Michel de Montaigne: differenze tra le versioni

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*Tutte le [[passioni]] che si lasciano assaporare e digerire sono soltanto mediocri. (I; 2012, p. 17)
*Noi non siamo mai in noi, siamo sempre al di là. Il timore, il desiderio, la speranza ci lanciano verso l'avvenire, e ci tolgono il sentimento e la considerazione di ciò che è, per intrattenerci su ciò che sarà [...]. (III; 2012, p. 19)
*[...] la [[guerra]] ha per natura molti privilegi ragionevoli a dispetto della ragione. (VI; 2012, p. 43)
:[...] ''la guerre a naturellement beaucoup de privilèges raisonnables au préjudice de la raison.'' (2012, p. 42)
*Non possiamo essere impegnati al di là delle nostre forze e dei nostri mezzi. Per questo motivo, che cioè gli effetti e le attuazioni non sono affatto in nostro potere, e che nulla è realmente in nostro potere se non la volontà, in essa necessariamente si fondano e si stabiliscono tutte le regole del dovere dell'uomo. (VII; 2012, p. 47)
*[...] le [[memoria|memorie]] eccellenti si uniscono volentieri agli intelletti deboli. (IX; 2012, p. 53)
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*La fiducia nell'altrui [[bontà]] è non lieve testimonianza della propria. (XIV; 2012, p. 113)
*Ognuno sta bene o male secondo come pensa di stare. Non è contento chi è creduto tale, ma chi lo crede di sé. E in questo soltanto la credenza dà a se stessa sostanza e verità. (XIV; 2012, p. 115)
*Essa {{NDR|la [[paura]]}} esplica il suo estremo potere allorché per il suo utile particolare ci risospinge a quel valore che ha sottratto al nostro dovere e al nostro onore. Nella prima battaglia regolare che i Romani perdettero contro Annibale sotto il console Sempronio, un esercito di ben diecimila fanti, preso da spavento, non vedendo dove altrimenti aprire un varco alla propria viltà, andò a gettarsi nel grosso dei nemici, che sfondò con impeto straordinario, con grande strage di Cartaginesi, comprando una fuga vergognosa al medesimo prezzo che avrebbe pagato per una gloriosa vittoria. (XVIII; 2012, p. 130)
*La [[paura]] è la cosa di cui ho più paura. (XVIII; 2012, p. 130)
*Checché se ne dica, anche nella [[virtù]] lo scopo ultimo della nostra mira è la [[piacere|voluttà]]. Mi piace romper loro {{NDR|ai filosofi}} i timpani con questa parola che va loro così poco a genio. E se vuole esprimere l'idea di un piacere supremo e di una soddisfazione eccessiva, questo si addice alla virtù più che a qualsiasi altra cosa. Questa voluttà, per il fatto di esser più gagliarda, nervosa, robusta, virile, non è che più profondamente voluttuosa. E dovremmo darle il nome del piacere, più favorevole, dolce e naturale: non quello del vigore, col quale l'abbiamo chiamata. L'[[sessualità|altra voluttà]] più bassa, se meritasse un sì bel nome, dovrebbe meritarlo in concorrenza, non per privilegio. La trovo meno scevra di fastidi e di ostacoli che non la virtù. Oltre che il suo sapore è più momentaneo, fuggevole e caduco, essa ha le sue veglie, i suoi digiuni e i suoi affanni, e sudore e sangue. E inoltre, soprattutto, passioni laceranti di tante specie, ed insieme una sazietà tanto pesante da equivalere a penitenza. (XX; 2012, p. 139)
*[...] tutto quello che può esser fatto domani, può esserlo oggi. (XX; 2012, p. 151)
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*[...] il commercio con gli uomini è straordinariamente adatto, e così la visita dei paesi stranieri [...] per riportarne soprattutto le indoli di quei popoli e la loro maniera di vivere, e per sfregare e limare il nostro cervello contro quello degli altri. (XXVI; 2012, p. 275)
*Quante cose, che ieri tenevamo per articoli di [[fede]], oggi le consideriamo favole? (XXVII; 2014)
