Francisco de Quevedo: differenze tra le versioni

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====Libro II====
*Ma guardate lí quel mucchio di cenci che pare un fantoccio da ragazzi, piú desolato d'una pasticceria in quaresima, con piú buchi d’un flauto, piú pezzato di una chinea, piú variegato d'un diaspro, piú punteggiato di un libro di musica! {{NDR|[[Insulti dai libri|insulto]]}} (studente a soldato; II, p. 140)
*Credendo che io possedessi del denaro, bisognava vedere come mi dicevano che in me tutto stava bene! Non facevano che dire dei miei discorsi, che non c'era chi avesse nel parlare grazia pari alla mia. Al vederle tanto inuzzolite, io feci la mia dichiarazione d'amore alla ragazza e lei mi stette a sentire, contentona, dicendomi mille cose piacevoli. Ci separammo, e una sera per confermarle di piú nella idea della mia ricchezza, chiuso in camera mia, che era divisa dalla loro da un tramezzo molto sottile, e cavati fuori cinquanta scudi, tante volte li contai che dovettero sentirne contare un seimila. Questo del vedermi possedere, secondo loro, tanto denaro, era quel che potessi desiderare di meglio, perché non dormivano dalla voglia di trattarmi bene e servirmi. (V, p. 159)
*Fui contento della lettera, perché la donna era davvero intelligente e bella. Mangiai e mi misi il vestito con cui solevo sostenere nelle commedie la parte degli amorosi; me ne andai poi subito alla chiesa, pregai e subito cominciai con gli occhi a passare una per una tutte le incrociature e i pertugi della grata per vedere se lei appariva. Quando Dio volle alla buonora (meglio quando il diavolo volle, alla malora), ecco che sento il segnale usato; cominciò a tossire, cioè, ma era invece un tossir malandrino: contraffacemmo cosí un'infreddatura e pareva che nella chiesa fosse stato sparso del peperone. Alla fine ero già stanco di tossire quando mi si affaccia alla grata una vecchia a tossire. Capisco allora il mio guaio: è segnale quanto mai pericoloso nei conventi la tosse, perché quello che è un segnale per le giovani è abitudine nelle vecchie; cosí che uno crede che sia richiamo per un rosignolo e invece vien fuori una civetta. (IX, pp. 204-205)