Guy de Maupassant: differenze tra le versioni

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*Infatti nella [[vita]] tutto consiste nel poter digerire bene. Così l'artista trova l'ispirazione, i giovanotti la voglia d'amare, i pensatori le idee luminose e tutti quanti la gioia di stare al mondo.<ref>Da ''Suicidi''; in ''Tutti i racconti neri, fantastici e crudeli'', a cura di Lucio Chiavarelli, Newton Compton editori, 1994</ref>
*L'anno scorso [...] ho spesso accompagnato Monet in cerca di impressioni. Non era più un pittore, in verità, ma un cacciatore. Camminava, seguito dai bambini che portavano le sue tele, cinque o sei tele raffiguranti lo stesso soggetto in diverse ore del giorno e con diversi effetti di luce <ref> Da ''La vie d'un paysagiste'', "Gil Blas", 28 settembre 1886 in ''Monet. Capolavori dal Musée Marmottan Monet, Parigi'' catalogo della mostra presso Complesso del Vittoriano - Ala Brasini, Roma, 19 ottobre 2017 - 11 febbraio 2018, Arthemisia Books, 2017</ref>
*La cosa più insignificante racchiude un po' d'[[ignoto]]. Troviamolo.<ref>Da ''Pietro e Giovanni'', prefazione; citato in Elena Spagnol, ''Citazioni'', Garzanti, 2003.</ref>
*[...] [il] [[matrimonio]] [...], secondo un uomo famoso, altro non è se non uno scambio di cattivi umori durante il [[giorno]] e di cattivi odori durante la [[notte]].<ref>Da ''Una trovata'', in Maupassant, ''La casa Tellier'', traduzione di Mario Picchi, Sansoni, 1965</ref>
*L’orribile, quest’antica parola, vuol dire assai più che terribile. Una paurosa disgrazia, come quella narrata, commuove, sconcerta, impaurisce: non atterrisce. Perché si provi orrore più che la commozione dell’anima e più dello spettacolo di un morto, bisogna provare un fremito di mistero, o una sensazione di spavento anormale, innaturale. Un uomo che muore, anche nelle condizioni più drammatiche, non suscita orrore; un campo di battaglia non è orribile; la vista del sangue non è orribile; i delitti più vili di rado sono orribili.<ref>Da ''L'orribile''; in ''Le Horla e altri racconti dell'orrore'', a cura di Lucio Chiavarelli, Newton Compton editori, 1994</ref>
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*A [[Genova]] si prova quello che si prova a Firenze e ancora di più a Venezia, l'impressione di una città molto aristocratica caduta in potere del volgo.<br>Qui nacque il pensiero dei rudi signori che si battevano o commerciavano sui mari e che poi, col denaro delle loro conquiste o del commercio, costruivano gli straordinari [[Palazzi dei Rolli|palazzi di marmo]], che ancora oggi fiancheggiano le strade principali.<br>Quando si entra in queste magnifiche residenze signorili, che i discendenti dei grandi cittadini della più fiera delle repubbliche hanno dipinto di colori chiassosi, quando se ne paragona lo stile, i cortili, i giardini, i portici, le gallerie, le superbe decorazioni con l'opulenta barbarie delle belle dimore della Parigi moderna, appartenenti a milionari capaci di incassare soldi ma non di concepire e realizzare una cosa nuova e bella, si comprende che nella nostra società democratizzata, composta da ricchi finanzieri senza gusto e da ''parvenu'' privi di tradizioni la distinzione data dall'intelligenza, il senso della bellezza delle forme, quello della perfezione nelle proporzioni e nelle linee sono scomparsi. (pp. 43-44)
*Dopo aver visitato le antiche e nobili dimore di Genova e ammirato alcuni quadri fra i quali i tre capolavori di Van Dyck, non rimane da vedere che il [[Cimitero monumentale di Staglieno|Camposanto]], il più bizzarro, sorprendente, macabro e comico museo di sculture funebri che vi sia al mondo. Lungo l'immenso quadrilatero corre una galleria, come un chiostro gigantesco aperto su un cortile che accoglie le tombe dei poveri ricoperte da lapidi bianche come neve. Percorrendola, si passa davanti a una processione di borghesi di marmo che piangono i loro morti.<br>Che mistero! Queste statue testimoniano una grande capacità, un vero talento da parte degli artigiani che le hanno realizzate. La natura dei vestiti, delle camicie, dei pantaloni rivela una lavorazione di fattura stupefacente. Ho visto un abito di amoerro a cui i tagli netti della stoffa davano un aspetto di totale verosimiglianza. Non vi è niente di più irresistibilmente grottesco, mostruosamente ordinario, indegnamente comune di queste persone che piangono gli amati congiunti.<br>Di chi è la colpa? Dello scultore, che nei lineamenti dei suoi modelli ha visto soltanto la volgarità dei borghesi moderni e non ha saputo trovarvi quel riflesso superiore d'umanità che i pittori fiamminghi hanno colto così bene nei tipi più laidi e plebei della loro razza? Dei borghesi, ai quali il basso livello di civilizzazione democratica ha eroso e cancellato ogni carattere distintivo e ha fatto perdere i segni di originalità di cui ogni classe sociale è sempre stata dotata?<br>I Genovesi sembrano molto fieri di questo sorprendente museo che disorienta e rende difficile il giudizio. (pp. 45-46)
 