*Se sentivo parlare o degli spiriti che tornano o della profezia di cose future, degli incantesimi, delle stregonerie, o raccontare qualche altra cosa che non potevo comprendere [...] ero preso da compassione per il povero popolo ingannato con tali follie. E ora trovo che ero per lo meno altrettanto da compatire io stesso: non che l'esperienza mi abbia in seguito fatto veder nulla al di là delle mie prime opinioni (e tuttavia questo non è dipeso dalla mia curiosità); ma la ragione mi ha insegnato che condannare con tanta sicurezza una cosa come falsa e impossibile, è presumere d'avere in testa i limiti e i confini della volontà di [[Dio]] e della potenza di nostra madre [[natura]]. E che non c'è al mondo follia più grande che giudicarli in proporzione alla nostra capacità e competenza. Se chiamiamo prodigi o miracoli le cose a cui la nostra ragione non può arrivare, quanti se ne presentano continuamente al nostro sguardo? Consideriamo attraverso quali nebbie e quasi a tastoni siamo condotti alla conoscenza della maggior parte delle cose che abbiamo a portata di mano; certo troveremo che è piuttosto l'abitudine che la scienza a non farcene vedere la stranezza, [...] e che se quelle stesse cose ci venissero presentate per la prima volta, le troveremmo altrettanto o più incredibili di qualsiasi altra. (XXVII; 2012, p. 325)
*In verità, se confronto tutto il resto della mia vita, che pure, per grazia di Dio, mi è trascorsa dolce, facile e, salvo la perdita di [[Étienne de La Boétie|un tale amico]], esente da gravi afflizioni, piena di tranquillità di spirito, essendomi accontentato dei miei agi naturali e originari senza cercarne altri; se la confronto, dico, tutta quanta ai quattro anni in cui mi è stato dato di godere della dolce compagnia e familiarità di quell'uomo, essa non è che fumo, non è che una notte oscura e noiosa. (XXVIII; 2014)
*{{NDR|Parlando dell'amicizia con Etienne de La Boétie}} Nell'amicizia di cui parlo, {{NDR|le anime}} esse si mescolano e si confondono l'una nell'altra con un connubio così totale da cancellare e non ritrovar più la commessura che le ha unite. Se mi si chiede di dire perché l'amavo, sento che questo non si può esprimere che rispondendo: «Perché era lui; perché ero io». (XXVIII; 2014)
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*Non c'è meno travaglio nel governo di una famiglia che in quello di un intero Stato. (XXXIX; 2014)
*La [[gloria]] e il riposo sono cose che non possono stare sotto lo stesso tetto. (XXXIX; 2014)
*[...] il contagio è pericolosissimo nella [[massa|folla]]. Bisogna o imitare i viziosi o odiarli. (XXXIX; 2012, p. 427)
:[...] ''la contagion est très dangereuse en la presse. Il faut ou imiter les vicieux, ou les haïr''. (2012; p. 426)
*Non c'è cosa tanto poco socievole e tanto socievole come l'uomo: questo per vizio, quello per natura. (XXXIX; 2012, p. 427)
:''Il n'est rien si dissociable et sociable que l'homme : l'un par son vice, l'autre par sa nature''. (2012, p. 426)
*Bisogna riservarsi una retrobottega tutta nostra, del tutto indipendente, nella quale stabilire la nostra vera libertà, il nostro principale ritiro e la nostra [[solitudine]]. Là noi dobbiamo trattenerci abitualmente con noi stessi, e tanto privatamente che nessuna conversazione o comunicazione con altri vi trovi luogo; ivi discorrere e ridere come se fossimo senza moglie, senza figli e senza sostanze, senza seguito e senza servitori, affinché, quando verrà il momento di perderli, non ci riesca nuovo il farne a meno. Abbiamo un'anima capace di ripiegarsi in se stessa: può farsi compagnia, ha i mezzi per assalire e per difendere, per ricevere e per donare; non dobbiamo temere di marcire d'ozio noioso in questa solitudine. (XXXIX; 2012, p. 433)
*Io non giudico il filosofo Arcesilao meno austero perché so che si serviva di utensili d'oro e d'argento, secondo che lo stato dei suoi beni glielo permetteva; e lo stimo più per averne usato con [[moderazione]] e liberalità, che se se ne fosse privato. (XXXIX; 2012, p. 437)
*È il [[godere]], non il possedere, che ci rende felici [...]. (XLII; 2012, p. 471)
:''C'est le jouir, non le posséder, qui nous rend heureux'' [...]. (2012, p. 470)
*[...] la minima puntura di spillo e la minima passione dell'anima è sufficiente a toglierci il piacere della sovranità del mondo. (XLII; 2012, p. 471)
:''la moindre piqûre d'épingle, et passion de l'âme, est suffisante à nous ôter le plaisir de la monarchie du monde'' [...]. (2012, p. 470)
