Emanuela Audisio: differenze tra le versioni

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'''Emanuela Audisio''' (1953 - vivente), giornalista sportiva e scrittrice italiana.
 
===''la Repubblica''===
*Con tutto il rispetto [[Pietro Mennea|Pietro]], meglio tu. La tua schiena piegata, le tue gambe storte, la tua stoffa ruvida. E quelle mani che litigavano con il traguardo, quasi a volerlo raddrizzare. Meglio quella tua curva affamata che sbucava nella felicità. Per noi sarà sempre perfetta così.<ref name=monaco>Da ''[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/03/22/il-monaco-della-velocita.html Il monaco della velocità]'', ''la Repubblica'', 22 marzo 2013.</ref>
*{{NDR|Sulla finale di [[Torneo di Wimbledon|Wimbledon]] 1980 [[Rivalità Borg-McEnroe|Borg - McEnroe]]}} Fino a quel momento il tennis era stato un gioco: obbedienza, tradizione, aristocrazia. Roba seria, da adulti, protestare non era elegante. Borg era imperturbabile, Buster Keaton con la racchetta. Ci teneva alle abitudini. Alloggiava sempre allo stesso albergo, ogni sera regolava il condizionatore su 12 gradi, dormiva nudo e senza lenzuola. Le sue pulsazioni al risveglio non superavano mai i 50 battiti al minuto. Credeva che un qualsiasi cambiamento avrebbe alterato il suo equilibrio. Anche il borsone veniva preparato con maniacalità: le magliette, la fascia per capelli, i calzini.<ref name=mc>Da ''[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2005/11/13/la-sfida-di-mcenroe-il-tennis-ribelle.html La sfida di McEnroe il tennis ribelle degli anni Ottanta]'', 13 novembre 2005.</ref>
*Ha corso in velocità anche l'ultima curva. Ha lottato e sofferto in silenzio. Era orgoglioso, non chiedeva sconti, e ha nascosto a tutti la sua malattia [[Pietro Mennea|Pietro Paolo Mennea]] correva storto, ma sapeva stare dritto. E far volare come Modugno togliendo il respiro.<ref name=monaco/>
*I duecento metri mondiali di [[Pietro Mennea|Mennea]] per noi sono stati rabbia e poesia, talento e geometria, insofferenza e razionalità. E la sua maniera di correrli ci ha sempre fatti restare appesi al finale, meglio di un film giallo: ce la farà o sarà preso prima del traguardo? E lui lì ad arrancare, almeno così sembrava, e invece ecco che lui spuntava dalla curva, ecco che quando lo davano per finito lui cominciava a mangiare i metri e lì veramente cominciavano a scoppiare i cuori, anche quelli più introversi. E lui che finalmente aveva combattuto e vinto il mostro interno che lo azzannava alzava il dito. Non come il padrone che reclama una sua proprietà, ma come uno schiavo che si libera delle catene e mostra orgoglioso il frutto della sua liberazione. Non era un'Italia atletica quella di Mennea: jogging, esercizio fisico, palestra non andavano ancora di moda. E non era un'Italia mentalmente attrezzata ad affrontare alla pari gli avversari. Con Mennea qualcosa cambiò: il suo record dimostrò che non eravamo solo un paese pieno di talenti, spesso incompiuti, ma che avevamo anche la scienza e l'applicazione per costruire un primato che sarebbe durato quasi vent'anni. Lo sprint non era più Little Italy. In questo Mennea è stato e continua ancor oggi ad essere la nostra diversità. Ci ha fatti correre, soffrire, vincere. E soprattutto vivere controvento la nostra fragilità.<ref name=mennea>Da ''[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1999/12/08/mennea-il-campione-controvento.html Mennea. Il campione controvento]'', ''la Repubblica'', 8 dicembre 1999.</ref>
*{{NDR|Sulla [[rivalità Borg-McEnroe]]}} Lo svedese era ordinato, dentro e fuori. McEnroe era l'opposto: incapace di far tacere le voci nella sua testa. Forse Borg meditava prima di colpire la palla, McEnroe invece pensava mentre la colpiva.<ref name=mc/>
