François-René de Chateaubriand: differenze tra le versioni

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==Citazioni di François-René de Chateaubriand==
*Bisogna evitare la società quando si soffre, perché è la naturale nemica degli sventurati. L'[[orgoglio]] è la virtù dell'infelice.<ref>Da ''Saggio storico, politico e morale sulle rivoluzioni antiche e moderne''.</ref><ref name=e />
*{{NDR|La Campagna romana}} Figuratevi un po' della desolazione di Tiro e di Babilonia, cui accenna la Scrittura; un silenzio e una solitudine vaste come il rumore e il tumulto degli uomini che un tempo calpestavano questo suolo. Si crede di udirvi risuonare la maledizione del profeta: ''Venient tibi duo haec subito in die una, Sterilitas et viduitas''. Qua e là si scorgono accenni di strade romane in luoghi ove non passa più alcuno e tracce disseccate di torrenti invernali, simili, quando si vedano di lontano, a grandi strade battute e frequentate, mentre non sono che il letto deserto di un'onda tempestosa trascorsa come il popolo di [[Roma]]. Rari son gli alberi, dovunque s'alzano rovine di acquedotti e di tombe: rovine che sembrano le foreste e le piante indigene d'una terra composta dalla polvere dei morti e dai ruderi. Spesso in un gran piano ho creduto vedere ricche messi; avvicinandomi ho scoperto erbe avvizzite. A volte, sotto queste sterili messi si distinguono i ricordi d'un'antica coltivazione. Ma niente uccelli o contadini o lavori rustici, o muggiti di {{sic|mandre}} o villaggi. Un piccol numero di fattorie scalcinate s'ergono su la nudità dei campi; le finestre e le porte ne son chiuse, non vi escono né uomini mé rumore né fumo. Una specie di selvaggio seminudo, pallido e minato dalla febbre, custodisce queste misere capanne, come gli spettri che, nelle nostre storie gotiche, proibiscono l'entrata dei castelli deserti. Si direbbe davvero che nessun popolo ha osato succedere ai padroni del mondo nella loro terra nativa; e che questi campi son tali quali li ha lasciati il vomere di [[Lucio Quinzio Cincinnato|Cincinnato]] o l’ultimo aratro di Roma.<br>Dal mezzo di questo terreno incolto, cui domina e attrista ancora un monumento chiamato dalla voce popolare ''la tomba di [[Nerone]]'', s'{{sic|èleva}} la grande ombra della Città Eterna. Decaduta dalla sua potenza terrestre sembra aver voluto isolarsi nel suo orgoglio, si è disgiunta dalle altre città del mondo, e, come una regina scesa dal trono, ha nobilmente celato nella solitudine le sue sventure. (da Carabba, 1910, pp. 58-59)
 
*Gli Dei se ne vanno.<ref>Da ''Martiri'', XXIV; citato in [[Giuseppe Fumagalli]], ''Chi l'ha detto?'', U. Hoepli, Milano, 1921, [[:s:Pagina:Chi l'ha detto.djvu/521|p. 489, § 1453]].</ref>
:''Les Dieux s'en vont''.
*Il tempo non si ferma ad ammirare la [[gloria]]: se ne serve e passa oltre.<ref>Da ''I quattro Stuart''.</ref><ref name=e>Citato in Elena Spagnol, ''Enciclopedia delle citazioni'', Garzanti, Milano, 2009. ISBN 9788811504894</ref>
*Io adotto come verità religiosa la verità cristiana, che non è [...] un circolo inflessibile, ma un circolo che si espande man mano che i lumi e la libertà si sviluppano. [...] La religione cristiana entra in una nuova era: come le istituzioni e i costumi, essa subisce la terza trasformazione. Essa cessa di essere politica, diviene filosofica, senza smettere di essere divina; il suo circolo flessibile si espande con i lumi e le libertà, mentre la croce segna per sempre il suo centro immobile.<ref>Da ''Etudes historiques'', in ''Oeuvres completès'', a cura di E. Biré, IX, Paris, pp. 70-75; citato in Marjorie Reeves, Warwick Gould, ''Gioacchino da Fiore e il mito dell'Evangelo eterno nella cultura europea'', Viella, 2000, p. 112.</ref>
*La [[Solfatara di Pozzuoli|{{sic|zolfatara}}]], campo di zolfo. Rumore delle fontane di acqua bollente: rumore del [[Tartaro (mitologia)|Tartaro]] per i poeti.<br>Veduta del [[golfo di Napoli]] nel ritorno: [[Capo Miseno|capo]] disegnato dalla luce del sole occidente; riflesso della luce sul [[Vesuvio]] e l'[[Appennini|{{sic|Apennino}}]]; armonia di quei fuochi e del cielo. Vapor diafano a fior d'acqua e a mezza montagna. Bianchezza delle vele delle barche rientranti nel porto. L'[[isola di Capri]] lontana. La montagna di Camaldoli col convento e gruppo d'alberi, sopra Napoli. Contrasto di ciò con la zolfatara.<ref>Da ''Viaggio in Italia (1803-1804): {{small|Aggiuntevi pagine dai "Martiri" e dalle "Memorie d'Oltretomba"}}'', traduzione prefazione e note di Giovanni Rabizzani, R. Carabba, Lanciano, 1910, [https://archive.org/details/chateaubriand-viaggio-in-italia/page/46/mode/2up?q=napoli p. 46].</ref>
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==Bibliografia==
*François-René de Chateaubriand, ''Genio del Cristianesimo'', traduzione e note di Sara Faraoni, Bompiani, 20882008.
*François-René de Chateaubriand, ''Memorie d'oltretomba'', progetto editoriale di [[Cesare Garboli]], a cura di Ivanna Rosi, traduzione di Filippo Martellucci, Ivanna Rosi e Fabio Vasarri, Einaudi-Gallimard, 1995.