Burchiello: differenze tra le versioni

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[[Immagine:Burchiello.jpg|thumb|Burchiello]]
'''Domenico di Giovanni''', meglio noto come il '''Burchiello''' (1404 – 1449), poeta italiano.
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==''Sonetti''==
===[[Incipit]]===
<poem>*
Il Despoto di Quinto, e 'l gran Soldano,
E trentasette schiere di Pollastri,
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*''Va, leggi l'Alfabeco, | E troverai a un filar di forra, | Come le palle hanno il cervel di borra.'' (XVIII, vv. 15-17)
 
*''Ficcami una pennuccia in un baccello | ed empimi d'inchiostro un fiaschettino; | mandamel col mangiar, che paia vino, | ch'i ho di fantasia pieno il cervello.'' (CXLVIII, vv. 1-4)
 
*''Cimici, e pulci, con molti pidocchi | Ebbi nel letto, e al viso zanzale; | In buona fé, ch'io mi condussi a tale, | Che 'n tutta notte non chiusi mai occhi; | Pugnevan le lenzuola come brocchi, | I' chiamai l'oste, ma poco mi vale; | E dissigli vien qua se te ne cale | Col lume in mano, e fa ch'apra due occhi; | Un topo, ch'io aveva sotto l'orecchio | Forte rodea la paglia del saccone, | Dal lato manco mi tossiva un vecchio; | E giù da piede piangeva un garzone, | Qual Animal m'appuzza; qual morsecchio: | Dal lato ritto russava un montone. | Onde per tal cagione | Perdetti il sonno, e tutto sbalordito | Con gran sete sbucai, quasi finito.'' (CLIX, vv. 1-17)
<poem>*
Ficcami una pennuccia in un baccello
ed empimi d'inchiostro un fiaschettino;
mandamel col mangiar, che paia vino,
ch'i ho di fantasia pieno il cervello.
Tempra la penna, ch'io non ho coltello;
ch'or fuss'io, sendo fuor, suto indovino:
ch'io fui cercato in ogni manichino,
in ogni luogo, fuor che nell'anello.
Or io son qui, Dio grazia, e l'caso è scuro;
ond'io ti priego, com'io ne son netto,
senza mia pena si ritrovi il furo.
Questo scriss'io con un puntal d'aghetto.
e prima il temperai tre ore al muro
ch'io potessi finir questo sonetto.
Abbi a mente il fiaschetto:
guarda la vesta, e in modo t'assottiglia
ch'io non toccassi della meraviglia.</poem> CXLVIII 148
 
*''Io fui in cento lire condennato, | Per voler insegnar cantar la Zolfa | Per madre a un minor fratel di Cristo. | Poi di dugento bando mi fu dato | Per una landra da Frati Criolfa, | Per odio, e 'nvidia d'un geloso tristo; | Che disse avermi visto, | Con la scala di notte a lei furare | Due cuffie poste al buio a rasciugare.'' (da ''Il Burchiello carcerato'', CLXI, vv. 9-17)
 
*''Amore, e Carità suo fuoco accese | [[Dante]] a cantare i tristi, e lieti Regni, | Fior di virtù, e fior di tutti ingegni, | Che dall'empireo Ciel fra noi discese. | E se 'l [[Petrarca]], alle leggiadre imprese | Pose mano alla penna, e ire, e sdegni | Facendo i versi suoi sì dolci, e degni | Nullo Elicona mai dir gli contese. | Nostro [[Boccaccio]], che fingendo a caso | Dona al suo bell'Idioma tal diletto, | Qual gli promise il fonte di Parnaso: | Ma quel Burchiel, che Crotina ha or tolto | Chi ne concesse al suo dolce intelletto, | Tanto riso, e piacere in giuoco volto? | E Ircana, il suo volto | Gli volse, perch'io temo dar la fronda, | Che lieve Burchio mosse sì lieve onda.'' (da ''Per la morte del Burchiello'', CLXX, vv. 1-17)
<poem>*
Cimici, e pulci, con molti pidocchi
Ebbi nel letto, e al viso zanzale;
In buona fé, ch'io mi condussi a tale,
Che 'n tutta notte non chiusi mai occhi;
Pugnevan le lenzuola come brocchi,
I' chiamai l'oste, ma poco mi vale;
E dissigli vien qua se te ne cale
Col lume in mano, e fa ch'apra due occhi;
Un topo, ch'io aveva sotto l'orecchio
Forte rodea la paglia del saccone,
Dal lato manco mi tossiva un vecchio;
E giù da piede piangeva un garzone,
Qual Animal m'appuzza; qual morsecchio:
Dal lato ritto russava un montone.
Onde per tal cagione
Perdetti il sonno, e tutto sbalordito
Con gran sete sbucai, quasi finito.</poem> (CLIX 159
 