*[[Pietro Mennea|Mennea]] ci ha divisi, come Coppi e Bartali, si è fatto odiare per le sue polemiche, per le sue contorsioni mentali, perchè non ci voleva apatici e indifferenti, ma anzi ci voleva sentire schierati sulla sua pelle. Mennea non è stato il campione freddo che produce record per gli sponsor e per l'audience, ma l'uomo che per vincere ha bisogno di tutti, che è eternamente in lotta con la vita, con il grande nemico. Mennea non capiva come il suo grande avversario Borzov potesse sorridere ai blocchi di partenza. Come fa a essere così sereno?, chiedeva. Per lui davanti c'era solo la sofferenza, la smorfia di fatica, il lavoro atavico per uscire dal buio della caverna.<ref name=mennea/>
*{{NDR|Su [[John McEnroe]]}} Le sue partite erano assoli di jazz, musica sconsacrata.<ref name=mc/>
*{{NDR|Su [[Pietro Mennea]]}} Non si era mai visto un ragazzo del sud sfrecciare così veloce, uno che dietro non aveva né piste, né tradizione, ma solo tanta fame. Gliela leggevi in faccia: era magro, tirato, con la smorfia di chi patisce una condanna. Ruvido, sempre in salita, a lottare contro il destino. Conosceva la misura della fatica. Un fisico normale, non un superuomo.<ref name=monaco/>
*{{NDR|Su [[Pietro Mennea]]}} Per noi resterà sempre quel bianco sgraziato, ingobbito dalla fatica, che sembrava scivolare malamente fuori dalla curva e che un giorno ne riemerse rubando il tempo al mondo. [...] Per noi resterà sempre il piccolo italiano che ce la fece contro il mondo e che per diciassette anni, tanto è durato il suo record nei duecento, ci ha permesso di fare bella figura con gli altri. Gli altri avevano i belli, i felici, i vincenti. Quelli che arrivavano sul traguardo perchè il destino aveva deciso così. Noi avevamo questo ragazzo del sud, di Barletta, mai amico di nessuno, mai in pace con se stesso, che per correre non aveva nemmeno una pista, che di sè parlava in terza persona come Cesare. Avevamo il "nero bianco", come lo definirono. Un atleta dai muscoli di seta, dalla volontà di ferro, e dalla rabbia feroce. In anni in cui il pianeta era dominato dai campioni scientifici dell'est, dagli afroamericani fisicamenti strepitosi, Mennea si mise in mezzo, si caricò l'Italia sulle spalle, anche borbottando, e lavorando come una bestia ci portò lassù, in cima alla velocità, perchè tutti potessimo guardare la terra dall'alto in basso. Grazie a Mennea, correvamo.<ref name=mennea/>
*[[Pietro Mennea|Pietro]] sfidò gli sprinter americani, li batté e ribatté, Little Italy non esisteva più. Loro erano magnifiche statue nate per correre, Pietro uno sgorbio con muscoli di seta.<ref name=monaco/>
*{{NDR|Sul record del mondo sui 200 m di [[Pietro Mennea]]}} Quel giorno l'Italia scoprì un altro [[Fausto Coppi|Coppi]]. Veniva dal meridione, era magro, un po' storto, molto contorto. Figlio di un sarto. Suo padre tagliava abiti, lui si cucì l'atletica addosso. Corsei primi cento in 10" 34 e i secondi in 9" 38. Una progressione strepitosa: dai 100 ai 150 metri alla velocità di 40 chilometri orari. Quell'anno l'Italia capì che correre alla Mennea era una scienza. Il professor Vittori studiava la formula, Pietro Paolo la realizzava. Trent'anni dopo un record così neorealista, made in Italy, non sembra più possibile.<ref>Da ''[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/09/08/magia-mennea-quando-bolt-era-un-bianco.html Magia Mennea, quando Bolt era un bianco ]'', ''la Repubblica'', 8 settembre 2009.</ref>
*[[Torneo di Wimbledon|Wimbledon]] era il tempio, dove ancora si distingueva tra gentiluomini e giocatori.<ref name=mc/>
 
==Note==