Giovanni Boccaccio: differenze tra le versioni

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==''Decameron''==
===[[Incipit]]===
Umana cosa è aver compassione agli afflitti; e come che a ciascuna persona stea bene, a coloro è massimamente richiesto li quali già hanno di conforto avuto mestiere, e hannol trovato in alcuni: fra' quali, se alcuno mai n'ebbe bisogno, o gli fu caro, o già ne ricevette piacere, io son uno di quegli. Perciocché dalla mia prima giovanezza infino a questo tempo oltre modo essendo stato acceso d'altissimo e nobile amore, forse più assai che alla mia bassa condizione non parrebbe, narrandolo, si richiedesse, quantunque appo coloro che discreti erano, ete alla cui notizia pervenne, io ne fossi lodato e da molto più reputato, nondimeno mi fu egli di grandissima fatica a sofferire, certo non per crudeltà della donna amata, ma per soperchio fuoco nella mente concetto da poco regolato appetito: il quale, per ciò che a niuno convenevol termine mi lasciava contento stare, più di noia, che bisogno non m'era, spesse volte sentir mi facea.
 
===Citazioni===
*{{NDR|Sulla [[peste]]}} [...] nascevano nel cominciamento d'essa a' maschi e alle femine parimente o nella anguinaia o sotto le ditella certe enfiature, delle quali alcune crescevano come una comunal mela, altre come uno uovo, e alcune più e alcun'altre meno, le quali i volgari nominavan gavoccioli. E dalle due parti del corpo predette infra brieve spazio cominciò il già detto gavocciolo mortifero indifferentemente in ogni parte di quello a nascere e a venire: e da questo appresso s'incominciò la qualità della predetta infermità a permutare in macchie nere o livide, le quali nelle braccia e per le cosce e in ciascuna altra parte del corpo apparivano a molti, a cui grandi e rade e a cui minute e spesse. E come il gavocciolo primieramente era stato e ancora era certissimo indizio di futura morte, così erano queste a ciascuno a cui venieno. (I giornata, [[s:Decameron/1a giornata/Introduzione|introduzione, p. 11]])
*{{NDR|Sulla peste}} E fu questa pestilenza di maggior forza per ciò che essa dagli infermi di quella per lo comunicare insieme s'avventava a' sani, non altramenti che faccia il fuoco alle cose secche o unte quando molto gli sono avvicinate. E più avanti ancora ebbe di male: ché non solamente il parlare e l'usare cogli infermi dava a' sani infermità o cagione di comune morte, ma ancora il toccare i panni o qualunque altra cosa da quegli infermi stata tocca o adoperata pareva seco quella cotale infermità nel toccator transportare. (I giornata, [[s:Decameron/1a giornata/Introduzione|introduzione, p. 12]])
*EtE erano alcuni li quali avvisavano che il viver moderatamente, ete il guardarsi da ogni superfluità avesse molto a così fatto accidente {{NDR|la peste}} resistere: e fatta lor brigata, da ogni lato separati viveano; ete in quelle case ricogliendosi e rinchiudendosi dove niuno infermo fosse, e da viver meglio, dilicatissimi cibi ete ottimi vini temperatissimamente usando, ete ogni [[lussuria]] fuggendo, senza lasciarsi parlare ad alcuno, o volere di fuori, di morte o d'infermi alcuna novella sentire, con suoni e con quelli piaceri che aver poteano si dimoravano. (I giornata, introduzione,[[s:Decameron/1a p. 12giornata/Introduzione|introduzione]])
*EtE essa che con otto uomini forse diecemilia volte giaciuta era, allato a lui si coricò per pulcella, e fecegliele credere che così fosse; e reina con lui lietamente poi più tempo visse. E perciò si disse: «[[Bocca]] [[bacio|basciata]] non perde ventura, anzi rinnuova, come fa la [[luna]].»<ref>Questo distico fu ripreso da [[Arrigo Boito]] nel libretto dell'opera lirica ''Falstaff'' (atto II, quadro II) scritto per [[Giuseppe Verdi]].</ref><ref>Citazione ripresa nella commedia ''[[Decameron Pie]]''.</ref> (II giornata, novella[[s:Decameron/2a VII,giornata/Novella p.Settima|novella 72VII]])
*EtE abbi questo per certo, che colei sola è casta, la quale o non fu mai da alcuno pregata, o se pregò, non fu esaudita. (II giornata, [[s:Decameron/2a giornata/Novella Nona|novella IX, p. 81]])
*Fu adunquedunque in Pisa un giudice, più che di corporal forza, dotato d'ingegno, il cui nome fu messer Ricciardo di Chizinca, il qual, forse credendosi con quelle medesime opere sodisfare alla moglie, che egli faceva agli studjstudi, essendo molto ricco, con una piccola sollecitudine cercò d'avere bella e giovane donna per moglie; dove e l'uno e l'altro, se così avesse saputo consigliar sé, come altrui faceva, doveva fuggure. (II giornata, [[s:Decameron/2a giornata/Novella Decima|novella X, p. 85]])
*È [...] meglio fare e pentere, che starsi e pentersi. (III giornata, novella[[s:Decameron/3a V,giornata/Novella p.Quinta|novella 105V]])
*E così stando, essendo Rustico più che mai nel suo disidero acceso per lo vederla così bella, venne la resurrezion della carne. (III giornata, novella[[s:Decameron/3a X,giornata/Novella p.Decima|novella 126X]])
*[...] sola la [[miseria]] è senza [[invidia]] nelle cose presenti. (IV giornata, [[s:Decameron/4a giornata/Introduzione|introduzione, p. 129]])
*[[amore|Amor]] può troppo più che né voi né io possiamo. (IV giornata, novella[[s:Decameron/4a I,giornata/Novella p.Prima|novella 134I]])
*[...] le [[legge|leggi]] deono essere comuni e fatte con consentimento di coloro a cui toccano. (VI giornata VI, [[s:Decameron/6a giornata/Novella Settima|novella VII, p. 204]])
*''Amor, s'i' posso uscir de' tuoi artigli, | appena creder posso | che alcun altro uncin più mai mi pigli.'' (VI giornata, [[s:Decameron/6a giornata/Conclusione|conclusione, p. 212]])
*Voi dovete sapere che in Siena fu già un giovane assai leggiadro e d'orrevole famiglia, il quale ebbe nome Rinaldo; ete amando sommamente una sua vicina et assai bella donna, e moglie d'un ricco uomo, e sperando, se modo potesse avere di parlarle senza sospetto, dovere aver da lei ogni cosa che egli disiderasse, non vedendone alcuno ed essendo la donna gravida, pensossi di volere suo compar divenire: ete accontatosi col marito di lei, per quel modo che più onesto gli parve gliele disse, e fu fatto. (VII giornata, novella[[s:Decameron/7a III,giornata/Novella p.Terza|novella 217III]])
*Fu adunque già in Arezzo un ricco uomo, il quale fu Tofano nominato. A costui fu data per moglie una bellissima donna, il cui nome fu monna Ghita, della quale egli, senza saper perché, prestamente divenne geloso. Di che la donna avvedendosi prese sdegno, e più volte avendolo della cagione della sua gelosia addomandato, né egli alcuna avendone saputa assegnare, se non cotali generali e cattive, cadde nell'animo alla donna di farlo morire del male del quale senza cagione aveva paura. (VII giornata, novella[[s:Decameron/7a IV,giornata/Novella p.Quarta|novella 220IV]])
*E così, a modo del villan matto, dopo danno fe' patto. (VII giornata, novella[[s:Decameron/7a IV,giornata/Novella p.Quarta|novella 221IV]])
*[...] un cavaliere chiamato messer [[Filippo Argenti]], uomo grande e nerboruto e forte, sdegnoso, iracundo e bizzarro più che altro [...]. (IX giornata, novella[[s:Decameron/9a VIII,giornata/Novella p.Ottava|novella 296VIII]])
*In Frioli, paese, quantunque freddo, lieto di belle montagne, di più fiumi e di chiare fontane, è una terra chiamata [[Udine]], [...] assai piacevole e di buona aria. (X giornata, novella[[s:Decameron/10a V,giornata/Novella p.Quinta|novella 313V]])
 
