e muoiono, alcune nazioni periscono, altre, che verranno presto inghiottite, sorgono, e in tutto questo rumore e questo furore, in queste esplosioni e risacche, mentre il mondo avanza, si infiamma, si strazia e rinasce, si agita la [[vita]] umana. (Renée, p. 83)
*Dove si trova la [[bellezza]]? Nelle grandi cose che, come le altre, sono destinate a morire oppure nelle piccole che, senza nessuna pretesa, sanno incastonare nell'attimo una gemma di infinito? (Renée, p. 83)
*Il rituale del [[tè]], quel puntuale rinnovarsi degli stessi gesti e della stessa degustazione, quell'accesso a sensazioni semplici, autentiche e raffinate, quella libertà concessa a tutti, a poco prezzo, di diventare aristocratici del gusto, perché il tè è la bevanda dei ricchi così come dei poveri, il rituale del tè, quindi, ha la straordinaria virtù di aprire una breccia di serena armonia nell'assurdità delle nostre vite. (Renée, pp. 83-84)
*Nel nostro universo la [[vita]] umana è vissuta così: occorre ricostruire continuamente la propria identità di adulti, un fragilissimo assemblaggio sbilenco ed effimero che maschera la disperazione e racconta a sé stesso, davanti allo specchio, la menzogna alla quale abbiamo bisogno di credere. (Paloma, p. 85)
*Voi non lo percepite quando qualcuno odia sé stesso? Diventa un morto pur essendo vivo, anestetizza i cattivi sentimenti ma anche quelli buoni, per non provare il disgusto di sé. (Paloma, p. 86)
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*Quando sono angosciata, mi ritiro nel mio rifugio. Non c'è nessun bisogno di viaggiare; mi basta raggiungere le sfere della mia memoria letteraria e il gioco è fatto. Quale distrazione più nobile, quale compagnia più amena, quale trance più deliziosa di quella letteraria? (Renée, p. 117)
*Ah, la campagna russa... Ha quel fascino particolare delle regioni rimaste selvagge eppure unite all'uomo dalla solidarietà con la terra di cui tutti noi siamo fatti... (Renée, p. 117)
*È ciò che succede in tanti momenti felici della nostra esistenza. Sollevati dal fardello della decisione e dell'intenzione, navigando sui nostri mari interiori, assistiamo ai nostri movimenti come se fossero le azioni di un altro e tuttavia ne ammiriamo l'involontaria eccellenza. (Renée, p. 118)
*[...] temiamo il [[domani]] solo perché non sappiamo costruire il presente, e quando non sappiamo costruire il presente ci illudiamo che saremo capaci di farlo domani, e rimaniamo fregati perché domani finisce sempre per diventare oggi, non so se ho reso l'idea. (Paloma, p. 123)
*Ecco a cosa serve il [[futuro]]: a costruire il presente con veri progetti di vita. (Paloma, p. 124)
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*Madame Michel ha l'eleganza del [[riccio]]: fuori è protetta da aculei, una vera e propria fortezza, ma ho il sospetto che dentro sia semplice e raffinata come i ricci, animaletti fintamente indolenti, risolutamente solitari e terribilmente eleganti. (Paloma, p. 137)
*Non vediamo mai al di là delle nostre certezze e, cosa ancora più grave, abbiamo rinunciato all'incontro, non facciamo che incontrare noi stessi in questi specchi perenni senza nemmeno riconoscerci. Se ci accorgessimo, se prendessimo coscienza del fatto che nell'altro guardiamo solo noi stessi, che siamo soli nel deserto, potremmo impazzire. (Paloma, p. 139)
*Giacché, quando noi apriamo una [[porta]], trasformiamo gli ambienti in modo davvero meschino. Offendiamo la loro piena estensione e a forza di proporzioni sbagliate vi introduciamo un'incauta breccia. A pensarci bene, non c'è niente di più brutto di una porta aperta. Nella stanza dove si trova, introduce una sorta di rottura, un parassitismo provinciale che spezza l'unità dello spazio. Nella stanza contigua provoca una depressione, una ferita aperta e tuttavia stupida, sperduta su un pezzo di muro che avrebbe preferito essere integro. In entrambi i casi turba i volumi, offrendo in cambio soltanto la libertà di circolare, la quale peraltro si può garantire in molti altri modi. (Renée, p. 146)
*Da noi, il modello è il [[ghepardo]] in azione; tutti i suoi movimenti si fondono armoniosamente, non riusciamo a distinguerli l'uno dall'altro, e la corsa della grossa fiera ci appare come un unico e lungo movimento che simboleggia la profonda perfezione della vita. (Renée, p. 147)
*A me piace tanto il [[rosa (colore)|rosa]], ma trovo che sia un colore bistrattato, lo considerano una roba da bebè o da donna troppo truccata, invece il rosa è un colore fine e delicato che s'incontra spesso nella poesia giapponese. (Paloma, p. 150)