Alessandro D'Avenia: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
Etichette: caratteri ripetuti Modifica da mobile Modifica da web per mobile
m Annullate le modifiche di Cicciotavano (discussione), riportata alla versione precedente di AssassinsCreed
Riga 1:
'''Alessandro D'Avenia''' (1977 – vivente), sceneggiatore e scrittore italiano.
.
 
HO La FiCA NEL Culoooooooo
* La realtà è ciò che spiega i fatti e ne dà la chiave, la cifra, la combinazione. Inventiamo miti e trame per sottrarre al tempo la sua apparente mancanza di senso.<ref name=corsera>Da ''[http://archiviostorico.corriere.it/2010/febbraio/12/mio_romanzo_non_storia_Irene_co_9_100212070.shtml «Il mio è un romanzo, non la storia di Irene»]'', ''Corriere della sera'', 12 febbraio 2010.</ref>
* I nudi fatti sono muti. Il cuore dello scrittore non si rassegna a questo rifugiandosi nell'immaginazione, ma sprofonda nelle sabbie mobili del fatto fino a trovare la roccia viva su cui costruire.<ref name=corsera/>
* Ci sono fatti, ci sono milioni di fatti, ma non li sappiamo più leggere, non li vediamo più, perché i fatti sono muti. La realtà invece parla, forte e chiara, a chi la vuole ascoltare. Lo scrittore ha un cuore a forma di orecchio, con cui ascolta e strappa ai fatti della cronaca, destinati a passare come tutti noi, la loro essenza, la loro realtà, con la pretesa di coglierne l'universalità, di liberarli dalle lancette degli orologi.<ref name=corsera/>
* C'è una fragilità insita nell'essere adolescenti che è la ricchezza di questa età: per la prima volta si percepisce la propria unicità, che nel contempo si ha una paura matta di non riuscire a realizzare. Vedo più fragilità perché il tessuto sociale oggi è più sfilacciato: la famiglia è più debole, e la crisi sta togliendo, prima ancora che uno stile di vita forse al di sopra delle nostre possibilità, l'immagine stessa del futuro. Noi siamo animali simbolici, ma se non riusciamo a immaginarci il futuro nell'età stessa in cui i simboli sono fatti per essere eccessivi, è chiaro che ci abituiamo a simboli disperanti, che generano personalità narcisistiche o autolesionistiche. <ref name=sette>Da ''Racconto i ragazzi senza stereotipi'', ''Sette'', 17 agosto 2012.</ref>
* C'è una fragilità insita nell'essere adolescenti che è la ricchezza di questa età: per la prima volta
* Se i simboli della felicità sono quelli del successo e della perfezione, nell'età in cui cominci a concepire il tuo progetto di felicità ti senti subito schiacciato. Invece io voglio riscoprire quello stile veramente occidentale di educazione che ci ha insegnato [[Socrate]]: conoscerci con le nostre luci e ombre. Ma oggi sembra che debbano esserci solo le luci: quelle irreali del Photoshop. La nostra unicità invece passa per i nostri limiti.<ref name=sette/>
* Il libro preferito di un ragazzo è il suo germe di destino da compiere. Conoscere quello di ogni alunno è semplice, possibile e necessario.<ref>{{cita web|url=https://twitter.com/Prof2punto0/status/324163689613762561|titolo=@Prof2punto0|accesso=16 aprile 2012}}</ref>
 
== ''Bianca come il latte, rossa come il sangue'' == forza regginaaaaaaa
 
== ''Bianca come il latte, rossa come il sangue'' == forza regginaaaaaaa
=== [[Incipit]] ===
Ogni cosa è un colore. Ogni emozione è un colore. Il silenzio è [[bianco]]. Il bianco infatti è un colore che non sopporto: non ha confini. Passare una notte in bianco, andare in bianco, alzare bandiera bianca, lasciare il foglio bianco, avere un capello bianco... Anzi, il bianco non è neanche un colore. Non è niente, come il silenzio. Un niente senza parole e senza musica. In silenzio: in bianco. Non so rimanere in silenzio o da solo, che è lo stesso. Mi viene un dolore poco sopra la pancia o dentro la pancia, non l'ho mai capito, da costringermi a inforcare il mio bat-cinquantino, ormai a pezzi e senza freni (quando mi deciderò a farlo riparare??), e girare a caso fissando negli occhi le ragazze che incontro per sapere che non sono solo. Se qualcuna mi guarda io esisto.<br/>Ma perché sono così? Perdo il controllo. Non so stare solo. Ho bisogno di... manco io so di cosa. Che rabbia! Ho un iPod in compenso. Eh sì, perché quando esci e sai che ti aspetta una giornata al sapore di asfalto polveroso a scuola e poi un tunnel di noia tra compiti, genitori e cane e poi di nuovo, fino a che morte non vi separi, solo la colonna sonora giusta può salvarti. Ti sbatti due auricolari nelle orecchie ed entri in un'altra dimensione. Entri nell'emozione del colore giusto.