Ludwig Mies van der Rohe: differenze tra le versioni

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*Ricordo di aver visto molti edifici antichi nella mia città quando ero giovane. Pochi erano edifici importanti. Erano per lo più molto semplici, ma estremamente chiari. Ero colpito dalla forza di questi edifici perché non appartenevano a nessuna epoca. Erano lì da oltre mille anni, e ancora erano straordinari, offrivano un'impressione che nulla poteva mutare. Tutti i grandi stili erano passati... ma erano ancora buoni edifici, come il giorno in cui erano stati costruiti. Erano edifici medievali, senza alcun carattere speciale, ma erano veramente ''costruiti''.<ref>Citato in Giovanni Leoni, p. 21.</ref>
 
==Citazioni su Ludwig Mies van der Rohe==
*Alle ore 2 e mezzo appuntamento con Ludwig Mies van der Rohe. Abita al numero 230 della Ohio Street. Una brutta casa ottecentesca di mattoni color vino e pietra bianca. Leggo con una certa commozione e tenerezza il suo nome sulla lista degli inquilini, insieme a tanti altri. È un uomo alto, un po' grasso, zoppica da una gamba, ha gli occhi leggermente strabici. Parla lentamente, arrotando le parole, si sente il tedesco dietro il suo inglese. Ha un'aria stanca, un po' impaurita, ma serena e distaccata. Mi colpisce il suo abbigliamento povero, porta un vestito blu scuro a doppio petto, lustro, una camicia bianca con un colletto informe, scarpe gialle dalla grossa suola e calzini di lana grigi pesante, nonostante il caldo soffocante. Nel taschino il fazzoletto bianco e matite gialle. Parlando si passa ogni tanto la mano destra sui radi capelli, e durante la nostra visita fumerà un sigaro. Non ricordo bene che domande abbiamo fatto e cosa ci ha risposto. Ricordo solo che ha detto ad un certo punto. "Mi piace l'acciaio": L'ha detto con una semplicità ed una naturalezza straordinaria. "I like the steel". E quegli "L" erano così liquidi da fare pensare subito alle pareti trasparenti dei suoi edifici. ([[Michele Valori]])
 
==Note==