Paul Klee: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Paul Klee==
*In questo mondo io sono del tutto incomprensibile. Perché vivo in uguale misura con i morti e con quelli che non sono ancora nati.<ref>Da ''Diari'', Laqueur, pp. 217-218.</ref>
*L'occhio segue le vie che nell'[[opera d'arte|opera]] gli sono state disposte.<ref>Da ''Pädagogisches Skizzenbuch''; citato in [[Georges Perec]], ''La vita istruzioni per l'uso'', traduzione di Daniella Selvatico Estense, Rizzoli, Milano, 2012. ISBN 9788858640326</ref>
*Missione dell'[[artista]] è di penetrare, nei limiti del possibile, il terreno segreto nel quale si determina lo sviluppo delle leggi originarie. Quale artista non vorrebbe afferrare l'organo centrale di tutto il movimento spazio-temporale (si tratti del cuore o del cervello della creazione), dal quale tutte le funzioni derivano la loro vita? Nel grembo della natura, nel terreno originale della creazione, dove è nascosta la chiave di tutte le cose? [...] Il nostro cuore che batte ci guida verso l'interiorità profonda, verso il terreno originario.<ref>Citato in [[Aniela Jaffé]], ''Simbolismo nelle arti figurative'', p. 252; in ''L'uomo e i suoi sogni'' di [[Carl Gustav Jung]], edizioni Tea ISBN 978-88-502-0552-3</ref>
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==''Diari 1898-1918''==
*Nell'al di qua non mi si può afferrare. Ho la mia dimora tanto tra i morti quanto tra i non nati. (§ 179, p. 57)
*{{NDR|Sul [[porto di Genova]]}} Del mare avevo un'idea approssimativa, non però della vita in un porto. Vagoni ferroviari, minacciose gru a vapore, carichi di merce e uomini lungo argini di solida muratura, funi da scavalcare. Sfuggire ai barcaioli: «Giro del porto, panorama della città!», «Le navi da guerra americane!», «I fari!», «Il mare!». Sedersi sui grossi cavi di ferro. Clima insolito. Piroscafi da Liverpool, Marsiglia, Brema, la Spagna, la Grecia, l'America. Rispetto per la grandezza del globo terrestre. Centinaia di vapori accanto a innumerevoli vaporetti, velieri, rimorchiatori. E gli uomini, poi? le figure più strane, col fez. Qui, sugli argini, emigranti, italiani del Sud, accoccolati al sole (come lumache), gesticolare da scimmie, madri con lattanti al petto, i bambini più grandicelli che giocano e si bisticciano. Un vivandiere si fa largo con un recipiente fumante di «frutti di mare». Colpisce l'odore d'olio e di fumo. Donde proviene? Poi gli scaricatori di carbone, belle figure robuste, il torso nudo, agili e veloci, col carico in groppa (in testa un fazzoletto, a riparo dei capelli), sulla lunga passerella su al magazzino, per la pesatura. Poi, liberi, per un'altra passerella giù al piroscafo, dove è pronta un'altra cesta piena. Così in incessante giro, uomini abbronzati dal sole, neri di carbone, rudi, sprezzanti. Lì un pescatore. L'acqua schifosa non può contenere nulla di buono. Non pesca nulla, e neppure gli altri. Gli arnesi: una corda, con un sasso attaccato, una zampa di gallina, un mollusco.<br>Sugli argini case e magazzini. Un mondo a sé. Noi semplici oziosi. Eppure fatichiamo, almeno con le gambe. (''Diario italiano (ottobre 1901-maggio 1902)'', § 278-79, pp. 63-64)
*{{NDR|Su [[Genova]]}} Case alte, fino a tredici piani, vie strettissime nella città vecchia, fresche e maleodoranti, di sera una fitta folla, durante il giorno quasi solo bambini. I loro panni sventolano come bandiere di una città in festa. Cordicelle tese da una finestra a quella di fronte. Durante la giornata sole pungente in quelle viuzze, riflessi metallici del mare, dovunque una luce abbagliante. Con tutto questo, le note di un [[organo a rullo|organetto]], un mestiere pittoresco. Attorno bambini che ballano. Il teatro nella realtà. Ho portato molta malinconia oltre il San Gottardo. Dioniso non ha effetti semplici su di me. (''Diario italiano (ottobre 1901-maggio 1902)'', § 280, p. 64)