*[...] è molto più facile e più piacevole seguire che guidare; ed è un gran riposo per lo spirito non dover far altro che seguire una via tracciata e non rispondere che di se stesso [...]. (XLII; 2012, p. 473)
:[...] ''il est bien plus aisé et plus plaisant de suivre que de guider : et que c'est un grand séjour d'esprit de n'avoir à tenir qu'une voie tracée, et à répondre que de soi'' [...]. (2012, p. 472)
*Non c'è nulla di così fastidioso, di così disgustoso come l'[[abbondanza]]. (XLII; 2012, p. 475)
:''Il n'est rien si empêchant, si dégoûté, que l'abondance''. (2012, p. 474)
* I vantaggi dei principi sono quasi vantaggi immaginari. (XLII; 2012, p. 477)
:''Les avantages principesques sont quasi avantages imaginaires'' [...]. (2012, p. 476)
*Ogni grado di fortuna ha qualche apparenza di principato. (XLII; 2012, p. 477)
:''Chaquea degré de fortune a quelque image de principaut''. (2012, p. 476)
*[...] non è [[vittoria]] quella che non mette fine alla guerra. (XLVII; 2012, p. 503)
:[...] ''ce n'est pas victoire, si elle ne met fin à la guerre.'' (2012, p. 502)
*[...] la [[necessità]] è una maestra violenta [...]. (XLVII; 2012, p. 505)
:[...] ''c'est une violente maîtresse d'école que la nécessité'' [...]. (2012, p. 504)
*Il [[giudizio]] è un utensile buono a tutto, e s'impiccia di tutto. (L; 2012, p. 537)
*Tra le funzioni dell'anima ve ne sono alcune vili: chi non la giudica anche da quelle, non la conosce fino in fondo. E forse la si osserva meglio quando cammina col suo passo abituale. I venti delle passioni l'assalgono con più violenza nelle posizioni più alte. Si aggiunga che essa si applica interamente ad ogni materia, e vi si esercita interamente, e non ne tratta mai più di una alla volta. E la tratta non alla stregua di essa, ma di se medesima. (L; 2012, p. 539)
*Sentite dire metonimia, metafora, allegoria e altri termini simili della grammatica, non sembra forse che ci si riferisca a qualche forma di linguaggio raro e peregrino? Sono termini che riguardano le ciance della vostra cameriera. (LI; 2014)
*{{NDR|Sulla [[oratoria|retorica]]}} È uno strumento inventato per governare e agitare una folla e un [[popolo]] indisciplinato, ed è uno strumento che si adopera solo negli Stati malati, come la [[medicina]]. In quelli dove il volgo, dove gli ignoranti, dove tutti hanno potuto tutto, come quello di Atene, di Rodi e di Roma, e dove le cose sono state in perpetua tempesta, là sono affluiti gli oratori. E in verità, in queste repubbliche si vedono pochi personaggi che siano saliti in gran credito senza il soccorso dell'eloquenza: Pompeo, [[Cesare]], Crasso, Lucullo, Lentulo, [[Metello]] si sono appoggiati soprattutto ad essa per innalzarsi a quella grande autorità a cui sono infine arrivati; e se ne sono serviti più che delle armi. (LI; 2012, p. 545)
*I contadini semplici sono gente onesta, e gente onesta sono i filosofi, o come si dice al tempo nostro, nature forti e limpide, arricchite da un largo corredo di utili cognizioni. I meticci, che hanno sdegnato la prima condizione di ignoranza delle lettere, e non hanno potuto raggiungere l'altra, col culo fra due selle, fra i quali ci sono anch'io, e tanti altri, sono pericolosi, inetti, importuni: sono quelli che agitano il mondo. (LV; 2012, p. 559)
*[[Platone]], nelle ''Leggi'', espone tre specie di credenze oltraggiose a proposito degli dèi: che non ci siano affatto; che non si occupino delle nostre faccende; che non rifiutino niente ai nostri voti, alle nostre offerte e ai nostri sacrifici. Il primo errore, secondo lui, non è mai rimasto immutabile in un uomo dall'infanzia fino alla vecchiaia. Gli altri due possono essere durevoli. (LVI; 2014)
*Penso che a [[ventenne|vent'anni]] i nostri animi siano ormai sviluppati quanto devono esserlo, e promettano quanto potranno. Mai animo che non abbia dato a quell'[[età]] un pegno ben evidente della propria forza, ne dette la prova in seguito. Le qualità e le virtù naturali mostrano entro quel termine, o mai, quello che anno di vigoroso e di bello. (LVII; 2012, p. 583)
 
===Libro II===