John Lukacs: differenze tra le versioni

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==''Democrazia e populismo''==
Siamo tutti socialisti! » fu la famosa esclamazione nel 1894 di Sir William Harcourt, un'esemplare figura di liberale britannico, mentre il parlamento votava l'ennesima legge di riforma sociale. Più di tiri secolo dopo il mondo intero è [[socialismo|socialista]], almeno nel senso che lo Stato sociale, o Stato-che-provvede, è stato accettato, quanto meno in linea di principio, e secondo modalità pratiche certo diverse, da un capo all'altro del pianeta.<br />In questo senso, che un governo si dichiari oppure no socialista è quasi irrilevante; ma se un governo sia oppure no [[nazionalismo|nazionalista]] non è affatto irrilevante. (p. 37)
*È un grave errore pensare che Hitler scendesse (o fosse costretto a scendere) a compromessi con il capitalismo, che non fosse un «vero» socialista. Niente affatto: sia lui che il suo partito condannarono il Capitalismo Internazionale con la stessa energia con cui combatterono il Comunismo Internazionale. E la storia delle classi lavoratrici lungo tutto il Novecento e quasi ovunque mostra che erano disposte a tollerare, e perfino ad ammirare, i capitalisti di successo, purché fossero i «loro» capitalisti. <br />[[Benito Mussolini|Mussolini]], [[Adolf Hitler|Hitler]], Perón, [[Stalin]] furono tutti socialisti nazionalisti, con l'accento che batteva sul secondo termine. Nel 1870, e ancora decenni più tardi, sembrava impossibile che il nazionalismo e il socialismo si sarebbero mai alleati. Eppure, se si pensa all'onnipresenza dello Stato sociale, oggi siamo tutti nazionalsocialisti, almeno in un certo senso. (p. 42)
*La [[prima guerra mondiale]] segnò la sconfitta del Socialismo Internazionale e produsse l'avvento del nazionalsocialismo. (p. 44)
*Gli [[operaio|operai]], e forse soprattutto le loro mogli, aspiravano a essere, o rimanere, rispettati nel loro ambiente. Non erano disposti ad apparire insufficientemente rispettabili o insufficientemente nazionali. (p. 46)
*Oggi, anche tra gli americani, la fede cieca nel [[Progresso]] sta affievolendosi; e sia i [[Liberalismo|liberali]] superstiti sia i pochi [[conservatorismo|conservatori]] non superficiali non credono più in maniera incondizionata nei benefici del progresso tecnologico. Ed è giocoforza riconoscere che una fiducia e una credenza senza esitazioni, e anzi entusiastiche, nella tecnologia sono rinvenibili in uomini come [[Adolf Hitler|Hitler]] e [[Joseph Goebbels|Goebbels]], che erano dei [[populismo|populisti]]. (pp. 55 sg.)
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*Il «[[totalitarismo]]» e il potere apparentemente onnipervasivo degli Stati di polizia hanno oscurato il fatto che quasi ovunque il potere [[stato|statale]] è andato indebolendosi. [...] D'altro canto, l'importanza delle grandi imprese (con la loro connessa «globalizzazione») è ingannevole, perché i loro temporanei manager e amministratori non ne sono i veri proprietari. Essi non costituiscono una nuova aristocrazia, il tipo di aristocrazia che inevitabilmente emerge quando gli Stati s'indeboliscono. Nel nostro futuro c'è un nuovo feudalesimo barbarico; ma la sua ora non è ancora giunta. (pp. 144-147)
*Una delle differenze fondamentali tra le posizioni estreme della destra e della [[sinistra]] è la seguente: nella maggior parte dei casi, la molla delle prime è l'[[odio]], quella delle seconde è la [[paura]]. (p. 183)
*È possibile che in futuro la vera divisione sarà non tra destra e sinistra, ma tra due specie di destra: tra coloro la cui bussola è il disprezzo della gente di sinistra, che odiano i liberali più di quanto amino la [[libertà]], e coloro che amano la libertà più di quanto temano i liberali; tra [[nazionalismo|nazionalisti]] e [[patriottismo|patrioti]]; tra chi crede che il destino dell'[[Stati Uniti d'America|America]] sia governare il mondo e chi non ci crede; tra coloro che sono favorevoli allo «sviluppo» e coloro che desiderano proteggere e conservare la terra: tirando le somme, tra chi non mette in questione il [[Progresso]] e chi invece lo fa. (p. 199)
*È possibile che ci tocchi di assistere a un declino dell'accettazione dei poteri monarchici e gerarchici (e del prestigio) della Chiesa non dissimile da quanto avvenne quindici secoli fa — quando, per esempio, nel 499 gruppi rivali in seno al clero e al popolo elessero a Roma due diversi vescovi, e ci si rivolse a un governante semibarbaro (Teodorico) perché scegliesse quale dei due dovesse diventare pontefice. Ma è anche possibile il contrario, giacché la [[Chiesa cattolica]] è l'ultimo bastione e l'ultima fonte d'ispirazione — assediati e malconci, eppure qua e là visibili – dell'integrità personale, della decenza e, sì, della libertà e della [[speranza]]. (p. 212)