Stephen King: differenze tra le versioni

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*Le storie raccolte in questo libro sono molto dure. Forse, in certi momenti, le hai trovate difficili da leggere. Ti assicuro che io stesso, in certi momenti, le ho trovate difficili da scrivere. (p. 415)
*Io prendo molto sul serio quel che faccio, ed è sempre stato così, fin da quando a diciott'anni scrissi il mio primo romanzo ''La lunga marcia''.<br/>Ho pochissima pazienza nei confronti degli scrittori che ''non'' prendono sul serio il proprio lavoro, e proprio nessuna pazienza nei confronti di chi sostiene che l'arte di scrivere storia sia ormai logora. Non è logora, e non è un giochino letterario. È uno dei più importanti modi di cercare un senso nelle nostre vite e nel sovente terribile mondo che ci circonda. È il modo in cui rispondiamo alla domanda: «Come possono accadere cose del genere?» Le storie ci portano a pensare che a volte (non sempre, ma a volte) vi sia una ''ragione''. (pp. 415-416)
*Fin dal principio [...] ho avuto la sensazione che la migliore narrativa fosse propulsiva e aggressiva. Ti arriva dritta in faccia. A volte ti ''grida'' in faccia. Non ho nulla contro la prosa «alta», che di solito descrive persone straordinarie in circostanze ordinarie, ma sia come lettore sia come scrittore, mi interessano molto di più le persone ordinarie in circostanze straordinarie. Nei miei [[lettore|lettori]] voglio provocare una reazione emotiva, quasi viscerale. Il mio scopo non è farli pensare ''mentre'' leggono. Metto la parola in corsivo per far capire che, se la storia è buona abbastanza e i personaggi sono sufficientemente vividi, il pensiero seguirà all'emozione ''dopo'' la lettura e a libro già riposto (talvolta con sollievo). (p. 416)
*La verità è nell'occhio di chi guarda, ma se si parla di narrativa, la sola responsabilità dello scrittore è quella di cercare la verità nel proprio cuore. Non sarà sempre la verità del lettore, e nemmeno quella del critico, ma finché sarà la verità ''dello scrittore'' (e finché quest'ultimo non si umilierà né si toglierà il cappello in ossequio alle mode), tutto andrà bene. Per gli scrittori che mentono di proposito, per quelli che sostituiscono comportamenti non credibili al modo in cui le persone agiscono davvero, io non provo altro che disprezzo. Scrivere male non è solo questione di cattiva sintassi o scarso spirito d'osservazione: si scrive male quando ci si rifiuta di raccontare storie su quel che la gente fa realmente. (p. 417)
*In ''Notte buia, niente stelle'' ho fatto del mio meglio per rendere quel che la gente potrebbe fare e come potrebbe comportarsi in certe situazioni estreme. Le persone in questi racconti non sono prive di speranza, ma riconoscono che a volte persino le speranze più fervide (e i migliori auspici per il nostro prossimo e la società in cui viviamo) si rivelano vane. Anzi, succede spesso. Quello che ci dicono, secondo me, è che la nobiltà non sta principalmente nel successo, ma nel cercare di fare la cosa giusta, e che se non riusciamo a farla, o intenzionalmente ci sottraiamo al compito, la conseguenza sarà l'inferno. (p. 417)