Scipione Capece
giurista e poeta italiano (1480-1551)
Scipione Capece (1480 circa – 1551), giurista e poeta italiano.
Carme genetliaco di Gesù Cristo
modificaDell'Eterno cantai disceso il Figlio
Dall'alta empirea sede, e concepito
Di purissima Vergine nel seno;
Or lui da quella santa intatta chiostra
Prodotto a respirar soavemente
L'aure di vita, ottimo Paolo, io canto.
Citazioni
modifica- Onde il buon Veglio dalla legge astretto, | da Nazzarette a Betlem mosse, dove | di sua gente fioria l'antica stirpe. | Seco Ei menò la cara sposa, e giunto | sull'ardue cime del Carmelo, e i campi | scorti da lunge della patria: Oh salve, | salve, esclamò, Betlemme, antica e chiara | sede de' padri miei! Non tu per vaste | mura e sublimi torri memoranda | ma per virtù, che cara a Dio ti rende. (p. 25)
- E vinta da ineffabile dolcezza | nell'esultante angelico caribo | fisa l'immacolata Verginella, | del vicin parto il lieto annunzio intese: | e incominciò con viva fede, in alto | levando ambe le palme: O sommo Padre | onnipotente, cui del ciel le stelle | obbediscon devote, e terra, e mare; | ecco maturo del mio parto il tempo, | fausto tempo che il sacro e caro pegno, | che finora io portai chiuso nel seno, | e nutrii col mio sangue alfin deponga | sopra la terra desiosa e quindi, | lo accolga in grembo e melo stringa al petto, | sicché co' labbri suoi sugga il mio latte: | solo mi resti il virginal pudore, | e resti, o Padre, eternalmente integro. | Mentre così pregava, il Divo Infante | sì lieve uscì dall'imo e casto seno, | che per l'intatte vie nulla commosse; | e a nulla soccombendo umana sorte, | il nativo pudor rimase integro | non altrimenti, se di bella notte | nel tacito seren talun discuopra | chiuso in terso cristallo acceso lume; | passa la luce e si diffonde intorno | a vieppiù rischiarar l'ombre notturne, | ed intatto il cristallo illeso resta, | si che alla pioggia non dà varco o al vento. (pp. 26-27)
- Ma non lungi di là sotto alta rupe | pastorelli a guardar la gregge intesi, | tutta in pio ragionar traean la notte; | quando del ciel dalla serena parte | fragor levossi e splendor nuovo apparve; | e stuol vedeasi su lucente nube | di sembianze celesti alto appressarse, | sorvolitando per gli eterei tratti. | Istupidiro, e le tremanti membra | irrigidì dello spavento il gelo. | Ma voce udir di riconforto e pace | alto sonar: Non trepidate, o buoni, | lungi ogni tema; l'ammirando, e grande | gaudio annunziam, che voi non sol, ma tutti | lieti farà ne' secoli venturi | della terra gli afflitti abitatori. (p. 29)
- Maravigliando a quel celeste avviso | vanno i pastor dell'abituro in traccia, | e del nato Fanciul. Di accese tede | i campi intorno riluceano e i colli. | Poscia in città giunti all'umil presepe, | del venerando vecchio, e della casta | genitrice all'aspetto il già predetto | figlio riconosceano, e genuflessi | adorando il bambin gettan divoti | di fiori un nembo, e d'odorosi serti | la soglia ornando, in copia agresti doni | gli offrono in bella gara, e al dolce suono | alternan delle avene inno di gioja. (p. 30)
Salve, luce ai mortali ed ai Celesti,
O del misero mondo unica speme,
Perenne fonte d'ogni lume: Salve,
Virtude onnipotente, Imagin vera
D'Onnipotente Padre, a noi propizio
Ognor col Nume tuo, vieni, conforta
E sana il Mondo da' suoi mali oppresso.
Bibliografia
modifica- Scipione Capece, Carme genetliaco di Gesù Cristo (Carmen de nativitate Domini), traduzione di Urbano Lampredi, ex Porcelliana typographia, Napoli, 1833.
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