*''Fa traboccar all'appetito il sacco, | Viver sempre lascivo, e 'ncontinente; | Agresto, Aceto, Vino, e frutte a sbacco | In ogni cibo e continuamente, | Nondimen non lasciar l'uso di Ciacco; | Seguir Venere, e Bacco | T'ingegna, quando sei dal duolo afflitto | Con cioncar malvagìa, e chiavar ritto.'' (CLXXV, vv. 10-17)
 
<poem>*
Signori, in questa ferrea graticola
Lo stentar tanto a torto mi rincresce:
L'ardente vertù manca, e 'l popol cresce,
Onde si fan le parti di formicola:
Bacco già lava i piedi ad ogni Agricola,
E 'l condotto ci muffa: e sol si mesce
La vena, che nutrica il nostro pesce,
Che beendone gli esce per l'auricola.
Io fui in cento lire condennato,
Per voler insegnar cantar la Zolfa
Per madre a un minor fratel di Cristo.
Poi di dugento bando mi fu dato
Per una landra da Frati Criolfa,
Per odio, e 'nvidia d'un geloso tristo;
Che disse avermi visto,
Con la scala di notte a lei furare
Due cuffie poste al buio a rasciugare.</poem> (da ''Il Burchiello carcerato, CLXI) 161
 
<poem>*PER LA MORTE DEL BURCHIELLO
Amore, e Carità suo fuoco accese
Dante a cantare i tristi, e lieti Regni,
Fior di virtù, e fior di tutti ingegni,
Che dall'empireo Ciel fra noi discese.
E se 'l Petrarca, alle leggiadre imprese
Pose mano alla penna, e ire, e sdegni
Facendo i versi suoi sì dolci, e degni
Nullo Elicona mai dir gli contese.
Nostro Boccaccio, che fingendo a caso
Dona al suo bell'Idioma tal diletto,
Qual gli promise il fonte di Parnaso:
Ma quel Burchiel, che Crotina ha or tolto
Chi ne concesse al suo dolce intelletto,
Tanto riso, e piacere in giuoco volto?
E Ircana, il suo volto
Gli volse, perch'io temo dar la fronda,
Che lieve Burchio mosse sì lieve onda.</poem> (CLXX 170
 
 
 
<poem>*
Amico; io mi partì non meno offeso,
Che tu della tua propria passione;
Dubitando poter esser cagione
Per volerne piacer, disagio ho preso.
E per in parte alleviar tuo peso,
Che tutto a torlo via non è ragione;
Rimbrotti, bizzarrie, mugli, e quistione
Sian teco sempre nel carico acceso,
E però in tutte cose impaziente,
Fa traboccar all'appetito il sacco,
Viver sempre lascivo, e 'ncontinente;
Agresto, Aceto, Vino, e frutte a sbacco
In ogni cibo e continuamente,
Nondimen non lasciar l'uso di Ciacco;
Seguir Venere, e Bacco
T'ingegna, quando sei dal duolo afflitto
Con cioncar malvagìa, e chiavar ritto.</poem> (CLXXV 175
 
==''Sonetti inediti''==