Giuseppe Genna: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m +wikilink
m +wikilink
 
Riga 16:
"Il mondo contadino, dopo circa quattordicimila anni di vita, è finito praticamente di colpo", e anche l'Italia, anche l'Italietta, non è andata a morire in nessun luogo. Si è lasciata tramortire, lentamente, violentemente, come in un risucchio repentino, senza lasciare nulla se non l'acrimonia e, appunto, l'indifferenza. Ora, quando giro l'Italia nelle sue devastanti periferie urbane, quando la trapasso nei paesini delle cinture degli hinterland fumigosi, nella nebbia pesante che puzza di letame chimico, o quando entro nelle latterie dove si parla della tris bevendo Campari – io tasto il polso a una morte avvenuta che si è tradotta in una vita più sterile, automatica, indecente.
 
[...]
 
Benvenuti nel Tempo dell'Astio.
Riga 27:
 
===[[Explicit]]===
Chi di sé non vuol conoscere il proprio "fondo sepolcrale" ? Chissà quanti uomini morti dormono in noi... E quante bestie in attesa, nell'umido delle tane, sotto le foglie, mentre goccia l'acqua... La mia accortezza mi ha fatto essere molte cose, in molti luoghi.<br>
"Sono stato l'unico uomo a chiudere un libro con un oppure".<br>
Ancora non mi capacito di avere vinto la mia lotta contro la noia. Io non mi sono mai annoiato.<br>
 
In questo scritto parla un'enorme speranza.<br>
Ancora non mi capacito di avere vinto la mia lotta contro la noia. Io non mi sono mai annoiato.
 
In questo scritto parla un'enorme speranza.
 
Oppure no. Oppure...
 
Line 47 ⟶ 44:
*La letteratura sa essere pericolosa, ha un arco di durata più lungo di ogni altro medium o prodotto, una carica di memorabilità che sul lungo periodo straccia quello di cui sono capaci film e tv. Lui è consapevole di questa potenza. La utilizza come un'arma. È sfrontato. È dissociato: in difesa rannicchiato dietro lo scudo, va all'attacco sfrontatamente sventolando questa spada di cartapesta che è la letteratura.
*È immensa come una nave, oblunga e travolgente e sarebbe impossibile vedere [[Bettino Craxi|lui]], se non irradiasse la sua immagine elettronica dall'enorme piramide multimediale dell'architetto Filippo Panseca, uno del Giro.
*Le palestre: il tempio del decennio. [[John Rambo (personaggio)|Rambo]] ha mutato l'epoca, gli Ottanta sono suoi. Il tipo fisico dell'intellettuale è diventato un nerd. Siamo bollati come [[Generazione X]]. È umiliante. Non frega a nessuno. Le emozioni sono diventate importanti. La casa è importante. I giovani sono importanti, essi adesso esistono sulla stampa e in tv in questo decennio. L'''italian dream'' ulula, la bocca distorta, il suo orgasmo collettivo al mondo e si compiace (siamo cadaveri eretti, impulsati da elettricità e metabolismi).
*Dal momento in cui io stesso ho tentato di sfondare questa finzione dall'interno della finzione, usando il genere monarca del regno ''fiction'' e cioè il thriller, il morbo ha iniziato a corrodere l'unica zona in cui mi salvavo. Che è dove chiunque mi abbandonava senza che io provassi alcun senso di colpa o angoscia per questo abbandono: la zona fantastica del ''Dies Irae'', questa impossibile storia di storie distorte e monche e indecrittabili che accompagnano il destino futuro della specie per salti enigmatici e di nessun interesse o rilievo collettivo. Qui la mente è unificata e la natura è questa unificazione. Che io ho incrinato per meri motivi economici, di sopravvivenza. L'equivalenza è compiuta: i miei spettri, lo spettro precarietà e lo spettro solitudine, hanno divorato la zona di ancoraggio. Sono iscritto in un protocollo, sono ''lo scrittore di thriller Giuseppe Genna''.
 
===[[Explicit]]===
"Il padre vero è dopo la morte fisica. La morte fisica non esiste, perché il padre vero è dopo.<br>
L'antico risulta essere il più nuovo, il nuovo il più antico.<br>
Quale illusione e afflizione possono toccare colui che vede l'unicità?<br>
L'antico risulta essere il più nuovo, il nuovo il più antico.
'"Io sono'" ovunque.<br>
 
Saluto quell'Essere che è semplice, così come si avverte al risveglio la presenza semplice 'io sono'. Questa è la fine, questo è l'inizio. Non è né fine né inizio, ma '"è'".<br>
Quale illusione e afflizione possono toccare colui che vede l'unicità?
Saluto quel senso di presenza che erroneamente si identifica con il corpo che è fatto di cibo, a sua volta erroneamente identificato con l'essere.<br>
 
