Macalda di Scaletta: differenze tra le versioni

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*{{NDR|Anno 1282, durante il vespro: Macalda regge la capitaneria di Catania in luogo di Alaimo (andato a Messina per resistere all'assedio di Carlo I d'Angiò) e si rende colpevole di un efferato tradimento nei confronti dei francesi, dalla cui parte ella stava un tempo}} Alaimo [...] aveva in Catania sua moglie Macalda Scaletta donna di forte e virile animo, come dicemmo, e temuta in Sicilia perché fiera, e famosa per libidini, e più ancora per ambizione e superbia più che maschile, e per vanità più che muliebre. La mostrò ribalda ed inumana il fatto di aver accolto in sua casa i Francesi, e poi disarmatili a tradimento, li diè in preda all'ira del popolo. Ed inoltre i fatti che successero mostrano chiaro ch'ella ambiva dominare e grandeggiare, in una nuova Corte, che la dovesse tenere come prodiga di troni. ([[Salvatore De Renzi]])
 
*{{NDR|Sull'aspetto marziale di Macalda, al cospetto di Pietro d'Aragona}} Avea costei figura di donna all'aspetto, ma portava alle spalle armi da guerriero e in mano una bacchetta di argento, e con certa apparenza di leggerezza, per nascondere il suo mistero, chiamava con fermi e ridenti occhi il giovane {{NDR|[[:w:Pietro III d'Aragona|giovane]]}}, il quale senza negar fede al marito {{NDR|[[:w:Alaimo da Lentini|marito]]}}, l'animo della moglie asperse di certa rugiada di regia benevolenza. ([[Bartolomeo di Neocastro]], ''Historia Sicula'', inizio del capitolo <small>LI</small>)
 
*{{NDR|Macalda, nel suo secondo incontro con Pietro d'Aragona, risponde a due domande del re, facendo allusione alle sue mire su di lui}} Finalmente il Re, sendosi accorto come a lei facea noia l'andarsene, cercò con la mente un altro mezzo per allontanar la disonesta opera<ref>Con riferimento all'approccio sessuale messo in atto dalla donna nei confronti del Re.</ref>; si volse dunque a colei e disse: «''che è quello che vie più temi?''» ed essa: «''che mio marito muoia''»; e di nuovo il Re: «''che è quello che più ami?''» e la donna: «''quello che più amo non è mio''». ([[Bartolomeo di Neocastro]], ''Historia Sicula'', inizio del capitolo <small>LI</small>)
 
*{{NDR|Macalda e Alaimo durante l'accoglienza riservata da [[Messina]] a Pietro III d'Aragona}} Così lo accompagnarono al palazzo imperiale con grandissimo gaudio, sicché parea che Dio fosse sceso in terra su loro. Nella città era un prode uomo, capitano molto sperimentato e valente e che appellavasi messer Alaimo; aveva questi una mogliera molto bella e gentile, e valente del cuore e del corpo; larga nel donare, e, quando n'era luogo e tempo, valea nell'arme al par d'un cavaliero, e tutti i giorni scorreva con trenta cavalieri armati la città e la guardava, e capitanava le genti che doveano combattere alle mura e negli altri siti dove maggiore facevasi il bisogno. Quando la donna vide il re, né mai avealo innanzi veduto, ne rimase innamorata come di colui che era valente e aggraziato signore, non già per cattiva intenzione. Poiché il re ebbe preso alloggio nel suo palazzo, e i cavalieri e l'altra gente furono entrati in città, si apparecchiarono le mense, e il re, lavatosi le mani, si assise al convito con tutti i cavalieri, e tutti allegramente mangiarono. E messer Alaimo da Messina stette a mensa col re e con madonna sua mogliera; e poi servirono il re quanto meglio potettero, cosicché la donna non si staccò dal re, né quando andava cavalcando, né quando tornava a casa; e corteggiavanlo e facevangli tante gentilezze quanto più sapeano ella, il marito e tutti gli abitanti della città. Indi a poco videro giugnere a Messina ventidue [[:w:galea|galee]] e quattro [[Tarida|taride]] del re molto riccamente armate di remi; e quei che v'erano sbarcarono e si rinfrescarono di tutto ciò che aveano bisogno. E il re facea dar loro prodigamente pane, vino e carne. ({{ca}} [[Bernat Desclot]], ''Crònica de Bernat Desclot'' o ''Llibre del rei en Pere e dels seus antecessors passats'' Cap. XCVI<ref>''[http://books.google.it/books?id=y6NCAAAAYAAJ&pg=PA840#v=onepage&q&f=false Cronache catalane del secolo 13. e 14. Una di Raimondo Muntaner e l'altra di Bernardo D'Esclot]'', Cap. XCVI, traduzione di Filippo Moisè, Galileiana, 1844 (pp. 840-41)</ref>)
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===Note di Giuseppe La Farina===
<references group="l"/>
 
==Riferimenti==