C. S. Lewis: differenze tra le versioni

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*Era l'epoca del «knut»: delle cravatte «larghe» con la spilla, delle giacche cortissime e dei pantaloni portati alti a fare mostra di calze strabilianti, e delle scarpe di cuoio grezzo dalle stringhe immensamente larghe. [...] Difficile immaginare più penose ambizioni in un quattordicenne zotico e troppo cresciuto con uno scellino in tasca la settimana; tanto più che io sono di quelli che la natura ha condannato, qualunque cosa comprino od indossino, ad avere l'aria d'essere appena usciti da una bottega di rigattiere. Ancora oggi non riesco a ricordare senza imbarazzo la mia mania di portare calzoni ben stirati e (sordida abitudine) di impiastricciarmi d'olio i capelli. Nella mia vita era entrato un nuovo elemento: la [[volgarità]]. Finora avevo commesso quasi tutti i peccati e le follie alla mia portata, ma non ero mai stato pacchiano. (pp. 54-55)
*Quello che provavo per la maestra di ballo era puro desiderio; la prosa, e non la poesia della carne. Il mio non era affatto il sentimento del cavaliere che si vota a una dama, ma quello di un turco che guarda una circassa che non può permettersi di comprare. Sapevo benissimo quello che volevo. Di solito, si ritiene che esperienze del genere diano luogo a un senso di colpa, ma nel mio caso non fu così. E posso anche aggiungere che, fatta eccezione per una qualche trasgressione morale che coinvolgeva anche il codice d'onore o provocava conseguenze tali da suscitare la mia compassione, il senso di colpa era cosa che allora quasi non conoscevo. Per acquisire delle inibizioni mi ci volle lo stesso tempo che, si dice, altri impiegano per liberarsene. Ecco perché mi trovo spesso in contraddizione con il mondo moderno: ho vissuto da pagano convertito tra puritani apostati. (p. 56)
*Non credo molto nel [[Rinascimento]] così come viene di solito descritto dagli storici. Più mi sprofondo nelle documentazioni, e meno trovo tracce di quell'estasi primaverile che si suppone abbia travolto l'Europa del XV secolo. Mi viene persino il sospetto che l'entusiasmo degli storici in materia abbia origine diversa, che ciascuno sia portato a ricordare e a proiettare il proprio rinascimento personale; quel meraviglioso risveglio che sopravviene nella maggior parte di noi quando la pubertà è completa. Ed è giusto chiamarla rinascita e non nascita, risveglio e non sveglia, perché per molti di noi, oltre che una cosa nuova, rappresenta anche il recupero di cose possedute da bambini e perdute da ragazzi. (p. 57)
*La gioia si distingue non solo dal piacere in generale, ma anche dal piacere estetico. Deve dare la fitta, lo spasmo, l'inconsolabile nostalgia. (p. 58)
*La «musica» era una cosa, la «la musica [[Richard Wagner|wagneriana]]» un'altra, e non c'era nulla che le ravvicinasse; non si trattava di un nuovo piacere ma di un piacere di nuovo genere, ammesso che «piacere» sia la parola giusta, anziché turbamento, estasi, sbigottimento, «un conflitto di sensazioni senza nome». (p. 60)
*Nel libro di devozioni ci è prescritto di «ringraziare Dio per la Sua grande gloria», come se gli dovessimo grazie più perché necessariamente quello che è, che per altri particolari benefici; ed è proprio quello che facciamo, e conoscere Dio è conoscere ciò. (p. 61)
*Alla mia venuta in questo mondo mi avevano (tacitamente) avvertito di non fidarmi mai di un papista e (apertamente) al mio arrivo alla facoltà di inglese di non fidarmi mai di un filologo. [[J. R. R. Tolkien|Tolkien]] era l'uno e l'altro. (p. 158)
*Nell'[[introspezione]] si cerca di guardare «dentro se stessi» e di vedere che cosa succede. Ma quasi tutto quello che accadeva un istante prima viene bloccato nel momento stesso in cui ci voltiamo a osservarlo. Sfortunatamente, questo non vuol dire che l'introspezione non trovi nulla. Al contrario, trova esattamente quello che la sospensione di tutte le nostre normali attività si lascia dietro; e ciò che si lascia dietro sono principalmente immagini mentali e sensazioni fisiche. Il grande errore consiste nello scambiare questo semplice sedimento o traccia o sottoprodotto per le attività stesse. (p. 159)