Odissea: differenze tra le versioni

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*«Tra voi, principi insolenti, io non posso mangiare tranquillo ed essere sereno. Non vi basta, Proci, aver già divorato tante e preziose ricchezze mie, quando ero ancora ragazzo? Ora poiché sono adulto e comprendo quanto dicono gli altri, poiché il coraggio cresce nel mio cuore, cercherò di scagliare su di voi un destino amaro, sia che vada a Pilo sia che qui rimanga». (Telemaco ai Proci: 2000, p. 26)
*''Così parlo Telemaco;due aquile Zeus tonante | mandò a volo dall'alto di una vetta montana. | Esse volarono sempre con il soffio del vento | l'una accanto all'altra con le ali aperte | ma quando giunsero sopra l'assemblea vociante | voltandosi agitarono velocemente le ali | planando sulle teste di tutti con sguardo di morte; | poi lacerati con furia d'artigli collo e capo | scomparvero a destra volando per la città sulle case.'' (Il presagio di Zeus: 2014, p. 21)
*''Pochi dei [[figli]], invero, riescono simili ai [[padri]]: | i piú sono piú tristi, ben pochi migliori dei padri.'' (Atena a Telemaco: 1926, vol. I, [[s:Pagina:Omero - L%27Odissea (Romagnoli) I.djvu/93| p. 30]])
 
===Libro III===
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*[[Hermes]] – tu che sei il messaggero – alla ninfa dai bei capelli va ad annunciare la decisione immutabile, che l'intrepido Odisseo deve tornare. Tornerà senza avere compagni né dei né uomini: sopra una zattera di tronchi legati, dopo molto patire giungerà, nel ventesimo giorno, alla fertile Scheria, terra dei Feaci di srirpe divina, che come un dio lo onoreranno nel cuore e con una nave lo manderanno all'amata terra dei padri. (Zeus a Hermes: 2000, p. 74)
*Spietati siete, dei, e più di ogni altro gelosi, voi che invidiate le dee quando sposano un uomo che amano e apertamente dormono accanto a un mortale. (Calipso a Hermes: 2000, p. 76)
*''Ché se qualcun degli Dei mi colpisce sugli ebbri marosi, | saldo il mio petto sarà, poi che l'anima è avvezza ai cordogli. | Molto ho patito già: tra le zuffe e tra i vortici, molto | ho sopportato già: venga pure il novello travaglio.'' (Ulisse a Calipso: 1926, vol. I, [[s:Pagina:Omero - L%27Odissea (Romagnoli) I.djvu/161|p. 98]])
 
===Libro VI===
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[[Immagine:Gruppo di polifemo, sperlonga 0.jpg|thumb|Gruppo marmoreo ''Polyphemus'', Grecia, II sec. aev, Museo Archeologico Nazionale di Sperlonga]]
*''Ulisse, il figlio di Laerte, io sono, | Per tutti accorgimenti al Mondo in pregio, | E già noto per fama in sino agli astri. | Abito la serena Itaca, dove | Lo scuotifronde Nerito si leva | Superbo in vista, ed a cui giaccion molte | Non lontane tra loro isole intorno, | Dulichio, Same, e la di selve bruna | Zacinto. All'orto, e al mezzogiorno queste, | Itaca al polo si rivolge, e meno | Dal continente fugge: aspra di scogli, | Ma di gagliarda gioventù nutrice.'' (Odisseo a Alcinoo: 1961, vv. 22-33)
*[...] ''della propria [[casa]] non v'è cosa al mondo piú dolce.''' (Ulisse ad Alcinoo: 1926, vol. I, [[s:Pagina:Omero - L%27Odissea (Romagnoli) I.djvu/225|p. 162]])
*Da Ilio il vento mi spinse vicino ai Ciconi, a Ismaro. Qui devastai la città, uccisi gli uomini. Dalla città portammo via le donne e molte ricchezze che dividemmo perché nessuno partisse privo della sua parte. (Odisseo a Alcinoo: 2000, p. 128)
*Di lì navigammo ancora, col cuore dolente. E arrivammo alla terra dei Ciclopi superbi e senza legge, i quali, fidando negli dei immortali, non piantano, non arano mai: nasce tutto senza semina e senza aratura, il grano, l'orzo e le viti che fioriscono di grappoli sotto la pioggia di Zeus. (Odisseo a Alcinoo: 2000, p. 130)