===Citazioni sul ''Decameron''===
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*AA. VV., ''Il Vesuvio'', Pierro Gruppo Editori Campani, Napoli 2000.
*Giovanni Boccaccio, ''[http://www.liberliber.it/mediateca/libri/b/boccaccio/il_comento_alla_divina_commedia_etc/pdf/il_com_p.pdf Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante]'', a cura di Domenico Guerri, Gius. Laterza & Figli, Bari, 1918.
*Giovanni Boccaccio, ''[http[s://books.google.it/books?id=bsEZAAAAYAAJ Decameron|Decameron]]'', Societàa tipograficacura de'di ClassiciVittore italianiBranca, 1803correzioni di Natalino Sapegno, Le Monnier, Firenze, 1951 - 1952.
*Giovanni Boccaccio, ''Della Canaria e delle altre isole oltre Ispania nell'oceano nuovamente ritrovate'', in "Brano contenuto in "Monumenti di un manoscritto autografo e lettere inedite di Messer Giovanni Boccaccio. Il tutto nuovamente trovato ed illustrato da Sebastiano Ciampi", Milano, coi tipi di Paolo Andrea Molina, 1830.
*Giovanni Boccaccio, ''[http://www.liberliber.it/libri/b/boccaccio/index.htm Filocolo]'', Mondadori, 1998. ISBN 8804456744
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==Altri progetti==
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===Opere===
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