Salvatore Carnevale

sindacalista italiano

Salvatore "Turi" Carnevale (1923 – 1955), sindacalista e politico italiano.

Citazioni su Salvatore Carnevale modifica

Francesca Serio modifica

  • Andavo a lavorare per campare questo figlio piccolo, poi crebbe, andò a scuola ma era ancora piccolino, così tutti i mestieri facevo per mantenerlo. Andavo a raccogliere le olive, finite le olive cominciavano i piselli, finiti i piselli cominciavano le mandorle, finite le mandorle ricominciavano le olive, e mietere e zappare mi toccava... io dovevo lavorare tutto il giorno e lasciavo il bambino a mia sorella...
  • [Dalla lettera al Procuratore Generale della Repubblica e al Comandante dei Carabinieri] Poiché un insieme di circostanze mi inducono a ritenere con certezza che gli autori del delitto debbano ricercarsi tra gli esponenti della mafia di Sciara e di Trabia... sono venuta nella determinazione di rivolgermi alle Signorie Loro per pregarLe di intervenire energicamente e sollecitamente nelle indagini richiamandole presso i Loro uffici. Anzitutto intendo precisare che il mio povero figlio non aveva da tempo altri rancori se non quelli che potevano derivargli dall'attività sindacale svolta in favore dei braccianti disoccupati del paese [Sciara, in provincia di Palermo], né ebbe mai rapporti con la giustizia, se non in occasione delle occupazioni simboliche delle terre incolte, da lui promosse e organizzate...
  • Nel 1952 mio figlio cominciò a riunire e a organizzare i contadini di Sciara, e li indusse a richiedere l'applicazione delle nuove leggi sulla ripartizione dei prodotti agricoli. Preciso che tutti i terreni vicini al paese di Sciara sono di proprietà della principessa Notarbartolo... pertanto i contadini furono indotti da mio figlio a chiedere l'integrale applicazione della legge io appresi nelle prime ore del mattino che un cadavere era stato trovato lungo la strada che portava alla cava e, come altre donne, mi precipitai nella via... le pietose bugie di alcuni congiunti che cercavano di dissuadermi dal recarmi sul posto, lungi dal tranquillizzarmi, fecero nascere in me i primi dubbi sull'accaduto. Io mi avviai a piedi da sola.... e, poco dopo, da lontano, dalle scarpe, da un po' di calze che si intravedevano sotto la stola che copriva il cadavere, ebbi la certezza che l'ucciso fosse mio figlio. Questi i fatti e le circostanze che hanno preceduto l'assassinio della mia creatura. 

Marcello Sorgi modifica

  • Il processo per l'assassinio di Carnevale fu il primo evento mediatico-politico della storia della mafia e dell'antimafia: l'accusa e la difesa erano rappresentate da due futuri capi di Stato, Pertini e Giovanni Leone. Papà aveva convinto Francesca Serio a rilasciare interviste a tutti gli inviati dei grandi giornali: nasceva così il personaggio di una madre-coraggio che rompeva l'immagine rituale di una Sicilia familistica e rassegnata, per schierarsi in prima linea contro i carnefici del figlio. Il suo spirito battagliero s'intuiva già nelle prime righe della denuncia, scritta da mio padre e da lei firmata, in cui emergevano le connivenze dell'apparato di sicurezza locale con la mafia e si chiedeva che le indagini fossero condotte direttamente da Palermo.
  • In tre paginette, con un linguaggio essenziale e qualche intercalare dialettale, Francesca ripercorreva, come cronaca di una morte annunciata, la storia del figlio Turiddu, che nel '51 aveva aperto la prima sezione del Psi a Sciara, poi la Camera del Lavoro, fino a organizzare i braccianti del feudo Giardinello, un latifondo in gran parte abbandonato, di proprietà della principessa Nicoletta Notarbartolo. Turiddu aveva preteso e ottenuto l'applicazione delle nuove regole per la divisione del raccolto. Nel corso della trattativa era stato blandito e minacciato, aveva ricevuto e rifiutato offerte, non solo di favori nella spartizione, ma anche di assegnazione personale di un picolo fondo.
  • L'altro grande omicidio simbolico di questa lunga guerra fu quello di Salvatore «Turiddu» Carnevale. Ucciso vicino a Sciara, nelle campagne della provincia di Palermo, la mattina del 16 maggio 1955, durante uno sciopero di braccianti organizzato malgrado ripetute minacce. Gli spararono mentre si recava nel luogo della protesta. E Nicola fu tra i primi ad accorrere sul posto. Per terra c'era soltanto una macchia di sangue, perché il corpo era stato caricato alla meglio su un aratro tirato da due muli e trasportato verso casa.

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