*Un'[[opera d'arte]] è superiore soltanto se è, nello stesso [[tempo]], un simbolo e l'espressione esatta di una [[realtà]].
*{{NDR|Sull'[[Etna]]}} Davanti a noi una spessa nuvola si leva lentamente come una cortina bianca che sale e che sorge dalla [[terra]]. Avanziamo ancora qualche passo, naso e bocca avvolti, per non essere soffocati dallo zolfo, ed all'improvviso, davanti ai nostri piedi, si apre un prodigioso, uno spaventevole abisso, di quasi cinque chilometri di circonferenza.<ref name=cappelli>Citato in Rina La Mesa, ''Scrittori stranieri in Sicilia'', Cappelli, 1961</ref>
*La bestia è calma, e dorme in fondo, tutt'in fondo. Solo la pesante fumata sfugge dal prodigioso fumaiolo alto 3312 metri.<ref name=cappelli/>
 
===''Pierre e Jean''===
===[[Incipit]]===
«Accidenti!» esclamò all'improvviso papà Roland, che, da un quarto d’orad'ora, se ne stava immobile, con gli occhi fissi sull'acqua e a tratti sollevava leggermente la lenza immersa nel mare.
 
{{NDR|Traduzione di Giacomo di Belsito}}
 
===Citazioni===
*Quando non si è soli non ci si sente più così smarriti. Nei momenti di turbamento e di incertezza sentiamo almeno qualcuno muoversi intorno a noi. È già qualche cosa dare del tu ad una donna, quando si soffre. ([[s:Pierre e Jean/III|III]])
*Quando {{NDR|Pierre}} si svegliò al buio soffocante della sua camera risentì, prima ancora che i pensieri lo riprendessero, quel senso di oppressione, quel malessere che lascia in noi il dolore dopo aver dormito. Come se la disgrazia che ci ha colpiti soltanto il giorno prima, durante il sonno sia entrata nel nostro corpo lasciandolo pesto e indolenzito come una febbre. ([[s:Pierre e Jean/V|V]])
*Il bacio colpisce come il fulmine, l'amore passa come un uragano; poi la vita, di nuovo, si calma come il cielo e ricomincia come prima. Ci ricordiamo, forse, di una nuvola? ([[s:Pierre e Jean/V|V]])
*L'amore tra uomo e donna è un patto volontario nel quale chi manca è colpevole soltanto di perfidia; ma, quando la donna diventa madre, il suo dovere è molto maggiore, perché la natura le assegna una razza. Se viene meno allora, è vile, indegna, infame. ([[s:Pierre e Jean/V|V]])
*{{NDR|Louise Roland}} Com'è miserabile e ingannatrice, la vita!... Non c'è nulla che duri... ([[s:Pierre e Jean/VII|VII]])
 
