Cartesio: differenze tra le versioni

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*Nella foggia dei nostri [[vestito|abiti]] la stessa cosa che ci è piaciuta dieci anni fa, e che forse ci piacerà di nuovo prima che ne passino altri dieci, ci sembra oggi stravagante e ridicola. (II; 1996)
*Mi sembrava [...] che, per sapere quali erano veramente le loro {{NDR|delle persone più sensate fra quelle colle quali avrei dovuto vivere}} opinioni, dovessi far attenzione a quello che facevano piuttosto che a quello che dicevano; non soltanto perché, nella corruzione dei nostri costumi, vi sono poche persone che vogliano dire tutto quello che credono, ma anche perché molte volte lo ignorano esse stesse; giacché, essendo l'atto del pensiero con cui si crede una cosa, diverso da quello con cui si sa di crederla, spesso l'uno è senza l'altro. (III; 1937, pp. 42-43)
*La mia terza massima {{NDR|della morale provvisoria}} era di cercare di vincere me stesso piuttosto che la [[fortuna]], e di cambiare i miei desideri piuttosto che l'ordine del mondo; e, in generale, di abituarmi a credere che non c'è nulla che sia interamente in nostro possesso se non i nostri pensieri, sicché quando abbiamo fatto del nostro meglio, rispetto alle cose fuori di noi, tutto quello che non ci riesce è per noi assolutamente impossibile. (III; 1996)
*Dal momento che ora desideravo occuparmi soltanto della ricerca della verità, pensai che dovevo fare proprio il contrario e rigettare come assolutamente falso tutto ciò in cui potevo immaginare il minimo [[dubbio]], e questo per vedere se non sarebbe rimasto, dopo, qualcosa tra le mie convinzioni che fosse interamente indubitabile. (IV; 1996)
*Anche quella che ho assunto poc'anzi come regola, cioè che le cose che concepiamo molto chiaramente e distintamente sono tutte vere, non è certa se non perché Dio è o esiste, perché è un essere perfetto e perché da Lui riceviamo tutto quello che è in noi. (IV; 1996)
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*[...] è bene omettere le cose che potrebbero forse arrecare qualche profitto ai viventi, quando così si ha lo scopo di farne altre che ne arrechino uno maggiore ai propri nipoti. (VI; 1937, p. 98)
*[...] coloro che scoprono a poco a poco la verità nelle scienze [...] si possono paragonare ai capi degli eserciti, le cui forze sogliono crescere in proporzione delle loro vittorie, e che hanno bisogno di maggiore abilità, per sostenersi dopo la perdita di una battaglia, di quanto non ne abbiano, dopo averla vinta, per prendere città e province. Perché il cercar di vincere tutte le difficoltà e gli errori che ci impediscono di giungere alla conoscenza della verità, è davvero dar battaglia, ed è perderne una l'accettare qualche falsa opinione su un argomento un po' generale e important: occorre, dopo, molto maggior abilità, per rimettersi nella stessa condizione di prima, che non ne occorra per fare grandi progressi, quando si hanno già dei principî certi. (VI; 1937, p. 98)
*[...] quando si apprende una cosa da qualche altro, non la si può concepire e rendere propria così bene come quando la s'inventa da . (VI; 1937, p. 100)
 
===I quattro precetti===