Il vero essere è il vero padre, che è il semplice senso interno di essere presenti e non va via. State in quell'essere, non potete non starci. Vivete in lui, vi muovete in lui, respirate in lui.<br>
'Io sono' ovunque.
Saluto quell'Essere immutabile, indefinibile, privo di parole, senza dimensioni, intangibile, inafferrabile, impensabile, che sta sotto e dentro tutto quanto muta, è definibile, ha dimensioni, è toccabile, è prendibile, è pensabile.<br>
 
Non è altro che '"è'".<br>
Saluto quell'Essere che è semplice, così come si avverte al risveglio la presenza semplice 'io sono'. Questa è la fine, questo è l'inizio. Non è né fine né inizio, ma 'è'.
Pace.<br>
 
Pace.<br>
Saluto quel senso di presenza che erroneamente si identifica con il corpo che è fatto di cibo, a sua volta erroneamente identificato con l'essere.
 
Il vero essere è il vero padre, che è il semplice senso interno di essere presenti e non va via. State in quell'essere, non potete non starci. Vivete in lui, vi muovete in lui, respirate in lui.
 
Saluto quell'Essere immutabile, indefinibile, privo di parole, senza dimensioni, intangibile, inafferrabile, impensabile, che sta sotto e dentro tutto quanto muta, è definibile, ha dimensioni, è toccabile, è prendibile, è pensabile.
 
Non è altro che 'è'.
 
Pace.
 
Pace.
 
Pace."
 
==[[Incipit]] di alcune opere==
===''Grande Madre Rossa''===
Lo sguardo è a diecimiladuecento metri sopra Milano, dentro il cielo. È azzurro gelido e rarefatto qui. <br>
Lo sguardo è verso l'alto, vede la semisfera di ozono e cobalto, in uscita dal pianeta. La barriera luminosa dell'atmosfera impedisce alle stelle di trapassare. C'è l'assoluto astro del sole sulla destra, bianchissimo. Lo sguardo ruota libero, circolare, nel puro vuoto azzurro.<br>
 
Pace.<br>
Lo sguardo è verso l'alto, vede la semisfera di ozono e cobalto, in uscita dal pianeta. La barriera luminosa dell'atmosfera impedisce alle stelle di trapassare. C'è l'assoluto astro del sole sulla destra, bianchissimo. Lo sguardo ruota libero, circolare, nel puro vuoto azzurro.
Lo sguardo punta ora verso il basso. Verso il pianeta. Esiste la barriera delle nuvole: livide. Lo sguardo accelera.<br>
 
Penetra nella muraglia delle nubi. Trema nell'impatto, mentre accelera. È un inferno freddo qui. Scariche elettriche, condensa ghiacciata, vento fortissimo, scosse, buio livido. Lo sguardo in accelerazione verso il basso si scuote, è ai limiti, la frizione del gelo è incandescente. Sembra di non farcela. All'improvviso un lampo, mentre tutto trema e tracolla. Nel lampo: l'immagine di un umano nudo, arcaico, che batte un terreno rosso con un osso bianco. Un altro lampo, tutto trema al limite. Lo sguardo vede tutto rosso. All'improvviso penetra.<br>
Pace.
Vuoto.<br>
 
Lo sguardo punta ora verso il basso. Verso il pianeta. Esiste la barriera delle nuvole: livide. Lo sguardo accelera.
 
Penetra nella muraglia delle nubi. Trema nell'impatto, mentre accelera. È un inferno freddo qui. Scariche elettriche, condensa ghiacciata, vento fortissimo, scosse, buio livido. Lo sguardo in accelerazione verso il basso si scuote, è ai limiti, la frizione del gelo è incandescente. Sembra di non farcela. All'improvviso un lampo, mentre tutto trema e tracolla. Nel lampo: l'immagine di un umano nudo, arcaico, che batte un terreno rosso con un osso bianco. Un altro lampo, tutto trema al limite. Lo sguardo vede tutto rosso. All'improvviso penetra.
 
Vuoto.
 
È sopra una città, in pura sospensione. È in una bolla. Lo sguardo vede tutta la città. La città è nera, è livida, è opaca, è inquinata. Lo sguardo galleggia sopra la metropoli. Vede emissioni gassose letali e anonime. Lo sguardo bascula, in sospensione, pare navigare, è nel liquido dell'aria. All'improvviso nuovamente accelera. Punta sulla città.
Velocissimo. Lo sguardo punta al centro della città. In accelerazione vertiginosa i palazzi, le strade, gli omìni che camminano, le automobiline che incrociano. Velocissimo. Al centro, la Cattedrale è bianca e nera, verticale. Lo sguardo devia di un minimo gradiente angolare. Non punta alla Cattedrale. Vede l'enorme cubo bianco e nero, geometrico e spaventoso, di un Palazzo. Ci va addosso. Si avvicina il muro accecante e bianco.<br>
 
Lo scontro è tra una frazione di secondo.<br>
Velocissimo. Lo sguardo punta al centro della città. In accelerazione vertiginosa i palazzi, le strade, gli omìni che camminano, le automobiline che incrociano. Velocissimo. Al centro, la Cattedrale è bianca e nera, verticale. Lo sguardo devia di un minimo gradiente angolare. Non punta alla Cattedrale. Vede l'enorme cubo bianco e nero, geometrico e spaventoso, di un Palazzo. Ci va addosso. Si avvicina il muro accecante e bianco.
 
