Dino Risi: differenze tra le versioni

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==''I miei mostri''==
*Stanco di curare gente che non guariva, mi sono dato al [[cinema]] (copertina).
*Il [[cinema]] è il mestiere più bello del mondo. Per tutti (o quasi) quelli che ci lavorano. (p. 9)
*Il 23 dicembre 2003 ho compiuto ottantasette anni. Pensavo che non avrei superato l'anno 2000. Ho dovuto rifare i conti. Tutti i miei amici se ne sono andati. Tutti più giovani di me. L'essere ancora vivo mi chiedo se sia un premio, o un castigo.<br/> Ho fatto un esame di coscienza. Non sono orgoglioso di me. Sono stato stupido, infedele, bugiardo, vile, ipocrita, fatuo, furbo, vanesio, indecente, annoiato, triste, invidioso, disperato. Ma anche buono, generoso, innamorato, fedele, allegro, sognatore, dubbioso, timido, ingenuo, ignorante, educato, rispettoso, onesto. Ho amato molto la natura, il mare, le donne, il cinema, il teatro, i viaggi, i libri, la musica, il vino, le fragole con la panna, gli spaghetti alla puttanesca, la cioccolata, le paste di mandorla. (p. 12)
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*Non ci avevo mai pensato, in tutti questi anni. Non so se per pudore, o per rimorso, o per vergogna. La verità è che non solo io, ma nessuno dei miei amici, «internati» o «rifugiati» in Svizzera, nei quasi due anni che vanno dall'8 settembre 1943 al 25 aprile 1945, si ricorda di essersi mai intrattenuto a parlare della guerra in corso, che faceva milioni di morti nel mondo, né di aver mai ascoltato la radio o comprato un giornale per avere notizie. [...] La verità è che quei mesi passati in Svizzera [...] tutto questo ci era sembrato un sogno, una bella favola che senza merito ci aveva premiato e che volevamo tenere per noi, con l'egoismo di chi è scampato al naufragio e si aggrappa ben stretto alla tavola che lo ha portato in salvo, ma nello stesso tempo guarda con paura la riva dove non sa quello che troverà. (pp. 161-162)
*La [[televisione]] ha rubato clienti al prete e allo psicanalista. Uomini e donne, ma soprattutto donne, sembra che trovino un sottile piacere nel raccontarsi davanti a milioni di sconosciuti, nel riferire episodi piccanti della loro vita, comportamenti che hanno taciuto alla mamma e alla migliore amica. (p.165)
*C'è un'«arte», che s'impara vivendo. È l'arte del non fare. (p. 183)
*Ci sono ore lente e ore che corrono. (p. 192)
*Stanco di curare gente che non guariva, mi sono dato al [[cinema]].
*Sono stato cinque o sei volte in giuria al concorso di Miss Italia. Ho sempre visto le stesse madri, gli stessi padri, le stesse ragazze. Solo ogni anno un po' più alte. E un po' più padrone della lingua italiana. E un po' più tatuate. E un po' più rifatte. (p. 196)
*La [[morte]] non mi fa paura, non mi ha mai fatto paura, non vedo l'ora che arrivi, solo mi dà noia la durata del viaggio prima che io torni a vivere, perché questo è sicuro, altrimenti vuol dire che il sole, le stelle, il mare, il vino, le donne, tutto ciò non esiste, e questo non può essere. (p. 206)
*Ho scritto di molte cose, ma pochissimo dei miei film e del [[cinema]] in generale. Eppure ho fatto più di cinquanta film, quasi uno all'anno. La verità è che credo di avere fatto molti film senza accorgermene. Sedevo accanto alla macchina da presa nella mia sedia da regista, dicevo «Motore!», «Azione!», e pensavo ad altro. Mi sembrava, occupandomi del film e degli attori, di sciupare il mio tempo. Me ne andavo via con la testa. Amavo troppo la mia libertà per sentirmi costretto a seguire gli attori, le loro battute, i movimenti di macchina, il ritmo di una scena, le luci dell'operatore, lasciavo che se ne occupasse il mio doppio, cioè me stesso, la parte automatica di me che sentivo dire: «Questa è buona, si stampa». Oppure: «No, facciamone un'altra». [...] Non vedevo l'ora che finisse la giornata per starmene solo con me stesso. Pensavo a tutto. Tranne che al film. A cosa pensavo? Quasi sempre a un'altra storia, ad altri luoghi, ad altri attori. Il film che stavo girando ormai l'avevo metabolizzato, era fatto, già visto, non suscitava la mia curiosità, mi annoiava, non volevo saperne niente. Infatti cercavo di evitare la tortura delle proiezioni prima dell'uscita, volevo non parlarne più, dimenticarlo. Non conservavo nulla. (pp. 210-211)
*[[Walter Chiari]] era uno che con le donne ci sapeva fare. Collezionò, come [[Marcello Mastroianni|Mastroianni]] (più sornione ma altrettanto vincente), bellezze nazionali e internazionali. Era un caro ragazzo, anche quando era quasi vecchio. Amico di tutti e amico sincero, innamorato dell'amore. Capace di lasciare un film per raggiungere la donna amata dall'altra parte del mondo. Generoso (morì povero), volle che fosse scritto sulla sua tomba: «Non preoccupatevi, è solo sonno arretrato». Parlava, parlava, e, a differenza di quelli che parlano, parlano, diceva anche delle cose intelligenti. (p. 219)
*L'[[amore]] oggi è diventato, come tutto, oggetto di mercato. La televisione lo usa come usa i materassi, i telefonini e la carta igienica. È l'amore-sesso, che non si è mai praticato così poco in Italia come da quando le femministe hanno intimato al compagno maschilista: «Vediamo un po' cosa sei capace di fare». E vendono il loro bel corpo (quelle che ce l'hanno) ai calendari che sventolano la bandiera della masturbazione universale. (p. 231)
*[[Billy Wilder]] disse: «Chi la fortuna, o sfortuna, di sopravvivere, si accorge presto di essere diventato l'uomo invisibile». Io invece avrei voltuo sempre essere invisibile, anche da ragazzo. Mi piaceva guardare la vita degli altri. Per questo mi piaceva leggere i libri. Per questo mi piaceva (mi piace) guardare i film. E mi sarebbe piaciuto guardare i film che passano nell'anticamera del cervello di ognuno di noi. (p. 232)
*La [[morte]], ha detto [[Saul Bellow]], sarà una grande noia. Non è vero. La morte sarà bellissima. E, aggiungo, ricca di sorprese. (p. 232)
 
==Citazioni tratte da interviste==