Francesco Saverio Nitti: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Francesco Saverio Nitti==
*{{NDR|Lettera a [[Giovanni Amendola]], dopo il delitto di [[Giacomo Matteotti]]}} Bisogna resistere e vincere. Noi rappresentiamo la civiltà e la vita contro la nuova barbarie. Io ho fatto sempre opera di moderazione. Ma ora tutta la coscienza nazionale insorge contro i sistemi di brigantaggio e di violenza. In tutta l'Europa è un senso di diffidenza e di attesa. Ella non dubiti della vittoria. Le grandi idee morali hanno una invincibile forza e siamo noi soltanto che ora le rappresentiamo. (citato in ''Francesco Saverio Nitti'', UTET, Torino, 1984, p. 485)
*Come vivea Napoli prima del 1860? Essa era, come abbiam detto, la capitale del più grande regno della penisola. Messa in clima temperato, tra la collina e il mare (come nell'ideale platonico) dato lo scarso sviluppo della igiene pubblica in tutta Europa, non ostante condizioni cattive della sua edilizia, rimaneva città di dolce soggiorno, in cui i forestieri si recavano spesso a svernare, più spesso ancora erano attratti, oltre che dalla bellezza del clima, dalla facilità della vita. (da ''Napoli e la questione meridionale''; in Francesco Saverio Nitti e Domenico De Masi, ''Napoli e la questione meridionale 1903-2005'', Alfredo Guida editore, 2004, [http://books.google.it/books?id=bGmHMQY_cdgC&printsec=frontcover&dq=Napoli+e+la+questione+meridionale,+1903-2005&source=bl&ots=1_u-Lp_WN0&sig=wiz0zsGBKDtN08zDD2DsJZvjlSc&hl=it&sa=X&ei=BXI-UO3SDozJswbWgoH4AQ&ved=0CDEQ6AEwAA#v=onepage&q=Napoli%20e%20la%20questione%20meridionale%2C%201903-2005&f=false anteprima su Google libri], p. 49)
 
*I [[politici]] italiani sono in generale uomini di assai mediocre valore: non amano noie e anche i migliori fra di essi sono incapaci di affrontare i problemi di larga importanza. (Da ''Napoli e la questione meridionale'', Guida Editori, Napoli, 2004, p. 19.)
*La [[storia]] è un'alterna vicenda di vittorie e di disfatte: non vi sono popoli sempre vincitori. La civiltà consiste nel determinare fra vincitori e vinti quei rapporti che rendono la vittoria meno ingiusta e la disfatta meno insopportabile. (Da ''La decadenza dell'Europa. Le vie della ricostruzione'', R. Bemporad & Figlio, 1922, p. 144)