Lo scontro è tra una frazione di secondo.
 
Ecco l'impatto.
 
===''Italia De Profundis''===
È alle mie spalle fosforescente il mare incontenibile del Capo, nella punta più tempestuosa della Sicilia. Qui il re Federico II si salvò ammarando. Il sole scotta l'epitelio dell'acqua, il sole immaturo del primo mattino che sono qui. La furia delle acque implode, io digrigno i denti. A favore di sole l'eritema sulla mia pelle sfruttata si allarga. Non indosso occhiali. La cala larga è vuota, umida la spiaggia, fastidiosa la sabbia raggrumata fredda, davanti a me è la barriera del supramonte di Cefalù. Posso distinguere nitidi i lati erosi dell'Abbazia di Satana detta Thelema.<br>
Ogni storia, la più tremenda, incombe su di me.<br>
Solitario, qui ritornerò: in questo punto preciso del racconto.<br>
 
L'erede di Satana dal promontorio penetrava in vista delle schiume saline donne dei paesi circostanti, prezzolate, cercava di ingravidare l'homunculus perfetto. Nudo dopo il coito, assistito da fedeli che appuntavano tutto di quei riti, cangianti di volta in volta, urlava alle onde come fossero proseliti, torme di pensieri adepti calamitati dalla sua potenza.<br>
Solitario, qui ritornerò: in questo punto preciso del racconto.
Lì, nelle mura su cui fece istoriare i nuovi Tarocchi, venne sacrificato un uomo.<br>
 
La sua testa di grosso [[pitone]] si sporgeva, i tendini come tiranti, nell'urlo che inneggiava al Nemico, il Grande Rettile che si oppose in un rifiuto paradossale al Chi creò e gli scagliò l'arcangelo contro, mentre già precipitava.<br>
L'erede di Satana dal promontorio penetrava in vista delle schiume saline donne dei paesi circostanti, prezzolate, cercava di ingravidare l'homunculus perfetto. Nudo dopo il coito, assistito da fedeli che appuntavano tutto di quei riti, cangianti di volta in volta, urlava alle onde come fossero proseliti, torme di pensieri adepti calamitati dalla sua potenza.
Favole distanti, grammi, grafemi, mappe lasciate sul paesaggio. Spettri, fantasmi. Le mie immagini rincorse, mai raggiunte, raggiunte e superate senza consapevolezza, tagliando nessun traguardo, sulla pista serpentina fosforica della mente.<br>
Lì, nelle mura su cui fece istoriare i nuovi Tarocchi, venne sacrificato un uomo.
Il racconto è un serpe largo, muscoloso, a sorpresa è secca la sua epidermide. Ecco la convulsione, la spira: si attorciglia, da disteso che era, questo organismo a sangue freddo, inerte alle radiazioni, che è l'erede designato del regno umano sul pianeta.<br>
 
Afferrarne il capo diventa estenuante, diventa rischioso.<br>
La sua testa di grosso [[pitone]] si sporgeva, i tendini come tiranti, nell'urlo che inneggiava al Nemico, il Grande Rettile che si oppose in un rifiuto paradossale al Chi creò e gli scagliò l'arcangelo contro, mentre già precipitava.
Il capo del serpe ha un nome, il suo nome è una legione, provate ad afferrarlo, il suo nome è: io.<br>
 
Il mio capo resta fissato al di sopra del cielo.<br>
Favole distanti, grammi, grafemi, mappe lasciate sul paesaggio. Spettri, fantasmi. Le mie immagini rincorse, mai raggiunte, raggiunte e superate senza consapevolezza, tagliando nessun traguardo, sulla pista serpentina fosforica della mente.
Non smetto di scolpire la mia propria statua.<br>
 
Vedo l'Italia.<br>
Il racconto è un serpe largo, muscoloso, a sorpresa è secca la sua epidermide. Ecco la convulsione, la spira: si attorciglia, da disteso che era, questo organismo a sangue freddo, inerte alle radiazioni, che è l'erede designato del regno umano sul pianeta.
 
Afferrarne il capo diventa estenuante, diventa rischioso.
 
Il capo del serpe ha un nome, il suo nome è una legione, provate ad afferrarlo, il suo nome è: io.
 
Il mio capo resta fissato al di sopra del cielo.
 
Non smetto di scolpire la mia propria statua.
 
Vedo l'Italia.
 
Vedo me. Non sono io.