Vincenzo Consolo: differenze tra le versioni

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*Costruito, [[San Fratello]], nell'Alto Medio Evo, dalle truppe mercenarie raccolte nella [[Padania|Valle Padana]] (ma questo non bisogna farlo sapere a [[Umberto Bossi|Bossi]]) da [[Ruggero I di Sicilia|Ruggero il Normanno]] per la riconquista. Queste truppe di mercenari si erano stabilite in Sicilia formando le cosiddette [[Lombardi di Sicilia|colonie lombarde]] ([[Nicosia (Italia)|Nicosia]], [[Aidone]], [[Piazza Armerina]], [[Francavilla di Sicilia|Francavilla]], [[Novara di Sicilia]] e San Fratello, appunto). Colonie chiuse che hanno conservato le loro tradizioni [[Lombardia|lombarde]], i loro costumi e, soprattutto, la loro lingua, il gallo italico o mediolatino. San Fratello è stata la più tipica e la più chiusa di queste colonie. Paese di pastori, di carbonai e di contadini, che aveva la sua ragione di vita nel ricco bosco adiacente al paese, il bosco della Miraglia, che fa parte del Parco dei Nebrodi, ricco di faggi, cerri, querce. La fine del mondo contadino degli anni Cinquanta, Sessanta, ha fatto crollare l'economia di San Fratello e costretto molti dei suoi abitanti ad emigrare. Emigrare dove? In Lombardia naturalmente, come in una sorta di richiamo ancestrale. C'è stata una trafila migratoria in Val Ceresio, nei paesi soprattutto di Saltrio e Viggiù. (Vincenzo Consolo, ''La metafora di San Fratello'', 17 febbraio 2010, Il Manifesto).
*Io non so che voglia sia questa, ogni volta che torno in [[Sicilia]], di volerla girare e girare, di percorrere ogni lato, ogni capo della costa, inoltrarmi all'interno, sostare in città e paesi, in villaggi e luoghi sperduti, rivedere vecchie persone, conoscerne nuove. Una voglia, una smania che non mi lascia star fermo in un posto. Non so. Ma sospetto sia questo una sorta d'addio, un volerla vedere e toccare prima che uno dei due sparisca. (da ''Le pietre di Pantalica'', p. 179)
 
==''La Trezza''==
*E simile a quella del [[Giacomo Leopardi|poeta di Recanati]] {{NDR|nella poesia ''La ginestra''}} crediamo sia la visione di [[Giovanni Verga]]: di una natura matrigna, avversa e minacciosa, della sua aridità e desolazione, del suo aspetto di tempesta pietrificata, dell'impotenza dell'uomo, del suo fatale, ricorrente scacco, della fragilità sua di formica che il caso ha posto sotto il cratere d'un vulcano, nell'irredimibilità dell'esistenza. (p. 275)
*Acitrezza, La Trezza, 'A Trizza, la treccia, l'intreccio. Forse nessun romanzo moderno è così privo d'intreccio – v'è una ripetizione ossessiva di sciagure come per spietato gioco del caso o per accanimento divino –, nessuna narrazione è così priva di romanzesco come ''[[I Malavoglia]]''. Un poema narrativo, un'epica popolana, un'odissea chiusa, circolare, che dà il senso, nelle formule lessicali, nelle forme sintattiche, nel timbro monocorde, nel tono salmodiante, nei proverbi gravi e immutabili come sentenze giuridiche o versetti di sacre scritture, [[Bibbia]], [[Talmud]], [[Vangelo]] o [[Corano]], dà il senso della mancanza di movimento, dell'assenza di sviluppo, suggerisce l'immagine della fissità: della predestinazione, della condanna, della pena senza rimedio. (p. 281)
 
{{NDR|[[Giovanni Verga]], ''[[I Malavoglia]]'' (1881), introduzione di Carla Riccardi, con un saggio di Vincenzo Consolo, Mondadori, Milano, 1983. ISBN 8804525193}}
 
==''Le pietre di Pantalica''==
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* Vincenzo Consolo, ''Le pietre di Pantalica'', Mondadori, 1999. ISBN 8804461934
* Vincenzo Consolo, ''Retablo'', Sellerio editore Palermo, 2009. ISBN 8838924074
*[[Giovanni Verga]], ''[[I Malavoglia]]'' (1881), introduzione di Carla Riccardi, con un saggio di Vincenzo Consolo, Mondadori, Milano, 1983. ISBN 8804525193
 
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