Domenico Losurdo: differenze tra le versioni

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'''Domenico Losurdo''' (1941 – vivente), filosofo italiano.
 
==Citazioni di Domenico Losurdo==
*[...] che legame sussiste tra la sua {{NDR|di [[John Locke|Locke]]}} teorizzazione della [[schiavitù]] nelle colonie e la tratta e la tragedia dei neri, quella che gli odierni militanti afroamericani amano definire ''Black Holocaust''? È un problema che tanto più s'impone per il fatto che, alla fine del Seicento, sui corpi di non pochi schiavi neri veniva impresso il marchio RAC, le lettere iniziali della Royal African Company, di cui Locke era azionista. (da ''Dalla teoria della dittatura del proletariato al gulag?'', in ''Manifesto del partito comunista'', traduzione e introduzione di Domenico Losurdo, Editori Laterza, Bari 2003, pagp. XL).
 
==''Controstoria del liberalismo''==
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*Nel complesso la storia delle colonie inglesi in America e poi degli Stati Uniti – sono dunque coinvolti, in diversa misura, entrambi i paesi classici della tradizione liberale –, più che con le categorie di antistatalismo e individualismo, può essere spiegata con la complessità del processo di costruzione e tutela dello spazio sacro. (cap. IX, 1, p. 297)
*Prima del 1776, promulgando i regolamenti che restringono l'espansione geografica dei coloni al di là degli Appalachi, le autorità britanniche si alienano i ricchi proprietari di piantagioni, i mercanti con investimenti speculativi nei territori dell'Ovest, così come gli agricoltori meno agiati, che sperano in un nuovo inizio, a buon mercato, sulle terre vergini [...]. Nel 1860-61, allorché l'amministrazione repubblicana da poco eletta promette di proibire l'ulteriore espansione ad Ovest della schiavitù, la risposta della maggior parte dei bianchi del Sud è un'altra rivoluzione per l'autonomia politica. (cap. IX, 3, p. 303)
*Ai suoi inizi, il liberalismo esprime l'autocoscienza di una classe di proprietari di schiavi o di servi, che si va formando mentre il sistema capitalistico comincia a emergere e ad affermarsi grazie anche a quelle pratiche spietate di espropriazione e oppressione messe in atto nella metropoli e soprattutto nelle colonie e da Marx descritte quale «accumulazione capitalistica originaria». Contro il dispotismo monarchico e il potere centrale questa classe rivendica l'autogoverno e il godimento tranquillo della sua proprietà (compresa quella in schiavi e servi), il tutto all'insegna del governo della legge, del ''rule of law''. Possiamo allora dire che quella liberale è la tradizione di pensiero che con più rigore ha circoscritto un ristretto spazio sacro nell'ambito del quale vigono le regole della limitazione del potere; è una tradizione di pensiero caratterizzata, più che dalla celebrazione della libertà o dell'individuo, dalla celebrazione di quella comunità degli individui liberi che definisce lo spazio sacro.<br>Non a caso, i paesi classici della tradizione liberale sono quelli in cui, attraverso il [[puritani|puritanesimo]], più profondamente ha agito l'Antico Testamento. Ciò vale già per la rivoluzione olandese o, perlomeno, per i boeri di origine olandese, che si identificano col «popolo eletto». E vale a maggior ragione per l'Inghilterra: a partire soprattutto dalla Riforma, gli inglesi si considerano la nuova Israele, «il popolo investito dall'Onnipotente d'una missione al tempo stesso particolare e universale». Questa ideologia e questa coscienza missionaria si diffondono, ulteriormente enfatizzate, al di là dell'Atlantico. Basti pensare a Jefferson, il quale propone che lo stemma degli Stati Uniti rappresenti i figli di Israele guidati da un fascio di luce. E di nuovo si fa sentire in tutta la sua radicalità la distinzione tra spazio sacro e spazio profano. (cap. IX, 4, p. 305)
*Giungiamo così a un risultato paradossale, almeno rispetto all'ideologia dominante. L'Occidente è al tempo stesso la cultura che con maggior rigore ed efficacia teorizza e pratica la limitazione del potere, e che con più successo e su scala più larga si è impegnata nello sviluppo della ''chattel slavery'', l'istituto che implica il totale dispiegamento del potere del padrone sugli schiavi ridotti a merce e «natura». E tale paradosso si manifesta in modo particolarmente clamoroso proprio nei paesi di più consolidata tradizione liberale. (cap. IX, 4, p. 306)
*Per tanto tempo la grande cultura europea aveva guardato con curiosità e interesse alla [[Cina]]: dov'erano le guerre di religione che insanguinavano l'Europa? Esse erano impedite da una religione che rifuggiva dal mistero e dal dogma, risolvendosi nell'etica. Per i ''philosophes'' era più facile riconoscersi nei mandarini che non nel clero cattolico o nei pastori protestanti. L'importanza del ruolo svolto da un ceto di intellettuali laici nel grande paese asiatico era confermata dal fatto che là le più alte cariche dell'amministrazione erano spesso assegnate mediante concorso pubblico piuttosto che essere appannaggio, come avveniva in Francia, di un'aristocrazia nobiliare, alleata e intrecciata col clero. In ogni caso, in Cina il principio laico e moderno del merito aveva la meglio sul principio oscurantista del privilegio fondato sulla nascita e sul sangue. (cap. IX, 5, pp. 308-9)
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==Bibliografia==
*Domenico Losurdo, ''Controstoria del liberalismo'', Laterza, 2005.
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== Altri progetti ==
[[Categoria:Filosofi italiani|Losurdo, Domenico]]
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