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«LA LETTERATURA È BASE DI CONOSCENZA?».<br />
«Agire... e meno chiacchiere!<br/>
«A mio parere, la letteratura, nella sua ragione d’essere, non dovrebbe fallire: una frase può aprirci una porta, o anche soltanto offrirci uno spiraglio per consentire l’avviamento alla, o ad una maggiore conoscenza. Sono le circostanze oggettive a permetterci di porre in pratica quanto si riesce, per apprendimento e applicazione, a fruire delle nostre esperienze letterarie.<br />
Per esprimere giudizi o ipotesi di giudizio ci sono le sedi appropriate. Occorrerebbe tener sempre presente che ogni tipo di pur contenuta enfatizzazione può portare a distorsione, e quindi ad anomalie: meglio, quindi, tacere e soprattutto agire. Tutto ciò che viene rivelato è potenzialmente utile all’avversario, e perciò “spettacolo” non dovrebbe mai significare “spettacolarizzazione di comportamenti teoricamente condannabili”, anche, e con maggior ragione, se sia ancóra tutto da doversi dimostrare.
Purtroppo non può esistere nemmeno una formula valida per ogni circostanza, reale o ipotizzabile, ossia un metodo per il quale, premessa una data cosa, grazie ad un particolare accorgimento, potrò ottenerne un’altra, ovvero “questa altra”, in modo certo.<br />
Il linguaggio matematico, magari, per la propria peculiare logica, potrebbe avvicinarsi e quasi avallarne la previsione, la relativa dimostrabilità e l’attuabile falsificabilità. Non importerebbe nemmeno scomodare la quantistica - oltretutto a sua volta non ascrivibile a teorie pensate come definitive -, da quanto, in accordo alle condizioni oggettive e/o soggettive, il quid preso in esame potrebbe apparire reale o irreale, dimostrabile o indimostrabile, falsificabile o infalsificabile in correlazione a quanto congetturato circa le caratteristiche rapportate al linguaggio e alla logica matematica.<br />
Chi sostenesse certezze, nelle teorie delle quali ci accampiamo talora il vanto di considerarle cristallizzate, definitive, potrebbero invece un giorno rivelarsi modificabili, o del tutto invertibili; forse perfino sovvertibili, chi lo potrebbe escludere? Già, pensiamo a conferma di ciò alla nota, classica “prova” dei cigni bianchi di Popper. Esemplificazione che ci porta appunto, e indiscutibilmente, a dover scartare ogni logica di carattere induttivo.<br />
Come teorizzavo all’inizio, amplierei qui “anche” il concetto che concerne le instabili, ma al momento indimostrabili basi delle nostre conoscenze deduttive. Le letteratura, qualora intendesse insegnarci a vivere, non potrà mai sapere ab ovo cosa al lettore potrà invece sopraggiungere: troppe, le variabili. Quando, invece, intendesse insegnarci, o magari solamente indicarci come mettere in pratica le teorie ipotizzate, l’immaginato autore rischierebbe di dover prevedere rivoli su rivoli, deviazioni su deviazioni, le ostanti chiuse su chiuse... affogando nel melmoso mare della non svelata, esclusa conoscenza.<br />
Certo. Dedurrei che la letteratura può essere, anzi è utilissima a farci conoscere, a consentirci di affinare soltanto i mezzi atti al raggiungimento di una conoscenza presunta tale, indistinta; giammai definitiva.<br />
¡Ma come restiamo abbagliati, a volte, dalle tante nostre acquisite, illusorie (perfino “definitive”) sicurezze!». Tommaso Mazzoni (n. 1928), da Aforismi e pensieri.<br />
 
«AGIRE... E MENO CHIACCHIERE!».<br/>
- «Per esprimere giudizi o ipotesi di giudizio ci sono le sedi appropriate. Occorrerebbe tener sempre presente che ogni tipo di pur contenuta enfatizzazione può portare a distorsione, e quindi ad anomalie: meglio, quindi, tacere e soprattutto agire. Tutto ciò che viene rivelato è potenzialmente utile all’avversario, e perciò “spettacolo” non dovrebbe mai significare “spettacolarizzazione di comportamenti teoricamente condannabili”, anche, e con maggior ragione, se sia ancóra tutto da doversi dimostrare.
“Spettacolo” sta a teatro e propri annessi e connessi, con fantasie o fatti, talvolta alterati, portato per sua natura a produrre enfatizzazioni, e di conseguenza possibili distorsioni.
“Realtà” è invece equivalenza del mondo reale o, per dirla col Machiavelli, verità effettuale. In questo caso, potendo sfiorare sebbene di poco, o anche per pura ipotesi, il censurabile, ogni decisione spetta solo al magistrato; senza quindi alcuna interferenza, pure se involontaria, potenzialmente fuorviante.