==''Racconti fantastici''==
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===''Le Horla''===
''8 maggio''<ref>La prima versione di questo lungo racconto fu pubblicata in ''Gil Blas'' del 26 ottobre 1886 e raccolta in volume solo dopo la morte dell'Autore; la seconda – che è quella qui pubblicata – fa parte della raccolta ''Le Horla'' edita a Parigi da Ollendorff nel 1887. Il titolo «Le Horla» è affascinante e misterioso. Da dove deriva questo nome? Sono state avanzate in proposito ipotesi altrettanto affascinanti, molte delle quali sono riassunte e presen­tate nel bel saggio di André Vial sulla ''Revue d'istoire littéraire de la France'' (nov.-dic. 1973). Si va da ''Horloribo'', personaggio di una nota pantomima a ''Hurlubleu'', racconto di Charles Nodier, dalla metatesi sillabica di Lahor (pseudonimo del dottor Cazalis, amico di Maupassant) a un ''incipit'' di Eugène Sue (''Hors l'Eglise pas de salut''). Marie Claure Bancquart, che a Maupassant ha dedicato la cura di tre volumi antologici e un esauriente saggio critico (''Maupassant conteur fantastique'', 1976), propone una derivazione da ''horsain'', che nel ''patois'' di Normandia significa «lo straniero», «l'estraneo». Ammand Lanoux e Louis Forestier, curatori dell'opera di Maupassant nell'edizione della Bibliothèque de la Pléiade, registrano anche derivazioni dall'alternanza vocalica o/a che si trova in Zola, e la fan­tasia slavizzante che vede in «Orla» l'accusativo della parola russa ''Oriol''. Qualche maggior atten­dibilità potrebbe avere l'ipotesi d'un anagramma da ''choléra'' (l'epidemia di colera apre e chiude il racconto). Ma la più semplice delle derivazioni mi sembra la più attendibile: ''Horla'' è una semplice con­trazione di ''hors-là'': e si torna quindi al concetto di qualcosa che è al di fuori, al concetto di altro, estraneo, straniero. Sulla versione del titolo molte edizioni italiane cadono nella trappola grammaticale dell'acca aspirata francese e propongono semplicisticamente «''L'Horla''», che è un errore bello e buono. Ma anche la soluzione proposta dal finissimo ingegno di Alberto Savinio («''Il Gorla''») non per­suade troppo per le risibili assonanze coi soprannomi della «mala» nell'''hinterland'' milanese. Meglio, dunque, lasciare l'intraducibile titolo originale (''N.d.T.'').</ref><ref>Flaubert è morto l'8 maggio 1880 (''N.d.T.'').</ref>. Che splendida giornata! Ho passato tutta la [[Mattino|mattina]] sdraiato sull'erba, davanti a casa mia, sotto l'enorme platano che le offre riparo, protezione e [[ombra]]. Mi piace questo paese e mi piace viverci perché qui sono le mie radici, radici profonde e sottili, che legano un uomo alla terra dove sono nati e morti i suoi antenati e lo legano anche ai [[Pensiero|pensieri]], ai pasti, alle usanze e agli alimenti, alle locuzioni del posto, alle intonazioni degli abitanti, agli odori della terra, dei villaggi e persino dell'aria! Mi piace la [[casa]] dove sono cresciuto. Dalle finestre vedo scorrere la Senna lungo il giardino dietro la strada, quasi presso di me, la grande e larga Senna, che va da Rouen a Le Havre, affollata da battelli che passano.<ref>La descrizione della casa corrisponde con esattezza assoluta alla topografia e alla disposi­zione interna della casa di Flaubert a Croisset. Cfr. anche l'articolo di Maupassant intitolato «Flaubert et sa maison» (''Gil Blas'', 24.XI.1890) (''N.d.T.'').</ref>
 
===''Pierre e Jean''===
«Accidenti!» esclamò all'improvviso papà Roland, che, da un quarto d’ora, se ne stava immobile, con gli occhi fissi sull'acqua e a tratti sollevava leggermente la lenza immersa nel mare.
 
===''Palla di sego''===